Avete presente la sensazione di conoscere un luogo ma non esserci mai stati? Sentire le farfalle nello stomaco perché hai la consapevolezza di poter realizzare uno dei tanti sogni nel cassetto?
Mille emozioni e stati d’animo ci hanno assalito con forza prorompente mentre percorrevamo il lungo rettilineo che ci avrebbe portato alle rovine archeologiche di Tulum.
La nostra giornata inizia all’interno dei simpatici colectivos, taxi condivisi che percorrono durante l’intero arco della giornata la Carretera che collega Cancun a Tulum a prezzi assolutamente stracciati rispetto ai normali taxi. L’unico aspetto un po’ negativo – ma nello stesso tempo divertente – è quello di dover riconoscere autonomamente la propria fermata e prenotarla urlando all’autista.
Per visitare le rovine di Tulum bisogna necessariamente scendere lungo la statale in corrispondenza del cartello che indica la vicinanza al sito archeologico, altrimenti si rischia di terminare la propria corsa all’interno del paese, non proprio vicino al luogo di interesse.
Finalmente ci troviamo di fronte al portale di accesso del sito, lo attraversiamo ed ecco davanti ai nostri occhi lo spettacolo delle rovine maya più visitate di tutto il Messico, dopo Teotihuacan e Chichén Itzá.
Tutto è curato nei minimi particolari, il percorso da seguire è ben segnalato, le strutture – nonostante la vicinanza al mare – sono in buono stato e il verde acceso dei giardini e della vegetazione circostante contrasta con il meraviglioso azzurro dell’oceano come se fossero forti pennellate nate dalla mano di un pittore e dalla sua fedele tavolozza. Le iguane – onnipresenti – sono parte integrante della scena e, calme e sonnolente, fanno compagnia ai turisti sotto il cocente sole messicano.
Unico sito maya edificato vicino al mare, Tulum è famosa per i suoi edifici costruiti su scogliere che dominano le acque turchesi del Mar dei Caraibi.
In lingua yucateca il termine “Tulum” vuol dire “muraglia”, a testimonianza del fatto che il sito era considerato inespugnabile perché localizzato al di sopra di una scogliera e perché protetto da mura di cinta su ben tre lati. Il suo nome originale, però, era Zamá, cioè “alba”, in quanto il sito è rivolto a levante.
Le strutture principali e più fotografate sono El Castillo, il Tempio del Dio Discendente e il Tempio del Dio del Vento.
El Castillo è l’edificio più alto dell’intero insediamento e anche il più spettacolare perché adagiato sulla parte più esterna della scogliera che circonda il sito. Proprio per questa sua posizione dominante svolgeva la funzione di faro per le navi che dovevano attraversare il varco ricavato dagli abitanti della città all’interno della barriera corallina. La spiaggia sottostante veniva utilizzata per gli scambi commerciali: Tulum era stato, infatti, uno dei porti più fiorenti di tutta la Penisola dello Yucatán fino alla conquista spagnola.
Il Tempio del Dio Discendente è il luogo di culto più importante. È chiamato in questo modo perché sulla facciata è scolpita la figura di un dio a testa in giù.
Il Tempio del Dio del Vento rappresenta la struttura più fotografata in assoluto. Giace solitario sulla scogliera come ad osservare l’oceano per dominare al meglio i venti, a volte impetuosi, che spirano in questo angolo di Messico.
Il sito archeologico di Tulum è aperto al pubblico tutti i giorni dalle 8 alle 17 e il biglietto d’ingresso costa 57 pesos messicani, che corrispondono a circa tre euro.
Terminata la nostra visita, ci dirigiamo verso quella che viene considerata come una delle spiagge più belle al mondo: Playa Paraíso.
Abbandonata l’idea di farci un bagno nella spiaggia più vicina al sito a causa della confusione, imbocchiamo una strada sterrata e senza alcuna idea di dove ci stessimo dirigendo continuiamo a camminare. All’improvviso sabbia bianchissima quasi come fosse farina appare alla nostra sinistra. Attraversiamo le palme da cocco tipiche di queste latitudini e sullo sfondo una cornice che scalda il cuore: un mare dalle mille sfumature, un tripudio di colori che ci ha fatto rimanere a bocca aperta e ci ha permesso di chiudere la nostra giornata in bellezza.
Non dimenticatevi di bere il dissetante coco frío all’ombra di una palma e di gustarlo – per i più temerari – con paprika e lime.
Foto di copertina di Giulia Fiori
Lunatica, poco paziente, avventurosa e ribelle quanto basta.
Ho fatto del viaggio uno stile di vita, una finestra aperta verso il mondo. Il contatto con la natura e la cultura rappresentano per me una costante; viaggio per sentirmi bene e aprire la mente.
Ogni meta ha un suo perché e il mio obiettivo è scoprirlo a tutti i costi.
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