Se si pensa al Gargano, in Puglia, è immediata l’associazione con Vieste, la città più famosa e turistica di questo tratto di costa. Questo specialmente grazie a diverse attività che Vieste offre, tra cui: il ciclismo e l’escursionismo nel Parco Nazionale del Gargano; gli sport acquatici; le magnifiche spiagge dove prendere il sole e rilassarsi; e ovviamente il celebre Pizzomunno da ammirare, ovvero il simbolo di della città.
Vieste però non è solo questo. Oltre alle celebri spiagge, questa ridente città pugliese offre anche un’antica e affascinante cultura del cibo, in particolare di un prodotto d’eccellenza: l’olio. Ed è proprio su questo prodotto che vogliamo concentrarci oggi, ovvero sulla produzione dell’olio a Vieste: dall’uliveto alla tavola.
La produzione dell’olio a Vieste
Vieste è la patria di una delle tipologie di olio più celebri di tutto il Gargano: l’Ogliarola Garganica, che deriva proprio dall’omonima pianta e che ha un processo molto avvincente di preparazione. Nello specifico, ci sono principalmente tre fasi che che l’oliva attraversa per arrivare dall’ulivo alla tavola, trasformandosi in olio extra vergine. Ecco quali sono.
La raccolta delle olive negli uliveti
La prima fase della produzione dell’olio non può che riguardare la raccolta della materia prima, ovvero le olive. Per questa fase è necessario dunque inoltrarsi fuori Vieste e avere a disposizione ettari di uliveti dai quali raccogliere quante più olive possibile. In Puglia, specialmente nella regione del Gargano, ci sono migliaia e migliaia di uliveti, alcuni dei quali addirittura secolari e davvero imponenti e maestosi.
La raccolta delle olive è un processo lungo che solo in apparenza risulta facile e poco faticoso. In realtà dietro c’è un lavoro costante, fatto di forza e sudore, e che per questi motivi viene svolto prettamente da uomini. Anche se nell’uliveto dove siamo andati abbiamo visto che c’era anche una donna dedita alla raccolta delle olive.
Ad ogni modo, per svolgere al meglio la raccolta vengono poste ai piedi degli ulivi le reti, pronte a raccogliere le olive che cadono dai loro alberi. Le tecniche più utilizzate per far cadere le olive dagli uliveti sono due.
La prima è quella di usare una sorta di trattore dotato di un’enorme presa metallica, in grado di afferrare l’albero e scuoterlo senza rovinarlo, ma facendo cadere un grande quantitativo di olive.
La seconda tecnica, invece, consiste nella pettinatura. Ovvero si utilizza un lungo rastrello elettrico, chiamato appunto “pettine”, che si fa passare tra le fronde dell’albero per far cadere le olive al suolo. Un metodo molto efficace, utilizzato specialmente dopo che si è passati prima con il trattore. Tra l’altro, è un metodo meno faticoso rispetto a prima, quando si saliva sugli alberi a raccogliere le olive, e inoltre rovina molto meno l’albero.
Una volta che le olive sono cadute nelle reti, queste vengono raccolte e caricate sui camion in apposite casse; direzione frantoio.
Il passaggio nel frantoio
Il secondo passaggio è forse quello più importante e catartico. Le olive vengono portate nei vari frantoi di riferimento, dove subiscono vari procedimenti prima di essere trasformate in olio. Inizialmente, le olive vengono divise in “partite” e sistemate in cassoni che vengono poi pesati su apposite bilance.
Dopo di che i cassoni vengono svuotati nella tramoggia e le olive vengono lavate e portate nella deramofogliatrice che toglie le impurità per altri scopi, perché, come ci raccontano gli addetti presenti al frantoio: “dell’ulivo non si butta via niente”. In seguito, le olive entrano propriamente nel frantoio, dove vengono lavorate secondo il metodo tradizionale con molazze in pietra e spremitura a freddo, oppure con i macchinari più moderni a ciclo continuo. Questo a seconda della richiesta dei clienti.
Dentro al frantoio, le olive possono essere o frantumate e frullate con anche il nocciolo, oppure si può togliere il nocciolo dalle olive per poi lavorarlo fino a farlo diventare “pellet”. La polpa delle olive invece è quella che serve per produrre propriamente l’olio, che viene raccolto in grandi vasche finali e poi viene lasciato a fermentare fino ad ottenere l’olio extra vergine che noi tutti conosciamo.
Olio in tavola: più che un condimento un vero e proprio alimento
È così che si arriva all’ultimo step del processo di produzione dell’olio, quello in cui il prodotto finale raggiunge finalmente la tavola, non come un semplice condimento, bensì come un vero e proprio alimento. I pugliesi, infatti, ci tengono a sottolineare come l’Ogliarola Garganica vada considerato alla pari di una portata classica e la sua degustazione, oltre che il suo abbinamento, è fondamentale.
L’Ogliarola Garganica, infatti, si presenta solitamente con un colore verdognolo. All’olfatto si percepisce benissimo la fragranza delle olive, mentre durante l’assaggio presenta un retrogusto fruttato e dolce. Un prodotto genuino e sano che non solo può essere utilizzato e gustato sulle bruschette, sulla pasta, sul pesce o sulla carne, ma acquisisce pieno valore anche da solo, gustandolo con un semplice cucchiaino.
Sara e Lorenzo, 25 anni. Facciamo base a Bologna ma la nostra casa è il mondo. La parte più bella di un viaggio è la condivisione, e The Travelization vuole essere la nostra community, dove ognuno può raccontare la sua avventura. Del viaggio in sé amiamo ogni aspetto: la partenza, quando abbiamo in corpo tutta l’adrenalina e la voglia di goderci al meglio l’esperienza; la permanenza, quando entriamo a contatto con la cultura del posto, ci immergiamo in una nuova realtà e assaggiamo la cucina tipica; e addirittura il ritorno, perché possiamo cominciare già a pensare a pianificare la prossima meta