Londra – Il tempo? No, non è certo dei migliori. E il cibo meno ancora. Sebbene la scelta sia tra le più ampie e variegate…purtroppo no, non è certo il suo forte; e se già due dei parametri tra i più importanti, che aiutano generalmente a capire se un luogo del mondo merita o meno uno short o long stay, siano stati stroncati, senza alcuna possibilità di appello, credo fermamente che il saggio Samuel L. Johnson avesse davvero ragione nel pronunciare le parole, diventate poi un celebre aforisma: “No Sir, when a man is tired of London, he is tired of life; for there is in London all that life can afford”.
Arte e cultura, mostre e spettacoli, teatri e cinema, musei (perlopiù gratuiti) centro finanziario e metropoli tra le più cosmopolite e multietniche al mondo: miscelando e shakerando bene tutti gli ingredienti, il cocktail che si ottiene è sempre è solo lei, protagonista indiscussa del panorama artistico e musicale a livello internazionale. Ambientazione ideale di opere letterarie che hanno messo su carta ogni suo aspetto e sfaccettatura (in tanti hanno avuto un debole per la nebbiosa Londra industriale di Oliver Twist già dai tempi delle elementari, oltre che per Sherlock e il celebre binario 9 ¾ di King’s Cross Station del primo Harry Potter), Londra è anche una delle principale capitali della moda, del design e, come già detto, della musica che non potrà certo deludervi.
Le strisce pedonali di Abbey Road, immortalate nella copertina dell’omonimo album dei Beatles, ricordano sempre, anche con il continuo traffico e via vai di auto e persone, che è proprio da qui che è iniziata la “British Invasion” degli anni Settanta, quando quattro ragazzi di Liverpool resero famosa la musica inglese in tutto il mondo. Il “Marquee Club”, storico music club nel quale Jonh Lennon conobbe la compagna Yoko Ono, è sempre stato un locale di riferimento, nel quale hanno suonato innumerevoli artisti rock, jazz e blues (tanto per citarne alcuni: Rolling Stones, David Bowie, George Michael, Pink Floyd, The Who, Led Zeppelin, Jethro Tull, Dire Straits, AC/DC, Jimi Hendrix, Queen).
Impersonificando appieno lo spirito di ogni rockstar che si rispetti, la travagliata storia di questo posto lo ha portato a subire l’ennesima chiusura nel 2008 dell’ultima sede del locale al 14 di Upper Saint Martins Lane nel quartiere di Covent Garden: centro del West End londinese, il district è famoso per i suoi teatri (primo tra tutti la Royal Opera House) e la piazza centrale, sede di un fornito mercato ortofrutticolo. Attualmente, sebbene i proprietari del marchio “Marquee Club” stiano tentando di rilanciarne l’immagine organizzando concerti in altri club londinesi, non è prevista nessuna riapertura. Fingers crossed and stay tuned!
Nel frattempo, aspettando quindi nuovi sviluppi, sorseggiare una birra in uno dei tantissimi pub della City è un must: sono questi, infatti, i luoghi tradizionali dove i “Londoners” vanno a rinchiudersi quasi ogni sera per una pinta tra colleghi dopo il lavoro (paese che vai, usanze che trovi e quale modo migliore per socializzare se non due chiacchiere in British davanti ad una meritata pint?). A tal proposito, Londra è anche la sede del primo Hard Rock Cafe, fondato nel 1971 dall’idea di due giovani americani trasferitisi qui, di aprire un ristorante nel quale gli inglese avrebbero potuto apprezzare la cultura americana; ma il vero motivo del successo di Hard Rock, che lo rende un valido motivo per una visita, è l’immensa collezione di oggetti (circa 85.000 pezzi) appartenuti a grandi personalità del panorama musicale esposti nei vari Cafe, ormai aperti in tutto il mondo.
Artisti del calibro di Elton John, Aerosmith, Chuck Berry e Sting si sono esibiti nel celebre locale londinese e tra i più importanti oggetti in mostra ci sono le chitarre di John Lennon, Noel Gallagher, Elvis Presley, Jimi Hendrix, Eric Clapton, Lou Reed e Johnny Cash, i pantaloni di Jim Morrison, Freddie Mercury e Michael Jackson, gli abiti di scena di Madonna, Britney Spears e Prince, nonchè perfino due porte, quella degli studi di Abbey Road e quella del numero 3 di Savile Road a Londra, cimelio dei Beatles.
Inoltre, la zona di Park Lane in cui si trova è a cavallo tra Piccadilly, importante via dello shopping e il cui Circus è famoso in tutto il mondo, e Hyde Park: questo gigantesco polmone verde della città vanta una superficie di 253 ettari, un lago al suo interno ed è contiguo agli altrettanto celebri Kensington Gardens, considerati anch’essi parte stessa del parco.
Purtroppo la metropoli è talmente enorme che, anche se i mezzi sono efficientissimi e la Tube porta davvero ovunque, le tempistiche di spostamento sono pur sempre da considerare. Inoltre, nella “città che non dorme mai” la metropolitana chiude a mezzanotte: il contrasto è evidente e palese, anche se certamente in linea con le tempistiche anglosassoni di cena alle 18 e locali che smettono di servire alcoli alle 22 (anche se questo non evita comunque hangover settimanali poiché, same again, paese che vai, usanze che trovi e i colleghi “Londoners” riescono a tracannare pints come se fosse acqua).
Se, pertanto, Park Lane e l’Hard Rock risultano un po’ fuori mano, la zona di Soho permetterà di spostarsi facilmente a piedi da un locale all’altro (tenendo sempre d’occhio l’orologio). In Oxford Street lo storico “100 Club” è un altro centro certamente interessante, famoso per le più celebri esibizioni dei The Clash, Sex Pistols, Rolling Stones, ma anche Billie Holiday, Louis Armstrong e Muddy Waters: l’ambiente è raccolto e informale e crea un’atmosfera davvero unica e piacevole. Pezzo di storia del rock e della musica in generale, è ancora, dopo ben 75 anni dalla sua apertura nel 1942, uno dei migliori club londinesi dove ascoltare concerti e live music.
Uscendo da qui, l’aria “fresca” londinese risulterà piacevole quasi quanto uno schiaffo in faccia (questo è un altro must di Londra e non conosce stagioni, l’effetto slap è sempre assicurato), perciò c’mon, imboccando di gran carriera la prima strada a destra e attraversando Soho Square, uno degli angoli più belli di tutta Londra (splendida la St. Patrick Church e nel parco è facilissimo vedere la panchina dedicata alla cantante inglese Kirsty MacColl, sulla quale è incisa una bellissima strofa di una sua canzone). Si raggiunge quindi Firth Street per una birretta a suon di jazz al “Ronnie Scott Jazz Club”, una vera e propria icona del mondo della musica, in quanto è il jazz club più antico al mondo: la sua programmazione è invidiabile, spesso sold out, ma definitely worth a visit!
É già tardi e la stanchezza inizia a farsi sentire (insieme alle pints) ma, anche se la giornata inizia presto nella City, concludere la serata a suon di pub e musica risulta davvero difficile. Ed è proprio questo lo spirito che anima la già menzionata “Londra, città che non dorme mai” tra le sue tante contraddizioni e freneticità, città che ha veramente tutto, che sa divertirsi e offre mille diverse possibilità di nightlife ed è in grado di accontentare proprio tutti i gusti, ma che, allo stesso tempo, lavora sempre, tanto, un autentico cuore pulsante che, da vero muscolo involontario non si ferma mai.
Il modo più giusto per chiudere in bellezza è certamente nella Soho più vera e autentica di Kingly Street e Carnaby Street. Al numero 9 di Kingly Street si trova il Bag O’Nails, riaperto nel 2013 e attualmente tra i più posh club privati della City, negli anni Sessanta era però luogo di incontro di musicisti e band come The Who e The Animals e, soprattutto, è ricordato come il posto in cui Jimi Hendrix suonò per la sua prima ufficiale presentazione alla stampa come artista nel lontano 1966.
Carnaby Street è, invece, l’epicentro della “swinging London” degli anni Sessanta, la rivoluzione culturale i cui principali simboli furono i Beatles, la pop art e le minigonne. Attraversando Golden Square, un rapido sguardo all’imponente statua di George II che domina la piazza e via dentro al celebre “Ain’t nothin’ but…” a pochi passi da Regen’t Street, famosa via dello shopping e subito dietro al fabulous Hamley’s Toy Store. Aperto nel 1993, bar di riferimento del panorama blues contemporaneo, garantisce live music sette giorni su sette e jams (ad ingresso gratuito) ogni domenica e lunedì. Il locale, che offre un ambiente rilassato e concerti di artisti di livello internazionale, deve il proprio nome alla bellissima canzone di Georgia White The Blues Ain’t Nothin’ But. Inoltre, si autodefinisce come the only true blues venue in town, l’unico vero locale blues della città: spocchioso ma valido.
Resta soltanto da dire Cheers! and Have fun!
Fondatore e autore di NonSoloTuristi.it e ThinkingNomads.com.
110 nazioni visitate in 5 continenti. Negli ultimi 6 anni in viaggio per il mondo con mia moglie Felicity e le nostre due bambine. Instagram @viaggiatori