È un piacere intervistare Giacomo Corsini, tour operator e guida in Zambia, Botswana e Malawi per African View Tours and Safaris (Livingstone, Zambia), fotografo naturalista e amante del bush africano.
Giacomo, quattro anni fa hai lasciato Milano per iniziare una nuova vita in Zambia. Ci spieghi le ragioni della tua scelta?
Circa sei anni fa ho passato un periodo non propriamente felice, in cui tutto ad un tratto ho cominciato ad avvertire che la vita che stavo vivendo (quella di dirigente in una società che operava nell’ambito farmaceutico) non era in linea con la persona che ero e con ciò che volevo dalla vita. Il periodo è stato lungo e tormentato e ha portato mia moglie e me a capire che non si poteva più andare avanti in quel modo.
Nonostante l’ottimo stipendio, il riconoscimento del proprio lavoro e le soddisfazioni professionali, la mia vita era una continua frustrazione. In quel momento mi sono reso conto che tutti i miei problemi si annidavano nella differenza tra ciò che “ero stato portato a credere di dover essere” e ciò che “avrei voluto essere”. Sul perché sia stato scelto questo lavoro e lo Zambia in particolare, è presto detto: ho iniziato a vagabondare per l’Africa una dozzina di anni fa, quando mio cugino incontrò e successivamente sposò una ragazza sudafricana. Dopo una prima visita, in cui rimasi letteralmente folgorato da questo continente, cominciai a tornare sempre più spesso, aumentando via via il raggio delle mie spedizioni fino ad abbracciare la Namibia, il Botswana, lo Zambia, lo Zimbabwe, la Tanzania, il Kenya e l’Uganda e specializzandomi sempre più nella fotografia naturalistica collaborando con alcune riviste. Quando ci fu da scegliere cosa fare, il trasferirsi in Africa per condividere con altri questa mia passione sembrò a entrambi una buona idea e decidemmo di provarci. Lo Zambia era il posto ideale per questa scelta: dal punto di vista della Natura e delle fauna animale è sicuramente uno dei paesi (se non “il” paese) in Africa meglio conservato, socialmente molto pacifico ed economicamente in fase di sviluppo.
Quali sono le principali difficoltà che hai incontrato nel riiniziare tutto da capo in Africa?
Soprattutto gli aspetti burocratici. Viaggiare in un paese anche per lunghi periodi e trasferirsi con l’idea di mettere su una società sono due cose completamente diverse. Ho dovuto imparare tutta la burocrazia zambiana (se ci lamentiamo in Italia, pensate solamente a cosa sia la burocrazia nel terzo mondo: migliaia di registri scritti a mano, fogli e fogliettini volanti che vengono smarriti in continuazione, nessuna informatizzazione…), la contabilità, le leggi, i permessi di soggiorno… insomma veramente ripartire da zero! Per il resto è stata sicuramente più difficile per mia moglie, che ha dovuto imparare a vivere facendo a meno di molte cose che in Italia diamo per scontate (come, ad esempio, che un parrucchiere sappia tagliare i capelli, cosa non molto facile se ha sempre lavorato su cespugli di capelli neri e ricci e tu sei bionda con i capelli lisci…).
Qual è il tuo rapporto con la popolazione locale?
Il rapporto con i locali, purtroppo, è compromesso da una sorta di “razzismo al contrario” che li porta a vedere gli investitori nel loro paese non tanto come persone normali che vengono a cercare di lavorare, quanto a “bancomat con le gambe”. Inoltre occorre considerare che la società zambiana ha caratteristiche molto diverse dalla nostra: ad esempio credono fortemente nella magia nera (poche settimane fa postai su Facebook il ritaglio di un articolo di un quotidiano che riportava la cattura e l’arresto di una capra con l’accusa di rapina a mano armata: la capra era in carcere sorvegliata a vista nell’attesa che ritornasse in forma umana) al punto che, in tribunale, la difesa “ero posseduto da uno spirito maligno che mi ha obbligato a fare certe cose” è una difesa accettata e spesso vincente! Noi però, consci del’impatto che il turismo non sostenibile ha avuto sulle popolazioni kenyote e della Tanzania, ci siamo riproposti di utilizzare il turismo come veicolo per contribuire al benessere ed alla crescita economica del paese, nel totale rispetto sia dei diritti dei lavoratori locali (troppo spesso calpestati dalle grandi catene del turismo) sia della cultura locale. Siamo gli unici in Zambia, infatti, che oltre ai safari più avventurosi hanno anche programmi di ”spedizioni culturali”, una vera particolarità che permette emozionanti incontri etnografici reali e che ha soddisfatto decine di viaggiatori fino ad oggi.
Con la tua agenzia organizzi tour tra Zambia, Botswana e Malawi. Qual è la zona che ti piace di più e perché?
Posso dirti che il paese che preferisco, dal punto di vista sociale, naturale e paesaggistico, è lo Zambia, ma di certo adoro il Lago Malawi e non posso non amare il deserto del Kalahari o il Makgadigadi in Botswana. Lo Zambia, però, è il Paese che offre la maggior varietà di parchi, di fauna, di flora e di possibilità di viaggio. Il rinomato parco South Luangwa è un vero spettacolo, la zona al mondo con la maggior concentrazione di ippopotami e popolato da un’incredibile varietà di specie sia terrestri che avicole, ma non posso dire di preferirlo al Lower Zambezi National Park, a mio avviso un vero gioiello che nessun amante dell’Africa deve lasciarsi sfuggire
Ci hai già raccontato di incontri con elefanti, antilopi, kudu e altri animali della savana. Quale ricordi con più piacere?
Sicuramente l’incontro più bello della mia vita è stato con un leopardo. Visto di sfuggita durante un safari notturno, ci siamo fermati sperando che si avvicinasse da dietro i cespugli in cui era nascosto. La sua curiosità ebbe la meglio spingendolo ad emergere dal suo nascondiglio e ad avvicinarsi talmente tanto all’auto da cominciare a strofinarsi sulle fiancate, facendo le fusa come un gattone. Ma anche la prima volta che mi trovai, a piedi, a meno di dieci metri da un rinoceronte fu abbastanza emozionante!
Ce n’è uno, invece, che vorresti non aver fatto?
La savana con i suoi animali, se vengono rispettati, non pone di fronte a particolari pericoli. I pericoli principali sono il risultato di disattenzioni o del non aver seguito le istruzioni fornite dalla guida: il non aver notato un cucciolo di elefante tra i cespugli può portare alla carica da parte della madre, ad esempio, ma anche andare a farsi la doccia nel cuore della notte dopo che la guida ha espressamente vietato di uscire dalle tende può portare a serie conseguenze. Fortunatamente non mi sono mai trovato in situazioni di pericolo e le persone che hanno viaggiato con me si sono sempre dimostrate disponibili a seguire le mie istruzioni. Una cosa, però, non rifarò mai più: stare nelle Nanzhila Plains di sera in pantaloncini. Ci sono infatti degli insettini simili a minuscole zanzare che quando pungono fanno venire un prurito indescrivibile… mai più pantaloncini corti dopo il tramonto!
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Il mio unico progetto, al momento, è continuare a fare questo lavoro, con lo stesso entusiasmo del primo giorno, crescendo e consolidando questa realtà. Secondariamente (ma più a lungo termine) abbiamo intenzione aprire un campo tendato all’interno di un parco nazionale, ma siamo ancora lontani da quell’obiettivo.
Travel Planner per passione. Moglie e mamma adottiva di Calimero e Silente, viaggio da sola da quando ho 12 anni e voglio vedere tutto il mondo!