Il genocidio cambogiano è avvenuto in un passato non troppo lontano (1975-1979) per mano dei Khmer Rossi, guidati da Pol Pot che, in quell’arco di tempo, si stima abbiano ucciso da 1,5 a 3 milioni di loro connazionali. Nonostante questo genocidio venga considerato un caso unico nella Storia dell’umanità per via dell’impatto complessivo che ha avuto sulla popolazione e delle sue proporzioni, in Occidente non viene trattato spesso. Mi è capitato d’incontrare più di un turista – o viaggiatore – che, arrivato qui, si è ritrovato a visitare uno dei luoghi di cui sotto, di solito il Museo del Genocidio a Phnom Penh, per rimanerne scioccato, perché non sapeva niente di quanto accaduto.
Questo articolo nasce proprio per guidarti fra alcuni dei luoghi che dovresti visitare durante il tuo viaggio in Cambogia, per capire meglio il genocidio. Penso anche che sia importante prepararsi, quindi sì a delle ricerche online (ad esempio, su YouTube si trovano diversi video) e a leggere libri o guardare films sull’argomento.
Fra i libri consiglio “Per primo hanno ucciso mio padre” di Loung Ung e “L’eliminazione” e “La carta non può avvolgere la brace” di Rithy Panh.
Per quanto riguarda i films, suggerisco “Per primo hanno ucciso mio padre”, ispirato all’omonimo libro di Loung Ung e diretto da Angelina Jolie (Netflix) e “Urla del silenzio” (The Killing Fields), diretto da Roland Joffé.
Il Museo del Genocidio a Phnom Penh
Il Museo del Genocidio (Tuol Sleng Museum – S21), situato nella capitale, Phnom Penh, è una tappa obbligata per i viaggiatori e uno dei 6 luoghi da visitare in Cambogia. Un tempo, l’edificio era una scuola superiore che, durante gli anni del regime dei Khmer Rossi, è stata trasformata in una prigione. I detenuti erano già condannati a morte a priori e costretti a scrivere la propria biografia. Questa serviva ai Khmer Rossi per rintracciare eventuali altri famigliari e ucciderli. Anche i bambini venivano ammazzati perché, una volta cresciuti, non cercassero di vendicare il genitore.
All’interno della prigione, i detenuti erano sottoposti a interrogatori e torture. Si stima che, fra queste mura, siano state uccise fra le 15 e le 20mila persone. È possibile fare la visita autonomamente, ma in tal caso è consigliabile prendere l’autoguida. La prima volta in cui ci sono andata, ho optato per una guida in carne e ossa, che mi ha raccontato delle storie sulla prigione, tuttavia non consiglio quest’opzione perché la guida andava molto di fretta. Invece, trovo che sia importante prendersi i propri tempi. È possibile entrare nelle celle, vedere le foto delle vittime, saperne di più sulle torture e, generalmente, anche incontrare gli ultimi due sopravvissuti ancora in vita.
L’ingresso costa 5 dollari a persona (audio guida esclusa).
Choueng Ek Killing Fields, Phnom Penh
Situati a circa 15 km dalla capitale, Phnom Penh, questi Killing Fields sono un’altra tappa obbligatoria per chi vuole capire meglio il genocidio ed è uno dei 6 luoghi da visitare in Cambogia. Io li ho visitati subito dopo il Museo del Genocidio e, ovviamente, se volete fare la stessa scelta, è bene sapere che bisogna essere emotivamente preparati per far fronte all’impatto emotivo di questo luogo, dopo quanto si è appreso al museo. I Khmer Rossi usavano questo posto per ammazzare i loro prigionieri, che solitamente aspettavano lì per 24 ore prima di essere, appunto, uccisi. È anche possibile vedere l’albero, diventato tristemente famoso perché i Khmer Rossi lo usavano per uccidere i bebè, sbattendo le loro testoline contro la corteccia, fino a ucciderli. Quello che mi ha colpita di più è lo stridio, o forse il bilancio, fra la bellezza della natura rigogliosa e il luogo di orrore. Nel camminare nel campo con l’erba di un verde accecante, infatti, passiamo accanto a numerose fosse comuni.
L’ingresso è di 6 dollari a persona.
Wat Thmey – i Killing Fields di Siem Reap
Solitamente, i viaggiatori si fermano a Siem Reap per il tempo necessario a visitare alcuni dei principali templi del complesso archeologico di Angkor Wat. Non molti, quindi, sanno che anche questa città ha i suoi Killing Fields. Essi sono facilmente raggiungibili dal centro e visitabili in autonomia. Una sezione è dedicata a una mostra che illustra le condizioni di vita nei Killing Fields e diversi metodi di tortura. Una stupa contenente teschi e pezzi di ossa delle vittime, fa capire l’impatto delle azioni dei Khmer Rossi. È anche possibile vedere un pozzo in cui sono state uccise diverse persone nonché i resti di alcune delle vittime (in un’altra zona rispetto alla stupa). Interessante anche la sezione dedicata alle testimonianze, che fornisce informazioni su Pol Pot e su altre persone che hanno giocato un ruolo cruciale fra i Khmer Rossi, nonché racconti di chi ha perso una o più persone care durante il genocidio.
L’ingresso costa 3 dollari a persona.
I Killing Fields e le Killing Caves di Battambang
Generalmente, Battambang è una cittadina che non viene inserita nell’itinerario del viaggiatore che ha poco tempo e vuole vedere i luoghi più noti della Cambogia. Tuttavia, la consiglio per scoprire un’altra faccia del Paese, essendo più rilassata rispetto a Phnom Penh ma anche a Siem Reap. Qui si trovano i Killing Fields e le Killing Caves due dei 6 luoghi da visitare in Cambogia.
I Killing Fields possono essere visitati in autonomia. È possibile vedere una pagoda nella quale sono state uccise numerose donne e dei bambini e poi osservare le incisioni sul monumento che raccontano dei vari metodi di uccisione e tortura a danno dei prigionieri. Le Killing Caves, come si evince dal nome, sono delle grotte diventate testimoni delle orribili gesta dei Khmer Rossi. È possibile arrampicarsi fin lì oppure usare la moto o, per chi non guida, salire in sella con un local al costo di circa 3 dollari. In questo modo, arriverai in cima senza dover faticare.
L’ingresso ai Killing Fields di Battambang è a donazione libera.
Bophana Center, Phnom Penh
Il Bophana Center è un centro audiovisivo, situato nella capitale, Phnom Penh, a cui chiunque può accedere liberamente per saperne di più sul passato della Cambogia. Qui, dunque, puoi apprendere informazioni sul passato, la Storia e le tradizioni del Paese tramite video e libri.
L’ingresso è gratuito.
Anlong Veng
Anlong Veng è una cittadina, ubicata a circa 125km a Nord di Siem Reap che, ancora più di Battambang, viene spesso ignorata dai turisti. Anlong Veng, tuttavia, ti permette di visitare alcuni dei luoghi collegati a Pol Pot e ad altre persone che hanno avuto un ruolo chiave nel genocidio cambogiano. Qui, infatti, puoi vedere il luogo dove Pol Pot è stato cremato e la guesthouse che apparteneva a Ta Mok (Fratello Numero 5), soprannominato “il macellaio.” Personalmente, non sono ancora stata ad Anlong Veng, ma chi ci è andato consiglia di recarsi lì solamente nella stagione secca e con un mezzo adeguato. In Cambogia, inoltre, ci sono ancora le mine antiuomo, quindi è importante non allontanarsi dai sentieri più battuti.
Conclusione
Che tu stia pianificando un viaggio di almeno un mese in Cambogia, o che tu abbia intenzione di fermarti nel Paese solo per una settimana o addirittura per qualche giorno, il mio consiglio è quello d’inserire la visita ad almeno uno dei 6 luoghi da visitare in Cambogia (se hai poco tempo a disposizione, consiglio il Museo del Genocidio e i Killing Fields di Phnom Penh).
Ho incontrato tante persone che hanno detto di non aver visitato nessuno luogo correlato al genocidio perché “è troppo doloroso, non ce la farei.” Ognuno, naturalmente, può compiere le proprie scelte, tuttavia penso che venire in Cambogia e ignorare a piè pari questa parte della Storia del Paese impedisce di comprenderne appieno anche la situazione attuale. Chiunque abbia superato i 48 anni, infatti, ha vissuto quegli anni orribili. Scoprirai che molti locals sono disposti a raccontarti la loro storia, o quella della loro famiglia, e spesso tirano in ballo l’argomento per primi, senza alcun problema. Consiglio, comunque, tatto ed empatia e di evitare di fare domande al riguardo se non si conosce bene la persona o se il contesto non lo richiede.
Infine, comprendere il passato ci permette di capire meglio il meraviglioso popolo Khmer che, nonostante gli orrori subiti e le problematiche che il periodo del regime dei Khmer Rossi ha lasciato – e di cui si vedono ancora le tracce – va avanti e sorride perché, “la gioia è il miglior antidoto all’orrore.”
Sono nata e cresciuta in un piccolo paesino della Toscana ma mi definisco da sempre una “cittadina del mondo”. A luglio 2022 ho lasciato definitivamente l’Italia per il sud-est asiatico, e mi sono fermata nella mia amata Cambogia, dove vivo tutt’0ra. Sono una scrittrice freelance con un focus sulle cause umanitarie e il mio scopo è viaggiare per il mondo per raccontare le storie di chi non ha voce.