Viaggio tra i Canyon in America occidentale 2

La prima parte del viaggio tra i Canyon dell’America Occidentale la trovate qui.

A Natale mi sono fatto regalare uno scanner per diapositive e così, quando ho caricato quelle del 1997, non ho resistito ai ricordi e li ho messi su carta, digitale ovviamente.

Dopo aver ammirato l’anfiteatro di Cedar Breaks, camminato nei cunicoli di Bryce Canyon e gironzolato per Capitol Reef oggi il parco più lontano e più atteso perché quella volta che siamo andati in America era il 1997 e io volevo vedere il Delicate Arch.

windows north arch

7. ARCHES

Com’è possibile? Io conosco solo l’Arco di Prada sulla Grigna e qui ce ne sono a decine, 2.000 dicono i soliti americani megalomani, ma andiamo con ordine. La prima sosta al Balanced Rock, un pietrone in cima alla sua colonna come un gigantesco stilita, pesa come quattro autobus dicono i soliti americani esagerati, ma come ha fatto a finire lassù? In fondo alla deviazione a destra ci sono il North Window, elegante, il South Window, un po’ tozzo, il Turret, pasticciato, forse è uno dei primi tentativi, e il Double Arch? magari non è bello ma dà  un’idea di forza incredibile, sembra un elefante, con due proboscidi? che c’entra, ha comunque la potenza di un elefante.

double arch

E il famoso Delicate Arch? calma, dopo. Avanti sulla strada principale, Sand Dune Arch, foto con figlie non entusiaste, Skyline Arch, bello e impossibile là in cima alla parete, e infine il Landscape Arch, più che bello, incredibile, sembra più piccolo del reale perché non ci si può avvicinare ma sono 88 metri di lunghezza, quasi come un campo da calcio ma solo 3 metri di diametro nel punto più sottile, insomma un miracolo di statica, non soffiare che può cadere!

Landscape Arch

Stanche? lo so ma ci aspetta il più bello, quanto c’è da camminare? non tanto –  bugiardo! In realtà è una sfacchinata lungo un sentiero tutto al sole su per rocce lisce, ma ne valeva la pena perché non delude le aspettative il Delicate Arch, il simbolo dello Utah, la silhouette dipinta su tutte le targhe dello stato: un grande arco di 180° di pietra rossa, e già questo è incredibile, in bilico con una gamba claudicante sul ciglio di un burrone, e questo vale il prezzo del biglietto, ma bisogna avere pazienza con il biker esibizionista che fa volteggi lì sotto (nel 1997 non era ancora proibito) e aspettare il tramonto quando le ombre scure salgono dalla valle e lui, il Delicate Arch, immobile sul suo trono, diventa il re luminoso di questo mondo di pietra, solo allora potrai scrivere “indimenticabile”!

Notte a Monticello, una via lattea infinita, mai vista così.

Delicate Arch
Delicate Arch

8. MONUMENT VALLEY

Una striscia d’asfalto che taglia come una spada la conca polverosa, in fondo le sagome di Ombre Rosse, siamo nella terra di Tex Willer ma in famiglia non fanno una piega, Navajos, Ute, Hopi, Apaches, non li conoscete? E Kit Carson? Visita non programmata, mi devo accontentare di una foto, la prossima volta devo organizzare meglio il giro.

MONUMENT VALLEY

Passiamo il Colorado sul Navajo Bridge, stiamo entrando nella terra degli Hualapai, gli alleati di Mefisto, ma che ve lo dico a fare… Nella piana ai piedi delle Vermilion Cliffs solo cactus e piante spinose, un cartello spiega che è in atto un tentativo di ripopolamento del Condor della California, specie in via di estinzione, l’anno scorso ne hanno rilasciati  tre, vederli sarebbe come vincere alla Lotteria di Capodanno (oggi sono più di cento nel Grand Canyon).

Notte a Kaibab, più freddo che ai Kolob Canyons.

grand canyon

9. GRAND CANYON

North Rim, come al solito non vedi niente fino a quando non sei sul bordo del baratro e poi? Sotto un cielo infinito l’orizzonte lontano è una linea azzurra che segue la curvatura della terra, solo un dentello la interrompe, la punta della Navajo Mountain, poi la parete sfocata del South Rim, una striscia di colori rugginosi sfiancati dalla distanza, e lo sguardo si perde in basso nelle vene della terra dove torrenti asciutti erodono la base di fortezze inespugnabili, torrioni rocciosi si allineano, si scontrano e si perdono nel vuoto, ripidi ghiaioni ai piedi di pareti dolomitiche, il Colorado è da qualche parte là in fondo, un panorama ipnotico a righe bianche e rosse stampato da una 3D difettosa, il Grand Canyon è troppo grande!

Notte a Kanab, bevuta troppa Coca Cola, difficile prendere sonno.

GRAND CANYON
GRAND CANYON

10. CORAL PINK SAND DUNES

Deviazione obbligatoria, si allunga un po’ ma ne vale la pena, sembra di essere al mare, si rotola e si scivola giù dalle dune di sabbia finissima, un paio di volte, troppa fatica a risalire, sabbia rosa nelle scarpe, nei capelli, nei vestiti e oltre ma le figlie sono contente, una dune buggy ronza su e giù per le dune come un insetto fastidioso, fiori rari dice un cartello ma non ho tempo per fotografare, Zion ci aspetta.

CORAL PINK SAND DUNES

11. ZION

Finalmente un parco come si deve, una valle boscosa col suo torrente canterino sovrastata da una sequenza di cime rocciose, cascatelle che scivolano lungo pareti verticali, una strada asfaltata e un’area picnic, noi ci fermiamo qui dice mia moglie a nome anche della figlia minore, noi saliamo là sopra, Angel’s Landing Trail dice un segnale, sicuri? e che ci vuole? Quello che da noi sarebbe un sentiero sassoso o, al massimo, una mulattiera, qui è una stradina lastricata come quelle dei condomini, in cima allo strappo una piazzola con signore paonazze in sandali a zeppa, bambini che imboccano con popcorn gli scoiattolini di fianco al cartello don’t feed the chipmunks, è questo l’Angel’s Landing?

No, il sentiero prosegue lungo una cresta sottile, cartello pericolo con l’omino che cade, se segui con lo sguardo le catene di sicurezza vedi appesi sul rosso delle rocce ragazzi con lo zaino, ragazze in short, papà con scarpe da tennis e figli di 8-10 anni con sandaletti, casco nessuno, corda di sicurezza nemmeno, decidiamo che non è il caso di proseguire, e che?! ci aspettano mogli e sorelle, a noi… Dall’orlo del pianoro lo spettacolo è comunque grandioso: il torrente che serpeggia nella valle, i pini verde cupo che risalgono fino ai piedi delle pareti rosse, la sfilata delle torri severe, tutto come sulle nostre Alpi, eppur si vede che siamo in America!

Notte al solito motel a Las Vegas, finalmente, mi pare di sentir mormorare.

angel's landing

12. LAS VEGAS

Mattinata a zonzo per alberghi e casinò, i commenti si sprecano, che belle le torri colorate del Disney Hotel dicono le figlie, che belle le fontane del Bellagio dice mia moglie, che americanata la piramide del Luxor dico io, ed è già ora di pranzo.

Formula all you can eat in un albergo che nessuno ricorda ma tutti ricordiamo la fila lungo le slot machine e la giovane badante che infila le monetine e aiuta il vecchio giapponese a tirare la leva, un passo una monetina tira la leva, un altro passo un’altra monetina tira la leva e avanti così fino al self service. Le tre donne tornano al tavolo ognuna con un piatto di melma colorata, ovvio, se metti il budino alla fragola sopra la torta di spinaci, ho capito che il colore era bello…

Di sera altro giro, visto eruttare il vulcano del Mirage e vista la tigre bianca addormentata ai piedi di una foresta di Rousseau il Doganiere, al Caesars Palace dopo i corridoi infiniti e le infinite slot machine sosta per necessità fisiologiche, vi aspetto qui. Un quarto d’ora, ci sarà la fila, mezz’ora, adesso entro a cercarle, e finalmente escono – dovresti vedere! C’è una specie di salone di bellezza più grande del nostro appartamento, specchi su tutta la parete, poltrone per sedersi e truccarsi, ci sono asciugamani, saponi, fazzoletti, un lampadario enorme, tutto gratis….

Così è finito il nostro viaggio quella volta che siamo andati in America.

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