Il mio primo giorno in Uganda è stato un lungo trasferimento tra Kampala e il Murchinson National Park, con alcune soste intermedie. Questa giornata mi è servita per prendere un primo contatto con questo paese, con alcune sue usanze e anche con alcune sue problematiche.
Kampala, una volta riconosciuta come una delle città più belle e più vivaci di tutta l’Africa, si ritrovò nel 1986 – alla fine della dittatura – in totale rovina, sovrappopolata soprattutto a causa di tutti i rifugiati scappati dalle campagne circostanti. In questi trent’anni la città, nonostante conti ancora circa un milione e mezzo di abitanti, si è risollevata molto, per quanto resti molto evidente il problema del traffico smodato (da far sembrare la circolazione di Bangkok e Nuova Delhi scorrevole!) che rende praticamente impossibile il suo attraversamento nelle ore di punta.
Ma è uscendo dalla capitale che si prende contatto davvero con il paese e con la sua vita rurale. La strada che collega Kampala al Murchinson National Park è una delle poche asfaltate che abbiamo percorso durante il nostro viaggio, per cui è particolarmente rapida da percorrere. È quindi consigliabile non basare su questo tratto i tempi di percorrenza di quelli che saranno poi i successivi spostamenti caratterizzati invece da strade di terra rossa non asfaltate.
Sono state quindi le soste di questo tragitto a regalarmi le prime fotografie dell’Uganda: variopinti mercati a bordo strada dove le persone si affollano per fare la spesa, persone restie a farsi avvicinare – per non parlare poi del farsi fotografare – che ci scrutavano con sguardo un po’ diffidente, e bambini con divise sbiadite che uscivano dalle scuole per tornare a scorrazzare per le strade.
Circa a 170 chilometri da Kampala si trova lo Ziwa Rhino Sanctuary, diventata una sorta di tappa fissa per chi percorre questa strada. Si tratta di un’area naturale protetta, attiva dal 2005 e gestita dalla ONG Rhino Fund Uganda in collaborazione con la Uganda Wildlife Authority e Ziwa Ranchers.
Il santuario ha lo scopo di reintrodurre in Uganda i rinoceronti. Ed è proprio visitando questo posto che si viene a contatto stretto con uno dei primi esempi di devastazione naturale conseguente agli anni della dittatura, in cui il rispetto per gli animali e per la loro salvaguardia era uno dei tanti valori del tutto ignorati. Il bracconaggio, diventata pratica legalizzata, unita al grande valore economico che il corno del rinoceronte aveva acquisito a causa di sue presunte proprietà guaritrici presso la medicina asiatica, hanno fatto sì che le due razze autoctone, il rinoceronte bianco nordico e il rinoceronte nero orientale, si siano entrambe estinte nel 1982.
Sentire i ranger che ci hanno accompagnati durante la visita di questo parco raccontarci queste cose ha scatenato in me molta rabbia, quella rabbia che, per motivi diversi, l’Africa mi ha provocato più volte ma che non fa altro che legarmi in modo più stretto a questo continente.
Attualmente lo Ziwa Rhino Sanctuary è l’unica area dell’Uganda a ospitare rinoceronti allo stato selvatico. Il santuario ha un’area di 70 chilometri quadrati e ospita 15 esemplari di rinoceronte bianco meridionale, alcuni provenienti dal Kenya, altri prelevati da bioparchi situati in Florida.
È chiaro che la possibilità di vedere i rinoceronti così da vicino dipende proprio dal fatto che essi non vivono allo stato brado, ma in un‘area delimitata funzionale alla loro preservazione. Questo rende l’esperienza della visita forse un po’ finta perché si ha come l’impressione di entrare in un bioparco, ma il fatto stesso di sapere che i rinoceronti si trovano esattamente nel loro ambiente naturale e che il fine di questo posto è proprio quello di poter ripopolare l’Uganda con questo splendido animale, fa sì che sia una tappa da raccomandare, se non altro per sostenere economicamente questa nobile missione.
Foto di copertina: Ziwa Rhino Sanctuary, di Jurriaan Persyn
Vivo a Torino, città che amo profondamente, ma nonostante questo mio amore, spesso, sento l’esigenza di scappare lontano da lei per scoprire altri nuovi splendidi luoghi. Credo profondamente che anche viaggiare sia una forma d’arte e che più il viaggiatore sviluppa curiosità, fantasia e originalità, più saprà creare itinerari di viaggio meravigliosi.