Il Botswana è un paese che resta nel cuore e il Delta dell’Okavango è un viaggio unico nella parte più profonda dell’Africa, attraverso la scoperta di un delta interno intatto tra i più estesi e di un ecosistema unico al mondo. Simile per tanti versi ai paesi che la circondano eppure così diversa, la Botswana non ha sbocchi sul mare, ma la quantità di acqua presente, rappresentata persino dalla striscia azzurra sulla bandiera nazionale, è sorprendente. La zona interessata dalla scoperta di questa parte di Africa è il tragitto che parte dalla cittadina di Rundu in Namibia, per raggiungere il confine con la Botswana e toccare lungo la strada le cittadine di Shakawe e Maun per arrivare a Nata, aggirando la parte occidentale del Delta dell’Oklavango.
Al confine la Botswana ci accoglie con un paesaggio simile al precedente con capanne piccole e povere, realizzate in terra, legno, fango e paglia. Qui vengono anche utilizzate le lattine vuote per dare maggior resistenza alla struttura.
Il villaggetto è dotato di posta e supermarket in cui ci si ferma per alcuni rifornimenti di emergenza ma, nonostante la presenza addirittura di un luogo aperto adibito sia a posto di polizia che a tribunale, il posto è molto molto povero e anche solo fare un rapido picnic mette a disagio.
La vita scorre lenta e sonnacchiosa.
I ragazzi, come in qualsiasi parte del mondo, si divertono. Qui basta una palla davvero artigianale, un involucro in plastica dura riempito di stoffe e stracci, per scatenare una partita di pallone. Giocano tutti a piedi nudi, quei pochi che hanno le scarpe le lasciano sotto l’albero per non rovinarle. Il contatto con le loro limitate esigenze fa davvero effetto, soprattutto se paragonate a quelle dei nostri ragazzi.
Ai più piccoli bastano tre lattine e un pezzetto di fil di ferro per realizzare una macchinina di cui vanno veramente fieri al punto da rincorrere i turisti “bianchi” per mostrarla con orgoglio e farsi scattare una foto.
La vita è comunque dura e alle fatiche più pesanti non si sottraggono neppure le ragazzine più giovani.
Al centro del villaggio il punto acqua, qui dotato addirittura di rubinetto e fondo in cemento, è il fulcro della vita. Sono soprattutto donne e ragazzi a recarsi qui per riempire i fusti per portare a casa l’acqua. Chi utilizza una carriola, chi sulla testa… e le donne ne approfittano per quattro chiacchiere.
Si riparte per raggiungere un pontile in legno dove una lancia attende il gruppo.
Percorrere per oltre un’ora questi meandri d’acqua è un’esperienza molto particolare. Un po’ diritti, un po’ svoltando rapidamente, a volte girando intorno… sembra assolutamente impossibile orientarsi.
Talvolta la velocità è sostenuta, altre più lenta e tortuosa.
Le acque sono basse e trasparenti e sono davvero tanti gli animali che si possono avvistare.
Il percorso si snoda tra ninfee rosate, alberi, foglie e natura incontaminata.
Si scende dalla lancia per raggiungere il mezzo che al momento di ripartire presenta dei problemi meccanici non indifferenti. Si è spaccato niente di meno che il differenziale e non è certo possibile ripararlo rapidamente in queste condizioni. Il programma deve essere rielaborato rapidamente – anche questa è Africa! – così il gruppo deve ripartire a piedi.
La strada sterrata di collegamento permette di osservare attimi di vita rurale nella loro essenza più genuina e soprattutto meditare sulle fortune e sugli agi delle nostre vite “normali”.
I bianchi osservano le persone di colore e loro osservano i bianchi. Tutti con la stessa curiosità e perplessità.
Dopo più di un’ora di percorso, un po’ a piedi e un po’ con una camionetta di fortuna, si arriva al punto in cui ci sono tre mokoro, le tipiche barchette strette e lunghe, un tempo realizzate in legno, oggi in resina.
Con i mokoro si scivola silenziosamente nella natura incontaminata. Meandri d’acqua limpidissima e trasparente coperti di foglie che oscillano al passaggio.
Erba alta, sottile e un po’ tagliente. Grosse ninfee, zanzare enormi che corrono veloci e pelo d’acqua.
Il “barcaiolo” è in piedi sul retro del mokoro e conduce la barca solo con l’ausilio di un lungo bastone. Non parla nè inglese, nè spagnolo, nè probabilmente nessun’altra lingua oltre a quella natia, ma viste le condizioni, nessuno, ovviamente, si lamenta.
Il komoro è strettissimo e viaggia molto basso a pelo d’acqua. All’interno si deve restare perfettamente immobili. Qualsiasi minimo movimento rischia di ribaltare l’imbarcazione e scatena le urla di avvertimento degli altri passeggeri. Crampi e formiche agli arti sono inevitabili.
I rumori di questo luogo sono molto particolari. Forti barriti di elefanti si perdono nell’immensità e ad un certo punto si percepisce il movimento di ippopotami dentro l’acqua, nel loro ambiente naturale.
Non si riesce a capire dove siano, un attimo sembra di sentirli a destra e l’attimo dopo a sinistra. Sono impressionanti nella loro enorme mole e sono tantissimi.
Quando finalmente si possono scorgere, l’imbarcazione sembra ancora più piccola paragonata alla loro mole. L’uomo in questo ambiente è davvero l’elemento più fuori luogo che si possa immaginare e soprattutto deve fare il possibile per passare inosservato.
Qui basta veramente poco, per avere grossi problemi.
Lo spettacolo è un qualcosa di davvero unico e irripetibile.
I coccodrilli che si possono ammirare sulla riva sono grandissimi. Alcuni entrano in acqua goffamente per sparire immediatamente alla vista, padroni del loro ambiente prediletto.
Finalmente si raggiunge una radura in un piccolo isolotto dove il campo è già stato allestito. A differenza degli altri campi tendati, e per via del cambiamento di programma, questo non è circondato dal filo elettrificato, per cui è molto pericoloso muoversi fuori dalla zona tende. La guida spiega con precisione che neppure di notte si potrà uscire dalla tenda e due di loro si daranno il cambio accanto al fuoco per sorvegliare la situazione. Tutto è molto spartano.
Nei dintorni del campo tendato è possibile osservare termitai molto grandi, ebani con i quali realizzano le imbarcazioni, tronchi abbattuti dagli elefanti nel cui tronco a terra di identificano chiaramente i segni delle zanne e tanti tanti uccelli diversi.
Su questo spettacolo della natura che l’ampia distesa d’acqua e la vegetazione offrono, cala il tramonto.
Cena attorno al fuoco che tiene lontani gli animali, tra l’indescrivibile barrito degli elefanti tutto intorno ed il successivo fragore dei grossi tronchi d’albero abbattuti.
Il risveglio da un sonno non proprio tranquillo, è all’alba e non si sentono rumori particolari se non cinguettii e suoni dei volatili più disparati.
All’apertura della tenda il gruppo resta sbigottito e silenzioso nel vedere a non più di cinque passi dall’accampamento cucina, un grosso “ricordino” di elefante. Nessuno pensava che fossero così vicini!
Rapidamente il campo viene smontato e si risale sui komoro con il sole che sale sullo sfondo e che crea giochi di luce tra la foschia. Il tragitto è diretto e veloce, sempre per le tempistiche africane, e un nuovo mezzo permette di raggiungere, addirittura su strada asfaltata, la cittadina di Maun da dove è possibile vedere il Delta dall’alto.
L’esperienza è molto particolare e il panorama che si osserva è incantevole. Alcuni del gruppo però stanno male e risulta molto difficile scattare delle belle foto.
Si possono osservare branchi di elefanti, giraffe e tantissimi ippopotami per niente disturbati dal rumore dell’aereo.
La vista spazia su luoghi in cui probabilmente l’uomo non ha mai neppure messo piede.
Si riparte in direzione Nata dopo un ridicolo stop ad un posto di controllo. I turisti sono obbligati a passare le scarpe nell’acqua disinfettata e i mezzi a passare le loro ruote, con la motivazione, proclamata in maniera convinta, di impedire la fuoriuscita di qualsiasi microorganismo. Certe cose non si possono proprio commentare, ma anche questo fa parte del viaggio!
Il paesaggio qui è diverso. A tratti deserto, a tratto con una fitta boscaglia e si riescono ad avvistare diversi struzzi e grandi termitai.
Le abitazioni sono pochissime, tuttavia si incontrano diverse persone intente nella loro quotidianità.
E anche animali, dai più comuni…
…ai grossi pachidermi. Un cucciolo di elefante si ostina a cercare il latte dalla madre e lei fa di tutto per costringerlo a mangiare dagli alberi.
Finalmente si arriva alla cittadina di Nata. Un luogo utile per i mezzi per fare benzina perchè poi sarà più difficoltoso e con il buio si raggiunge il meraviglioso Nata Lodge. Un posto che merita davvero una menzione particolare. E’ una sistemazione moderna e molto lussuosa: piscina con cascata, bar, ristorante e cambio. Tuttavia è possibile a prezzi modesti è possibile campeggiare con tutti i comfort ed usufruire di tutti i servizi della struttura. E’ inoltre un’ottima base di partenza per l’esplorazione del delta, come del meraviglioso Chobe National Park con i suoi elefanti.
A questo punto… un tuffo in piscina, un po’ di relax e…Buon viaggio in Botswana!
Viaggio – sempre troppo poco – esplorando il mondo e le sue mete (preferibilmente fredde) non gettonate, da viaggiatore e non da turista. Adoro viaggiare con la mia famiglia in qualsiasi modo e in qualsiasi luogo. Sono una vera esperta di zone relax e, devo ammetterlo, ho un debole per l’Alto Adige, dove la cura di ogni minimo particolare è sempre così perfetta. Il mio motto? Felice sempre, soddisfatta mai!