Spesso l’informazione offerta dai media porta a vedere il popolo ebraico come una comunità indistinta, omologata dalla cultura religiosa. A un simile quadro sfugge totalmente la complessa aggregazione di usi e costumi che si sono fusi con il popolo di Abramo durante i lunghi anni di esilio, quando questo vagava per il mondo senza patria né terra ed è entrato in contatto con una moltitudine di differenti culture.
Tra le comunità che compongono il popolo ebraico quella degli ebrei curdi è probabilmente tra le più emarginate d’Israele. Il Curdistan è una regione senza riconoscimento politico situata tra Turchia, Iran, Iraq e Armenia. Oggi la maggior parte dei curdi è di religione musulmana, ma in passato c’era una comunità di circa 150.000 ebrei, che secondo alcuni antichi testi costituiva la comunità più antica formatasi in seguito alla prima diaspora (l’esilio babilonese).
In seguito alla guerra civile in Siria e alla caduta di Saddam Hussein in Iraq, in queste due nazioni le regioni curde hanno ottenuto una limitata autonomia amministrativa. In generale, però, il popolo curdo è stato sempre visto come una popolo senza patria, costretto al conflitto o all’esilio dai governi che mal tolleravano la sua presenza. Alla fine della Prima Guerra Mondiale ai curdi venne promessa la costruzione di uno stato indipendente sulle ceneri dell’Impero Ottomano, ma gli interessi politici ed economici sollevati dalla scoperta di giacimenti di petrolio fecero cadere tale promessa nell’oblio.
I primi curdi ad emigrare in Israele vi giunsero circa 80 anni fa, quando la regione era ancora un protettorato britannico a maggioranza musulmana. Da allora hanno sempre conservato le loro radici culturali, ben diverse da quelle ad esempio dei nati in Israele, degli ashkenaziti provenienti dalla Germania, degli ebrei orientali che abitavano l’Est Europa, o dei sefarditi di Spagna e Portogallo. Il governo israeliano, però, ha spesso osteggiato questi legami culturali, preferendo adottare una politica che favorisse l’omologazione delle varie comunità. Ciononostante, la nuova generazione di curdi di Israele si è mossa negli ultimi anni per la realizzazione di eventi che promuovessero la loro cultura ancestrale, soprattutto in ambito musicale.
Un piyut è una poesia liturgica cantilenata durante le funzioni religiose ebraiche. La maggior parte di questi poemi è composta in ebraico o in aramaico. Quelli di autori curdi si differenziano per le melodie tipicamente arabe (i maqam) o risalenti alla musica popolare curda. Questi brani costituiscono il cuore della cultura curdo-ebraica e comportano una serie di strumenti tradizionali: il saz e il baglama (strumenti a corde), il zonra (della famiglia degli oboi) e il dahol (tamburo).
Nei piyut curdi sono espressi tutti gli elementi fondamentali della cultura curdo-ebraica, come il desiderio di ritornare alla propria patria biblica, a cui sono stati ispirati molti testi, e la grande importanza del ruolo della donna. Asenath Barzani, una delle protagoniste della storia dei curdi ebrei nel II secolo dopo Cristo e autrice del piyut “Ga’agua L’Zion” (“Desiderio per Sion”), era talmente esperta nello studio della Torah che il padre Rabbi Shmuel Barzani fecere promettere al suo futuro marito di permetterle la continuazione dei suoi studi anche dopo il matrimonio.
Oggi molti giovani israeliani di origine curda stanno cercando di proteggere le loro radici registrando i piyut in appositi archivi. Un loro rappresentante ha ammesso con un giornalista del magazine online israeliano +972: “Negli ultimi anni abbiamo registrato quanti più cantanti possibile per proteggere la tradizione, ma i canti che sentivamo a casa stanno scomparendo; non sono stati riconosciuti un bene culturale e, con il passare del tempo, ne stiamo perdendo la memoria.”
Anche la lingua comunitaria degli ebrei curdi, l’aramaico, sta scomparendo. Nel 2009 quattro giovani israeliani di discendenza curda hanno iniziato a trasmettere un programma radiofonico in aramaico, in risposta al mancato intervento del governo per la conservazione di questa lingua, sebbene sia anch’essa un tassello fondamentale della storia degli ebrei.
Non è facile raccogliere e proteggere tutta la ricchezza della cultura curda nelle sue numerose e variegate espressioni, anche a causa di una tradizione che si è sempre tramandata oralmente. Ma i giovani israeliani che hanno deciso di farne un proprio dovere sono molto determinati e il loro talento artistico è una risorsa eccezionale che li assisterà nella loro impresa.
Laureato in Giornalismo, il mio limbo professionale mi ha portato dagli uffici stampa alla carta stampata, per poi approdare al variopinto mondo della comunicazione digitale. Ho vissuto a Verona, Zurigo, Londra, Città del Capo, Mumbai e Casablanca. Odio volare, amo lo jodel e da grande voglio fare l’astronauta.