Dopo avervi raccontato dei giorni trascorsi in Malawi, passo oggi a raccontarvi della seconda parte del viaggio, ovvero quella che si è svolta in Mozambico.
Come vi avevo anticipato, l’accostamento di queste due mete, ovvero Malawi e costa del Mozambico, non è risultata particolarmente azzeccata per via delle lunghe distanze che è stato necessario percorrere e che hanno portato via del tempo al nostro viaggio senza offrirci, nel transito, tappe di particolare interesse che attenuassero le fatiche dei lunghi trasferimenti.
Abbiamo infatti viaggiato per due giorni interi: il primo giorno siamo partiti da Liwonde con un van privato che ci ha portato fino a Chiponde, paese di confine dove abbiamo contrattato un passaggio con un altro van privato per Cuamba, piccola cittadina dove abbiamo trascorso la notte ospiti di una missione, mentre il secondo giorno ci siamo spostati da Cuamba a Ilha de Moçambique, prima nostra tappa in Mozambico. Il lungo percorso affrontato in questi due giorni, non offre tappe o paesaggi di particolare interesse ed è proprio questo a renderlo particolarmente pesante.
Arrivati a Ilha de Moçambique abbiamo però avuto modo di rifocillarci e trascorrere due giorni su questa affascinante isola. “Ilha”, così più semplicemente chiamata dalla popolazione locale, è una minuscola isola a forma di mezzaluna che misura appena 3 chilometri di lunghezza e 500 di larghezza, molto facile quindi da visitare interamente a piedi. E’ collegata alla terraferma da un ponte lungo tre chilometri e mezzo e attraversabile solo da mezzi non pesanti.
Dopo averla girata in lungo e in largo salta prepotentemente all’occhio una sua caratteristica: è un’isola con due anime che ne riassumono la sua storia e il suo percorso attraverso i secoli. La parte settentrionale, ovvero quella più quieta e sonnolenta, è la parte che racconta in maniera più evidente gli anni del colonialismo portoghese.
E’ infatti qui che si trovano tutti gli edifici storici, quasi tutti costruiti tra l’inizio del sedicesimo e la fine del diciannovesimo secolo. Tra questi consiglio la visita della Fortaleza de Sao Sebastiao, ovvero il più antico forte, ancora in ottime condizioni di conservazione, dell’Africa subsahariana, la visita della sede della banca BIM e gli uffici dell’Amministrazione coloniali, tutte magnifiche testimonianze dei secoli del colonialismo.
La vita vera dell’isola la si trova però nella parte sud dell’isola, la mia preferita, perché vivace esempio della fusione e coesistenza di diverse culture. In questa parte della città vive la maggior parte della popolazione dell’isola, costituita per lo più da famiglie il cui sostentamento lo si deve al commercio e alla pesca.
A trascurate case in muratura si alternano agglomerati di strutture più precarie i cui vicoli vengono animati da folte schiere di bambini.
Per godersi appieno l’atmosfera che si respira in questa parte meridionale dell’isola, suggerisco un giro all’alba, quando i pescatori si recano sulla spiaggia per caricare le variopinte reti sulle barche e prendere il largo, quando il mercato inizia animarsi e i bambini ad affollare le strade.
Ho un ricordo magnifico di quella passeggiata di un paio d’ore, dei sorrisi e del calore incontrati che mi hanno permesso di non sentire la mancanza di quelli già sperimentati in Malawi. I turisti non sono molti, ma la popolazione locale, sebbene incuriosita, mantiene un atteggiamento molto accogliente e disponibile che rende l’approccio con loro sempre piacevole.
Quando ho parlato di esempio di fusione di culture, mi riferivo al fatto che su quest’isola convivono pacificamente cattolici, musulmani e una minoranza indù. L’influenza musulmana si è fatta sicuramente più forte in seguito alla fine del colonialismo, senza però discriminare le altre confessioni.
“Ilha” è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1991 e, sebbene la maggior parte dei palazzi siano stati a lungo trascurati, sono in corso diverse ed importanti ristrutturazione che sono certa conferiranno un aspetto meno trasandato all’isola.
Durante il soggiorno a Ilha è possibile organizzare delle escursioni nelle piccole isole vicine, anche solo per godersi la calma e la quiete di un mare cristallino, la sabbia bianca e del pesce cucinato alla griglia.
Il mio ultimo suggerimento è quello di soggiornare al Patio dos Quintalinhos, una piacevole e accogliente struttura situata proprio nel centro dell’isola e gestita da un architetto italiano, Gabriele, che ha fatto ormai da molti anni del Mozambico la sua casa.
Vivo a Torino, città che amo profondamente, ma nonostante questo mio amore, spesso, sento l’esigenza di scappare lontano da lei per scoprire altri nuovi splendidi luoghi. Credo profondamente che anche viaggiare sia una forma d’arte e che più il viaggiatore sviluppa curiosità, fantasia e originalità, più saprà creare itinerari di viaggio meravigliosi.
Che meraviglia di viaggio… e di foto!
Bellissimo il tuo resoconto, mi hai fatto viaggiare un po’ con te! Stupende anche le foto!
Ti ringrazio tantissimo Diana!
Ti ringrazio tantissimo per il tuo commento! ? Ti confermo che è stato un gran bel viaggio!