Esistono negli Stati Uniti alcune città che sfuggono allo stereotipo della metropoli resa celebre dalla filmografia hollywoodiana, fatta di grattacieli che pullulano di impiegati indaffarati, sobborghi con le case allineate e i giardini aperti, autostrade a otto corsie per ogni senso di marcia inevitabilmente intasate dai pendolari.
La più famosa di esse è nientemeno che Washington DC, la città in cui vivo. Pur non essendo più antica (un termine comunque inappropriato qui in America) di molte altre città della costa orientale quali Boston o Philadelphia, conserva tratti storici molto peculiari che la rendono un esempio praticamente unico in questa nazione.
L’altezza massima degli edifici è stata fissata con una legge del 1910, tuttora in vigore, e questo rende impossibile la costruzione di grattacieli dall’indubbio effetto scenico ma sicuramente male inseriti nel contesto urbanistico della città. Anche le aree metropolitane che confinano con il nucleo originario della città e ne compongono l’estesa area metropolitana si sono adeguate a tale condizione e l’effetto complessivo è sicuramente gradevole.
Il nucleo più antico è il sobborgo di Georgetown, fondato nel 1751. Adagiato in maniera scenografica sul fiume Potomac, sembra ancora un angolo di Inghilterra settecentesca: ogni volta che passeggio per le vie strette e silenziose la domenica mattina e ammiro le antiche dimore borghesi dei coloni inglesi, la mia mente si abbandona ai pensieri più remoti.
Gli abitanti delle piccole case di legno, dipinte in colori tenui, sono fieri del loro borgo così caratteristico. Gli altri abitanti della capitale li considerano poco di più di moderni eremiti, senza riuscire a capire che cosa li spinga ad accettare così tante deviazioni dalla filosofia di vita nazionale fatta di parcheggi monumentali e centri commerciali.
Ma la zona più celebre della città è quella monumentale, progettata dall’architetto francese Pierre Charles L’Enfant alla fine del Settecento e incentrata sull’immenso rettangolo verde del National Mall, vero polmone verde della città, che si estende dal Lincoln Memorial fino al Campidoglio allargandosi al Tidal Basin da un lato e alla Casa Bianca dall’altro. Il quartiere offre il meglio di sé nelle giornate serene di primavera, quando al verde dei prati si sovrappone il rosa tenue degli alberi di ciliegio in fiore, dono della città di Tokio a suggello di imperitura amicizia. L’effetto complessivo è ammaliante, ma allo stesso tempo rilassante, soprattutto quando visto dal fiume Potomac.
I tantissimi monumenti che puntellano il National Mall, da quelli grandiosi quali il Washington Memorial e l’adiacente Reflecting Pool, fino a quelli più riservati, quasi nascosti nel verde degli alberi come il Vietnam Memorial, non sono corpi estranei ma risultano perfettamente integrati nel panorama complessivo. Eretti a imperitura memoria delle glorie nazionali, considerati quasi come luoghi di culto dagli americani che vi si recano in pellegrinaggio in rispettoso silenzio, aggiungono un’aura di solennità alla zona soprattutto quando la sera sono illuminati con luci tenui che invitano alla riflessione.
Di fronte al National Mall si aprono le immense arterie lungo le quali sono disposti, secondo un preciso ordine di importanza a partire dalla Casa Bianca, gli edifici che ospitano le amministrazioni dello stato federale e i musei della Fondazione Smithsonian. Impressionano per le dimensioni straordinarie e per il malcelato tentativo di creare un’atmosfera imperiale, utilizzando tutti gli elementi tipici dell’architettura dell’antica Roma. Una sorta di suggello della grandezza moderna di questo paese, quasi a volergli attribuire il compito di perpetrare i fasti dell’antichità latina, in netto contrasto con la sua assoluta propensione al futuro e alla modernità. Lo stesso Jefferson Memorial, imponente nel suo riflettersi nelle acque del Potomac, ricorda decisamente il Pantheon nelle sue forme.
Ma Washington DC non è solo questo. La città ha molti altri volti, a partire dagli interminabili viali alberati del quartiere delle ambasciate posto nella zona nord ovest della città, per arrivare agli innumerevoli parchi disseminati sull’intero territorio metropolitano, vere e proprie oasi di pace e silenzio nel mezzo delle arterie di una delle città più afflitte dalla piaga del traffico americano. Personalmente adoro immergermi nell’ombra del Rock Creek Park, adagiato lungo l’omonimo ruscello che si butta nel Potomac vicino a Georgetown, oppure rimanere inebriato dai profumi delle piante esotiche che trovo nei giardini monotematici del National Arboretum.
Infine Washington è una città davvero cosmopolita, un vero e proprio agglomerato transnazionale di razze, culture, suoni e sapori. Una città da vivere a tutto tondo, senza risparmiarsi nel visitarne gli angoli più remoti e nel godere delle sorprese che è in grado di offrire.
Viaggio per lavoro da quando sono giovane, ho sempre osservato la realtà che mi circonda e cercato di capirla. Scoprire luoghi, profumi, suoni e sensazioni e farli miei è sempre stata una mia prerogativa. Ora ho deciso di raccontarli.