C’è un luogo dell’anima, dappertutto uguale e immutabile, negli anni come negli sguardi e nelle espressioni dei suoi abitanti. Un luogo che li riunisce e supera tutti, perché di tutti rispecchia la storia, oltre e prima che la geografia. Un luogo che conosci da sempre ma che ancora non smette di sorprenderti, forse perché ti conosce assai meglio di quanto tu non conosca lui. E ci credo, ti ha visto crescere! E con buona probabilità ti rivedrà assai più spesso, quando sarai vecchio.
Quel luogo è il mio, il tuo, il suo, il nostro, il vostro, il loro paese.
Che tu lo ignori, lo odi, lo lasci, lo desideri o cerchi di cambiarlo, lui è sempre là, ma al tempo stesso riesce sempre a sfuggirti, forse perché intanto lui cambia più velocemente di te. Chissà.
Però, chi l’avrebbe mai detto. Che un giorno sarebbe diventato uno dei tuoi punti di riferimento. Certo, non il solo, per carità, ci mancherebbe altro, ma resta uno di quelli.
Finite le esplorazioni cosmiche, crollati i muri, dissolti i blocchi, aperte le frontiere e mischiate le razze ed i popoli, forse alla fine quello che ha resistito meglio a tutti questi vorticosi mutamenti di orizzonte è stato proprio lui, che ospita adesso gente nuova con desideri vecchi.
E lo sai perché? Perché le periferie del mondo sotto sotto sono tutte uguali, come sempre lo stesso resta l’eterno travaglio dell’umanità. E di questo a maggior ragione te ne accorgi nel momento in cui non c’è più un centro univoco al quale modellarsi. Tante periferie, milioni di periferie una di seguito all’altra lungo tutto il globo terrestre, e nessun centro da circondare ed al quale ispirarsi.
Io personalmente non ci volevo credere, né all’una né agli altri. Né a quella strana fantascienza postpunk con i suoi variopinti scenari di società multietniche, né ai viaggi che cammini cammini cammini per arrivare in capo al mondo – se non proprio in cxxo al mondo – e cosa trovi? Le stesse faccine e gli stessi sogni che hai lasciato.
E tutti che ti guardano ammirati e ti fanno: ma perché sei venuto da così lontano? Come se il tuo solo arrivo, la tua sola presenza, potesse in un attimo regalare un prezioso senso alla memorabile giornata in cui tu eri là. E te ne saranno ben grati, lo sai. Non dirmi che non la conosci, questa loro emozione, perché l’hai provata e la provi ancora anche tu, quando sei tu ad essere a casa a tua volta e all’improvviso ti piomba lì un forestiero… tu non capisci bene i suoi perché, ma saranno sicuramente qualcosa di molto importante, no?
E così mi sono dovuto ricredere. Prima riconoscendo che la terra e la campagna sono sempre quelle dovunque, e poi finalmente ammettendo che sì, tutto il mondo è paese. Tanto più quando il mondo l’hai visto un po’ per davvero, e alla fine scopri che anzi in paese volendo può anche starci un po’ tutto il tuo mondo.
Basta che tu sappia come farcelo entrare.
La redazione di NST ama definirmi un “viaggiatore d’altri tempi”, e non si può dire che abbia tutti i torti: a cinquant’anni suonati, ho fatto in tempo a vedere un bel po’ di mondo com’era, appena prima che si trasformasse in quello di oggi. Questo mio prezioso bagaglio di viaggi “vintage” mi ha aiutato a costruirmi una personale filosofia di viaggio con la quale mi ostino ad interpretare i cambiamenti che sperimento in giro per il pianeta.