Il mio primo ricordo di Obidos è una stazione nella campagna verde portoghese. Era il 1998, prima volta in Portogallo. Il treno si ferma, io scendo, il macchinista stranamente aspetta non capisco chi o cosa. Un impiegato delle ferrovie si avvicina e mi dice qualcosa. Non parlo portoghese, ma capisco che sebbene quella sia Obidos quella non è la stazione piu comoda per raggiungere la città. Una pecora in lontananza mi osserva, così anche tutta la gente sul treno che aspetta una mia decisione. È una situazione un po’ paradossale, risalgo sul treno e scendo così alla successiva. Da lì raggiungo Obidos con l’autobus.
Questo il primo incontro con questa cittadina che in questo modo mi stava già offrendo degli indizi su chi e cosa essa sia.
Obidos non dista molto da Lisbona, la capitale, ma raggiungerla vuol dire lasciarsi alle spalle qualsiasi idea di città, rumore, traffico. Entrarci è come varcare un una porta e giungere in una dimensione distante da ciò che in realtà non é troppo lontano fisicamente.
Ad Obidos ci sono voluta tornare e questa è una cosa che difficilmente faccio. Quando viaggio incontro e scopro spesso posti che entrano con forza nei miei ricordi e tra le mie esperienze, ma un po’ per economia di tempo, un po’ perché credo che le esperienze siano meglio nel momento in cui le realizzi la prima volta che quando tenti di ripeterle, difficilmente torno in posti che ho già visitato.
Obidos è stata così per me un’eccezione e ho voluto tornarci nel 2010, a Pasqua, con chi ora è accanto a me e ancora non la conosceva, per condividere la sua atmosfera con lui.
Il desiderio di averla vicino nei giorni dedicati alla scoperta di questa parte del Portogallo con la macchina a noleggio, mi ha indotto a prenotare l’alloggio nei pressi di Obidos, in una struttura davvero speciale: un mulino a vento restaurato e perfettamente attrezzato!
Da qui Obidos dista pochi chilometri e io, con qualche anno in più, ho potuto varcare nuovamente le sue mura e immergermi nella sua atmosfera. Il cuore di questa città risiede dentro a delle mura perfettamente conservate, merlate, percorribili per il loro intero perimetro. Obidos vive dunque in due dimensioni: una spaziale e una temporale.
La prima rappresenta il modo attraverso cui la si può visitare camminandovi. Potrete scegliere se prima assaggiare a piccoli passi le sue vie con i muri colorati bianchi, blu e gialli, le buganvillee, i negozi, i ristorantini, i bar con le insegne del Porto, in un lieve dislivello mai faticoso, e poi salire sulla mura, fra i merli e vedere dall’alto questo piccolo tesoro; oppure fare il contrario.
La dimensione temporale, invece, per me non è stata una scelta, ma una percezione, personale ma chiara, che ho sentito passando nell’arco di accesso, guardando l’azulejos in alto, gli uomini seduti sul muretto limitrofo, le donne che facevano all’uncinetto centrini che poi avevano il piacere di vendere.
Varcando quella porta, ho sentito come un passaggio non solo fisico ma anche di atmosfera e di tempo. L’armonia delle strade, dei colori e delle forme dell’ordinata Obidos, che si può percorrere solo a piedi, dal basso verso l’alto o viceversa, ti cattura per il tempo che puoi stare e sembra lasciare il resto fuori da quei muri e da quella dimensione.
Cosa c’è di così interessante da fare a Obidos? In fondo nulla. Camminare, sostare, scattare fotografie dei particolari, bere e mangiare, amare quel giallo e quel blu a righe dei muri che ricorderai per sempre, comprare un magnete e osservare i portoghesi che familiarmente chiacchierano.
Non c’é nulla da fare ad Obidos, ma proprio per questo, stranamente, ho voluto che entrasse nella mia vita ed io che entrassi in Obidos per ben due volte.
Insegnante di professione, turista per passione, fotografa per diletto. Amo sognare e progettare i miei viaggi come un modo per conoscere e scoprire me stessa. Parecchi i viaggi fatti, molti di più quelli ancora da fare e da raccontare.