Il trekking nello stato Shan, nella parte nord est della Birmania – il cui nome ufficiale è tornato ad essere Myanmar nel 2010 – è stata una delle esperienze più signaficative che abbia vissuto in questo viaggio. Il punto di partenza per il trekking è Hsipaw, una cittadina dall’atmosfera rilassata situata a poco più di 200 chilometri da Mandalay. Ci arrivo in treno, dopo un estenuante viaggio di sette ore trascorso seduta sui duri sedili di legno della classe più economica disponibile.
I collegamenti ferroviari sono davvero datati, essendo stati costruiti dagli inglesi durante il periodo coloniale e mai più risistemati. Il treno procede molto lentamente, sobbalzando e oscillando pericolosamente a destra e a sinistra e fermandosi ripetutamente nelle molteplici stazioni lungo il tragitto. Uno dei fulcri del lento e lungo viaggio è l’imponente Gokteik Viaduct, un viadotto costruito dalla Pennsylvania Steel Company nel 1901, alto 97 metri e lungo 688, che scricchiola minacciosamente al transito del convoglio.
Il viaggio in treno è già un’esperienza intensa, perché mi permette di incontrare la gente del posto, ricambiare i loro sorrisi e i loro calorosi migalabar, osservare i bambini che corrono felici tra i binari, assaggiare il cibo di strada che gentilmente mi offrono: ad ogni mia smorfia di disgusto, a volte anche un po’ esagerata, segue una loro risata divertita.
Hsipaw è il punto di partenza per numerose escursioni. Mi rivolgo alla Mr Charles Guesthouse che annovera 30 guide locali e una molteplicità di soluzioni di trekking tra cui poter scegliere.
La strada che io ed altri ragazzi incontrati alla guest house percorriamo per arrivare a Palaung – villaggio della nostra guida di O Maung – è rossa. Il paesaggio che ci circonda non è rigoglioso. Essendo la stagione secca, i campi difficilmente sono coltivati e spesso sono in fiamme, per permettere al terreno di rifertilizzarsi. Si sente ripetutamente in lontananza il crepitio del legno che arde.
Il percorso che ci conduce sulle montagne dello stato Shan non è eccessivamente impegnativo, se non fosse per il caldo afoso che a tratti ci rende il respiro affannoso. Attraversiamo le colline di questo grande stato e i suoi piccoli villaggi disseminati sul cammino, dove bambini incuriositi si affacciano dalle abitazioni per vederci passare e agitano la manina in segno di saluto.
O Maung appartiene all’etnia palaung, che è diversa da quella shan per lingua, tradizioni, abbigliamento, attività produttive. I Palaung sono conosciuti in tutto il paese per abitare sulle montagne ed essere produttori di foglie di tè, la loro unica fonte di sostegno.
In questo piccolo villaggio abitato da circa 700 persone si respira aria di pace e tranquillità, sembra che il tempo non esista o sia solamente una mera convenzione sociale: non cisono orologi, tutto si muove secondo la luce, il sorgere e il tramontare del sole. La giornata inizia prestissimo, con il gallo che ricorda a tutti i propri doveri giornalieri. Al tramonto iniziano ad accendersi i primi focolari, con le donne che praparano la cena per la spesso numerosissima famiglia.
O Maung è un ragazzo sulla trentina, con un bellissimo sorriso sempre stampato sul viso. Vive in una grande casa di bambù con la sua famiglia: tre bellissimi bambini e una moglie che cucina divinamente. Oltre ad essere guida turistica per Mr Charles è anche capovillaggio e portavoce. Grazie a lui e ai suoi tentativi di entrare in contatto con l’ONU sono stati installati tre lavatoi che evitano agli abitanti del villaggio di recarsi fino al lontano fiume per raccogliere l’acqua: è una conquista piuttosto recente a cui vuole far seguire la costruzione di una struttura medica.
Conoscere O Maung e la sua realtà è stata un’esperienza davvero interessante: non ero mai entrata in contatto con un modo di vivere simile, estremamente essenziale. Il suo perenne sorriso e quello delle persone che abitano in semplicità questo paese sono riusciti a mettere in discussione ogni mia certezza.
Foto di copertina: Samuli Kangaslampi
Da anni viaggio instancabilmente appena il lavoro me lo consente. Una passione che si abbina a un altro grande amore, quello per la fotografia. Il mio sogno? Poter vivere di questo. Al momento mi limito a raccontare ogni mia esperienza a chi come me è curioso e in cerca di nuove avventure, conoscenze, culture.