Una petizione per salvare un’affascinante percorso nel cuore dell’Umbria

Nel cuore dell’Umbria scorre una dei percorsi più belli e affascinanti del Centro Italia, una via che si snoda tra antichi borghi e dolci colline affollate dal verde degli alberi. Si tratta della SS 317, il cui tratto che da Orvieto giunge a Marsciano è tanto amato da attrarre ogni anno migliaia di motociclisti e di appassionati di auto d’epoca, i quali scelgono questo percorso per una gita nel verde o per completare degnamente l’escursione di giornata in uno dei tanti siti naturalistici di cui il territorio è ricco. Tanti anche i ciclisti, che sul pendio trovano una palestra per allenarsi in vista di sfide con se stessi o con gli altri. Una risorsa preziosa, dunque, eppure anno dopo anno la strada è stata soggetta a un continuo deterioramento al quale le amministrazioni locali non sono ancora state in grado di porre rimedio.

Questo tratto di circa 50 chilometri attraversa il Monte Peglia, cima di 837 metri che porge il nome al Parco del Monte Peglia e della Selva di Meana. La lussureggiante composizione del parco è alimentata da diversi corsi d’acqua che dissetano gli ampi boschi di cerro, di lecci e di corbezzolo vegetano. Tra i fusti di queste piante si muovono il gatto selvatico, la martora, il falco pellegrino, il gufo reale, la salamandra pezzata e il cavedano etrusco.

Un’altra oasi verde, il Parco dei Sette Frati, dispone di numerose postazioni per grigliare carne e pesce nelle calde giornate estive. All’interno del parco si snoda un suggestivo percorso escursionistico che, attraversando il crinale del Monte Piatto e del Monte Acquasanta, apre scorci panoramici di incomparabile bellezza sui dolci rilievi del Monte Peglia e sul lago di Corbara.

Il grado di deterioramento più grave interessa il manto stradale tra il chilometro 12 e il chilometro 32, nel territorio del Comune di San Venanzo. Un danno tale da aver indotto la nascita del Comitato Petizione SS 317 che ha denunciato il pericolo rappresentato dal tratto della statale per gli utenti della strada e il danno arrecato al potenziale turistico dell’area. Il comitato ha realizzato un video per promuovere una petizione online per chiedere alla Regione Umbria di promuovere un intervento a livello europeo, nella speranza che eventuali fondi dell’Unione possano contribuire a ripristinare questa via così importante sia per la viabilità regionale che per le attività di cittadini e visitatori.

Dopo una prima denuncia del comitato sono stati intrapresi i lavori per riasfaltare 1,7 chilometri, ma per ripristinare completamente la strada occorre ancora molto impegno.

Foto di copertina: Orvieto, di Alex Berger

Salviamo le Cinque Terre dal turismo di massa

Cinque borghi sospesi tra cielo e mare, il blu delle acque che lambisce le forme dure e le ombre tratteggiate delle Alpi liguri. La bellezza delle Cinque Terre è stata decantata nel corso dei secoli da pittori e poeti, ma è stata la ferrovia ad aprire negli anni Cinquanta questo paradiso ligure al mondo, trasformando una comunità di contadini e pescatori in un territorio accogliente votato fortemente al turismo.

Come sempre un misto di manna e grandine, l’industria turistica ha riscattato un’area altrimenti rurale, relegata ad un ruolo marginale nell’evoluzione della penisola. La fioritura del settore ha portando con sé grandi opportunità ma anche notevoli rischi. Quando il mio amico Nicola Bordoni di Manarola – esperto escursionista e riferimento prezioso per tutti gli amanti delle attività nella natura – ha portato alla mia attenzione una petizione rivolta alle amministrazioni affinché pongano un freno ai danni che il turismo di massa sta arrecando al territorio, il minimo che potessi fare era dare voce a chi queste terre le ama con una passione generosa e incondizionata.

Le petizione in questione è stata avanzata non da qualcuno che sul Levante ligure ci è nato, ma da una persona che se ne è innamorata al punto da stravolgere la propria vita e farsi adottare da questo territorio unico e avvolgente. Lei si chiama Amy Inman, è californiana, e in Liguria ci è arrivata dopo la laurea in Comunicazione Interculturale grazie a un regalo dei genitori. “Se all’epoca avessero saputo che sarei finita qua non so se l’avrebbero fatto!”

Nelle Cinque Terre, per l’esattezza a Riomaggiore, oggi Amy si occupa di ricezione turistica con il marito – eh già… – e continua a trasmettere la sua passione anche tramite un blog, Cinque Terre Insider, dove non solo offre un’inedito punto di vista al pubblico internazionale, ma non si risparmia nemmeno per dibattere di tutte le contraddizioni che attanagliano quest’area così preziosa e delicata. Ed è così che è finita a sbattere contro il turismo di massa…

Ero stanca e stufa di stare seduta con le mani in mano e non fare nulla per provare a migliorare la situazione. La verità è che tutti si lamentavano del sovraffollamento, ma nessuno faceva qualcosa di concreto per tentare di cambiare le cose.”

La petizione è corredata da un video di Christine Godfrey – anche lei un’espatriata americana rinata nelle Cinque Terre – che evidenzia i disagi e l’impatto di un turismo convulso e disorganizzato. Sono infatti i grandi numeri, oltretutto legati ad una stagionalizzazione del mercato da cui la Liguria sembra non riuscire a emergere, che minacciano il prezioso ecosistema della Cinque Terre.

YouTube video

“Le Cinque Terre sono posti bellissimi ma anche piccolissimi – prosegue Amy – circondati da un territorio fragilissimo che rischia letteralmente di franare in mare. Non sono posti che possono sostenere due milioni di visitatori all’anno [in poche settimane], non se vogliamo conservarli per le generazioni future.”

La delicata conformazione dei sentieri da cui si gode dei memorabili paesaggi delle Cinque Terre richiede una cura costante e sono assolutamente attuali i casi di percorsi rimasti chiusi per mesi perché in seguito a frane o smottamenti non è stato possibile renderli nuovamente agibili con tempestività. Per spostarsi da un borgo all’altro i visitatori hanno a disposizione solo una linea ferroviaria su cui in estate i treni si muovono freneticamente per sostenere un carico di passeggeri ben al di là della loro portata. Una situazione che tende a peggiorare di anno in anno.

“Le infrastrutture disponibili non sono assolutamente adatte a numeri del genere. Per non parlare del fatto che manca completamente un senso di organizzazione complessiva e tutto è lasciato alla discrezione dei tour operator, un errore fatale per le Cinque Terre. L’anno scorso abbiamo visto qualche disagio, ma niente in confronto con quest’anno. Quest’anno i paesi erano diventati invivibili. Ci credi che ci sono momenti in cui non puoi camminare per strada a causa del sovraffollamento? O che hai paura a portare tuo figlio in treno perché temi che sarà schiacciato dalla folla?”

Secondo Amy e il gruppo di cui si fa portavoce, riuniti sotto il nome di Save Cinque Terre e attivi con una loro pagina anche su Facebook, di questo passo le Cinque Terre perderanno il fascino e le peculiarità naturali che ne hanno decretato il successo negli ultimi anni. Inoltre c’è un serio pericolo di abbandono dei borghi, dal momento che gli abitanti, asfissiati dai ritmi estivi e completamente abbandonati a se stessi nei mesi invernali, cercheranno posti più vivibili dove crescere i propri figli. “E poi cosa ci rimarrà? Mi vengono i brividi solo a pensarci…”

La questione è drammatica ma anche molto semplice: non è concepibile lasciare la gestione dei flussi turistici di un giardino meraviglioso e delicato come le Cinque Terre interamente alle agenzie turistiche, il cui scopo non può che essere il guadagno. È necessario che le amministrazioni – Regione Liguria, Provincia di La Spezia, i comuni di Monterosso, Vernazza e Riomaggiore, il Parco Nazionale delle Cinque Terre – si attivino concretamente per sviluppare un piano di lungo periodo. Occorre ovviamente valorizzare l’attrattiva turistica, ma senza che l’impatto dei visitatori danneggi irrimediabilmente il patrimonio naturale delle Cinque Terre. Al tempo stesso bisogna consentire agli abitanti del territorio di usufruire di opportunità economiche tangibili e di infrastrutture adeguate alle esigenze del vivere quotidiano.

Una petizione da sola non può certo rivelarsi la soluzione definitiva, ma speriamo che sia l’inizio di un percorso di sviluppo sostenibile e vantaggioso per tutti.