Il numero ideale di partecipanti ad un viaggio è due.
Di meno sarebbe troppo poco, mancherebbe la possibilità di condividere un buon pasto, gustare una birra ammirando un tramonto. Non ci sarebbe nessuno con cui sfogare il nervosismo per la stanchezza o qualcuno con cui ridere di una cosa buffa.
D’altra parte di più sarebbe troppo, almeno per me. E’ difficile mettere d’accordo tante teste diverse ed il rischio di discutere sarebbe molto alto.
Anni fa comprammo il primo fuoristrada e decidemmo di partire subito con una coppia di amici; avrebbero viaggiato con noi in macchina ed avremmo dormito sempre in albergo.
Per loro sarebbe stato il primo viaggio in Turchia ed avremmo seguito l’itinerario classico per neofiti: Istanbul, Cappadocia, mare a Kaş.
Credo che siano state le tre settimane più lunghe della mia vita.
Il viaggio è iniziato già male quando siamo partiti con un’ora di ritardo sulla tabella di marcia perché per loro era necessario lavare i pavimenti di casa proprio in quel momento e togliere le etichette ad alcuni piatti acquistati il giorno precedente.
Non sono famosa per pazienza e diplomazia ma, in quel caso, ho pensato che stavamo partendo per un viaggio e che avrei potuto tollerare qualche disguido.
I giorni successivi, necessari per attraversare i Paesi balcanici ed arrivare ad Istanbul, sono stati un susseguirsi di lamentele mal celate per la lunghezza del tragitto.
Ed io, nella mia testa, mi ripetevo che malgrado li avessi avvertiti dei 2000 Km che separano Torino dal confine turco, dovevo restare calma.
Una volta ad Istanbul, il problema era l’albergo. Certo era a Sultanahmet, il cuore della Città, ad un passo dal Bosforo e dalla Moschea Blu ma non era ritenuto all’altezza. Di cosa? Rimuginavo io.
Senza parlare della folla al Grand Bazaar, del caldo, del togliersi le scarpe per entrare in Moschea e di lei che continuava a disinfettarsi con ogni gel o salvietta.
Un po’ meglio è andata in Cappadocia. Clima perfetto e amici in festa per noi hanno certamente aiutato.
Da lì in avanti, però, l’atmosfera in macchina si è fortemente appesantita. Lunghi trasferimenti senza mai scambiarsi una parola.
Al mare sono ricominciati i battibecchi per l’albergo. Siamo in un paese di pescatori in cui, per fortuna, il turismo di massa non è arrivato. Ci sono solamente piccole e semplici pensioni con vista sul mare turchino e se la camera è un po’ piccola cosa importa? Mi domando.
E’ inutile dire che il mio stato di sopportazione non è, da qui, durato a lungo e che ancora oggi ricordo quel viaggio come uno dei più pesanti che abbia mai fatto.
Non per i luoghi, che ben conosco e che amo ma perché compagni di viaggio sbagliati hanno reso tutto molto difficile.
“Scegliere buoni compagni di viaggio è necessario per mantenere la retta via” (Carla Santantonio)
L’aggettivo che, primo fra tutti, parla di me è viaggiatrice. Ho un cuore nomade fin da quando ero piccola e per me esserlo non significa solo ed esclusivamente raggiungere luoghi lontani ma soprattutto vedere con occhi diversi ciò che abbiamo intorno, anche se vicino.
Mi chiamo Federica Giuliani, abito in provincia di Torino e sono una food&travel blogger nonché web editor.