Le cascate d’Islanda, belle, tutti d’accordo, troppe, molti lo pensano, tutte uguali, così dice mia moglie che non è potuta venire: noi ne abbiamo viste tante, non troppe, una diversa dall’altra, tutte belle.
Cascate d’Islanda: quali vale la pena veder.
URRIDAFOSS
Appena partiti lungo la 1, la Hringevur, e già c’é una cascata, non è tra le più famose, ci fermiamo lo stesso? Ovvio che sì, risponde mio fratello.
Il fiume di acqua grigioverdastra si allarga e si prepara a saltare tra le rocce in una serie di cascate rumorose vortici schiumosi e buche profonde, sono le prime, quindi belle per definizione.
Guarda, due pescatori, in cinque minuti due salmoni grossi cosi, ma come? non li rilasciano? a riva i salmoni agonizzano con la gola tagliata. Urridafoss, la perfida.
SELJALANDSFOSS
E’ una delle più famose cascate d’Islanda, la trovi su tutti i depliant turistici, la vedi in tutti i reportage dall’isola, migliaia di foto ogni giorno, e lei lo sa, guarda come si pavoneggia, basta un refolo di vento e si allarga, si torce, si gira in un suo personalissimo flamenco e poi si guarda intorno: ehi voi lì dietro, avete visto? E di nuovo ricomincia a ballare nel vento.
Seljalandsfoss, la ballerina.
GLJUFRABUI
A cinquecento metri dalla ballerina, e con cinquecento persone in meno ad appaludire, un torrente anonimo esce da una fessura verticale tra le rocce, ti infili cercando di non scivolare sui sassi viscidi e all’improvviso sei in una doccia art nouveau, pareti nere convergono verso l’alto, fili bianchi di seta scendono perfettamente perpendicolari e si sfilacciano sul pavimento di ghiaia lucida, il rumore della cascatella riempie l’imbuto nero, i vapori si condensano sui k-way multicolori dei turisti che a turno si fanno selfie veloci.
Gljufrabui, il gioiello nascosto.
SKOGAFOSS
Qual’é il più diffuso luogo comune sui tedeschi? Sono precisi, puntuali, metodici, magari senza troppa fantasia ma affidabili, ecco Skogafoss é così, la vedi da lontano con la sua caduta precisa calcolata da un ingegnere, non una sbavatura, uno spruzzo storto, un singulto nel vento, la parete d’acqua scende inesorabile e non la distraggono nè le grida rauche dei gabbiani che fanno il nido sulle pareti lì di fianco nè i flash importuni dei turisti che si fermano giù in basso.
Skogafoss, la prussiana.
KVERNUFOSS
Il sentiero parte dietro il parcheggio dello Skogar Museum poi si inerpica in una valletta silenziosa, l’erba verde si ferma ai piedi di pareti nere, sul fondo un torrente di acqua limpida, un’anatra rossa e nera si nasconde dietro un roccione, nessuno davanti a noi, ed eccola la cascata, è tutta nostra, nell’anfiteatro antico di rocce nere un nastro bianco si srotola lieve e rimbalza nella pozza tra i massi con una risata argentina, elegante, snob, bellissima.
Kvernufoss, land art.
SVARTIFOSS
C’é da scarpinare e salire ma sono in molti a tenerci compagnia, del resto questa é una cascata davvero famosa, pannelli esplicativi, sentiero con grate antisdrucciolo, piattaforme panoramiche, tutto per lei ma alla fine non é l’acqua la protagonista, sono le rocce da cui cade a dare spettacolo, una bastionata di pilastri neri, file e file di canne d’organo si sovrappongono, si spingono, si protendono in avanti senza nessun supporto in un miracolo di equilibrio e il canto della cascata si innalza in questo coro di pietra.
Svartifoss, cattedrale gotica.
CASCATA 939
E poi capita che mentre sali sulla 939 verso Egilsstadir noti quattro macchine ferme, là in basso c’é una cascata ma nessuna guida ne parla, un motivo in più per andare a vederla. E’ come una ragazzina un po’ selvatica, abituata a giocare all’aria aperta, prima si nasconde tra le rocce, poi fa una giravolta improvvisa e si butta con allegria in una pozza profonda da cui subito riemerge e scappa a nascondersi nei rivoli tra la ghiaia e i cespugli di salice e i turisti li’ ancora a bocca aperta per la sorpresa.
Cascata Pippi Calzelunghe.
LITLANESFOSS
Sempre cosi’, a loro interessa solo quella là, passano, danno un’occhiata, una foto? Vabbè già che ci siamo, ma io chi sono? Solo perchè ha un pò di trucco, ma io ho un salto doppio e poi guarda come sono diritte e perfette le mie colonne, non un pastrocchio nero, e loro mi scrutano sempre dall’alto in basso, perchè non fanno anche a me un bel sentiero che arrivi in fondo, alla mia pozza, ehi, ci sono anch’io!! Litlanesfoss, Cenerentola.
HENGIFOSS
E’ là in alto, lontana, inaccessibile, il sentiero é chiuso, muta nella sua fierezza, un pennacchio bianco che cade perpendicolare lungo la parete di lava nera come una invincibile corazza medioevale e le strisce rosse sono ferite ancora aperte, altro che trucco, che ne sai tu, Cenerentola, di quante battaglie ho combattuto quassù da sola contro lo scorrere del tempo?
Hengifoss, la guerriera.
DETTIFOSS
Uno lo sa, ha letto e visto le foto, è grande, la più potente d’Europa, ma così grande comunque non te la aspetti, una fiumana grigia che scorre praticamente nel nulla e all’improvviso si butta in una fenditura che sembra tagliata col coltello, il fondo ribolle, il cupo muggito solleva una nebbia incessante su cui scolorano effimeri arcobaleni, le persone là sul bordo quasi non si vedono, se zoommi vedi omini colorati su una parete di schiuma bianca, è davvero grande.
Dettifoss, la magnifica.
SELLFOSS
Eccone un’altra che si sente trascurata, ma come sono più in alto rispetto a quell’energumena, l’acqua gliela mando io, e poi sono molto più fotogenica con le mie cento cascatelle che zampillano tra le rocce nere, venite fotografi, quello è un posto buono ma qui è meglio, forza, venite più avanti, non c’è tempo? l’autobus riparte? non è giusto…
Sellfoss, la rassegnata.
GODAFOSS
Questa è la più bella di quelle che abbiamo visto finora, parola di mio fratello! Punto primo, l’acqua è di quel verdeazzurro che ti aspetti di vedere in una cascata come si deve, e poi è ordinata, guarda, un salto unico e non quei saltelli incerti tra le rocce, larga il giusto, non enorme come Dettifoss o anemica come tante altre, divisa in due parti per questioni di stile, il bordo superiore bello diritto, senza sbavature, in basso l’acqua ribolle e svapora senza esagerare e quel rivolo di lato sembra un ricciolo lasciato scappare.
Godafoss, Miss Cascata.
KIRKJUFELLSFOSS
Ditemi voi cosa sarebbe quella montagnona un pò tonta lì davanti se io facessi sciopero, tutti i fotografi non saprebbero più cosa fare, di sicuro in un paio d’ore verrebbe anche l’Ente del Turismo direttamente da Reykjavik a supplicarmi, il tontolone non se ne accorgerebbe nemmeno ma senza di me basta immagini per fotoconcorsi, basta depliant e brochure turistiche, basta riprese per Il trono di spade, a proposito perchè su tutte le didascalie scrivono Kirkjufell e non Kirkjufellsfoss? Domani sciopero.
Kirkjufellsfoss, ben detto!
GULLFOSS
E quel trombone di Dettifoss sarebbe la cascata più potente d’Europa? Chi l’ha detto? Guardatemi bene, salite sulla piattaforma di sinistra, quella più lontana, e osservatemi bene, ecco mi allargo un pò, prendo velocità e… fjandans! (tipica esclamazione islandese). E’ inciampato, guarda che casino che fa, si è spiaccicato in mille cascatelle, però è bello largo davvero, e tra un ruzzolone e l’altro precipita in una fossa profondissima, senti come sbatte sulle pareti.
Gullfoss, il gigante pasticcione.
Cresciuto, tanti anni fa, sui romanzi di Kipling, Salgari e Verne, ho ritrovato l’anno scorso su un mio quaderno delle elementari un tema che descriveva un fantastico viaggio in piroga su un fiume nel cuore della giungla indiana. È da lì che evidentemente è nato il mio amore per le culture del sudest asiatico, l’India in primis, e per i fiumi lontani e le foreste oscure a partire dalla mitica Amazzonia.