Conosciuto anche con il nome di Biomuseo, il Museo della Biodiversità situato a Città di Panama è la prima opera dell’architetto canadese Frank Gehry in America Latina, una struttura concepita con lo scopo di educare e trasmettere l’importanza delle biodiversità.
Situato in prossimità del Canale di Panama, proprio dove le acque dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Pacifico si mescolano tra loro, l’edificio trae ispirazione dal preistorico evento geologico che ha generato l’Istmo di Panama, separando le acque del Nord da quelle del Sud America.
Frank Gehry, noto per il suo approccio scultoreo e organico alla progettazione, è tra i massimi esponenti della corrente decostruttivista. Vincitore nel 1989 del Premio Pritzker è conosciuto ai più per la realizzazione del museo Guggenheim di Bilbao e le Torri Danzanti di Praga.
Il progetto venne concepito nel 1999 e nel 2004 Gehry rese pubblica la decisione di regalarlo agli abitanti di Panama. Con questo dono Gehry ha voluto rendere omaggio alla moglie Berta Gehry Aguilera, di origine panamense, chiamandolo ufficialmente “Museo della Biodiversità: Panama Ponte di Vita“.
La costruzione cominciò nel 2004 con un budget di 60 milioni di dollari, una cifra abbastanza contenuta per un intervento di questo tipo. Il sito su cui è collocata l’opera è un punto molto scenografico, posto su una strada rialzata in prossimità dell’entrata del Canale di Panama, e funge inoltre da faro.
Il museo gode di una vista mozzafiato sull’Oceano Pacifico e sul vicino Canale solcato da colorate navi e traghetti ad ogni ora del giorno e permette di ammirare da un punto di vista del tutto inedito la vecchia città coloniale di Panama e i suoi insediamenti più moderni.
Costruito su quello che una volta era una base americana, il museo focalizza l’attenzione sul ricco e vario ecosistema di Panama ed è il luogo nevralgico su cui si concentra l’attenzione e l’impegno per la gestione delle risorse ambientali della città e del paese.
Realizzato con l’intento di diventare il “punto di accesso per scoprire Panama” sia per i panamensi che per i turisti provenienti da ogni parte del mondo, il Biomuseo è una composizione asimmetrica di volumi eterogenei dai colori accesi e si sviluppa su tre livelli, occupando una superficie di 4000 metri quadrati.
Le sue forme anomale hanno richiesto l’utilizzo di tecniche costruttive sconosciute ai panamensi: secondo l’ingegnere strutturale Antonio Dìaz, le forme, gli angoli ed i materiali pensati da Gehry per questo progetto così poco convenzionale che non sono stati mai stati realizzati prima in terra panamense.
Il processo di costruzione incontrò molti problemi sia tecnici che logistici. Gli standard costruttivi impiegati per realizzare l’opera di Gehry risultarono sotto la media e l’abilità dei lavoratori locali era insufficiente. Molte componenti, tra cui il complesso sistema di tetti e tettoie di acciaio e le forme dei casseri di cemento utilizzate, furono letteralmente terra di sperimentazione per i lavoratori panamensi ed un ingente numero di elementi venne rimosso e reinstallato più volte.
I problemi furono risolti con pazienza, accettando il fatto che la manodopera locale fosse molto limitata in termini di preparazione, e si rese quindi necessario apportare qualche modifica in loco per poter continuare con la costruzione. Un altro problema che non era stato preso in considerazione al momento della progettazione fu l’effetto del clima tropicale sui lavoratori, capace di far rallentare anche il ritmo del più instancabile degli stacanovisti.
Gehry, uomo mite e di grande professionalità, tramite un comunicato stampa redatto dal suo staff affermò che “Panama ha un approccio diverso a quella che è la tecnica costruttiva e questo ovviamente conduce ad un rallentamento dell’esecuzione. Anche se il percorso di completamento è stato più lungo di quanto ci aspettassimo, sentiamo che il progetto ha soddisfatto con successo sia il nostro cliente che le nostre aspirazioni e speriamo che possa essere una destinazione interessante sia per i panamensi che per i turisti”.
L’attuale presidente della Fundaciòn Amador, Pilar Arosemana de Alemàn – figura indispensabile nella raccolta fondi – a costruzione ultimata dichiarò che “il museo ha avuto un grande impatto economico ma è motivo di orgoglio per la nostra nazione. Mostra al mondo che noi panamensi possiamo costruire e realizzare un progetto che rispetto agli standard mondiali non ha nulla da invidiare agli altri paesi”. In una nazione in cui manca un forte senso della cultura filantropica e con grandi difficoltà nel convincere le persone a donare per poter raccogliere fondi non fu cosa da poco.
Nonostante i problemi riscontrati in corso d’opera, l’edificio è risultato in una robusta struttura di cemento protetta da un intricato tetto composto da una cascata di tettoie rosse, blu e gialle. Il Biomuseo irrompe così sulla scena mondiale come la prima grande opera di architettura che il paese abbia visto in generazioni.
La forma dell’edificio è coerente con la poetica di Gehry che però qui aggiunge un elemento mai visto in tutte le sue precedenti opere: il colore. Ogni parte dell’edificio è dipinta con colori accesi e diversi tra loro, proprio per rendere omaggio alla ricchezza ed alla bellezza dell’America Latina e alla sua passione per i colori. I tetti ondulati compongono un collage di forme e tonalità che riflettono l’ambiente tropicale circostante, un effetto che cambia a seconda dell’ora del giorno e della notte.
Ai più potrà sembrare una fabbrica di vernici dopo un’esplosione, ma questo altro non è che lo stile di Gehry. Secondo l’opinione dei visitatori questo edificio è adorato dai bambini che vi si recano volentieri proprio per la sua immagine colorita e giocosa e dove possono apprendere la cultura e le tradizioni locali.
Sin dalla sua apertura nel 2012, il Biomuseo ha aiutato Panama a diventare una destinazione turistica ed una città culturale. La costruzione di quest’opera ha avuto lo stesso effetto che ebbe il museo Guggenheim realizzato nei Paesi Baschi sempre da Gehry nel 1997, la cui creazione portò grande giovamento all’allora sconosciuta città di Bilbao e rendendola una imperdibile destinazione turistica.
Tipicamente Gehry rompe gli schemi funzionali e tipologici classici della struttura museale e crea quella che può essere definita “un’esplosione cubista sopra un podio”, tipologia che rivisita in chiave moderna la struttura dell’Acropoli di Atene. Una soluzione non del tutto atipica impiegata già da molti altri architetti nella realizzazione dei musei nell’Europa occidentale e soprattutto nel continente Americano.
Ovviamente il museo non è stato risparmiato dai commenti negativi che tanto ricordano quanto la gente abbia odiato la Torre Eiffel a Parigi, il Gherkin di Londra, la Filarmonica di Berlino e tutti quegli edifici che non rispettavano i normali canoni architettonici del momento diventando poi vere e proprie icone dello skyline urbano.
I panamensi lo amano. Sono felici di ospitare un’opera così significativa realizzata da uno dei più grandi architetti contemporanei. Molti definiscono il museo il cuore pulsante della Città di Panama, un’icona architettonica che definisce un paese.
Cresciuta tra i verdi prati della Valtellina e la traballante Emilia mi sento a mio agio con le scarpe da trekking ed uno zaino sulle spalle. Sono architetto, vivo a Firenze ma sono cittadina del mondo. Sono un’avida lettrice di libri in lingua ed un’aspirante scrittrice. Parlo al contrario ed amo correre, anche lunghissime distanze, ma solo all’aria aperta. Cosmopolita e poliglotta, la mia vera passione, oltre ai viaggi ai quattro angoli del globo, è l’architettura contemporanea ed eco-sostenibile. Il mio architetto preferito è l’italianissimo Renzo Piano che spero un giorno di incontrare. Potete seguirmi su Instagram (missarchipaola) o scrivermi un’email ([email protected]).