Alla fine degli anni Sessanta Luis Barragán costruisce per la famiglia Egerstrom una casa con annessa scuderia e maneggio. Considerata l’opera più complessa dell’architetto quanto a ideazione ed al contempo la più semplice per gli elementi architettonici impiegati, il complesso Los Clubes formato da Casa Egerstrom, Cuadra San Cristobal e Fuente de los Amantes è situato nei sobborghi di Città del Messico e risponde alla particolare richiesta di Folke Egerstrom, che voleva praticare l’equitazione dove viveva.
In tutte le sue parti questa opera di Barragán ha la capacità di fare intrecciare spazi esterni e spazi interni non solo attraverso l’utilizzo di vetri, ma anche attraverso l’interazione tra luce e ombra, tra strutture coperte e scoperte tanto da rendere quasi indistinguibile il passaggio dall’uno all’altro.
Ogni spazio in questo paradiso lineare confluisce senza soluzione di continuità nel successivo, favorito da strutture astratte e dall’uso dell’acqua, che in questa maniera diventa un modo magistrale per aggiungere una superficie in continua evoluzione alle superfici immobili dei volumi. Per tutta la tenuta di 30.245 metri quadrati, fontane dai toni azzurro chiaro contrastano con la terracotta, i bianchi lucenti e i sorprendenti rosa delle pareti esterne.
La Fuente de los Amantes è considerata uno dei picchi dell’opera di Barragán, sintesi di una vita di contemplazione che mira a raggiungere l’astrazione pura. La fontana non è decorativa: in realtà è una piscina per i cavalli, tant’è che l’architetto disse che “la profondità dello stagno è calcolata per il passeggio del cavallo, perché l’acqua gli lambisca la pancia”. I muri all’ingresso creano uno spazio dove le superfici verticali sembrano scivolare fino a formare uno stagno alimentato dall’acqua sgorgante da un’estremità del muro rosso ruggine che nasconde alla vista la porta della scuderia.
A 80 metri circa dalla fontana ci sono le stalle, chiamate Cuadra San Cristóbal. L’acqua ed il colore delle mura che collegano i due progetti hanno un elevato carattere espressivo. La larghezza dei muri aggiunge profondità alle aperture e dei porticati proiettati verso il giardino, i cui colori contrastano con l’astrazione degli elementi. Sullo sfondo si eleva un muro più alto, rosa, marcato da due scanalature che in tal modo ne evidenziano la grama liscia, che ha la funzione di reggere la copertura di un pagliaio posteriore. Un ultimo muro, più lungo e basso , anch’esso rosa, delimita il cortile sul lato ovest e arriva alla casa, unendola così alle stalle, almeno concettualmente. Due grandi aperture simmetriche, di fronte alla piscina per i cavalli, completano lo spazio in cui si muovono i cavalli e conducono ad un piccolo cortile per gli esercizi ippici.
In queste costruzioni si riflettono le convinzioni animaliste dei proprietari: i cavalli devono vagare liberamente in tutto lo spazio, così come gli ospiti umani. Come una piscina più piccola è per le persone, così quella più grande è dedicata ai cavalli, situata vicino alla casa, perché gli animali possano essere ammirati da chi si trova all’interno della dimora.
La casa presenta una facciata cieca verso la strada, le cui uniche aperture sono le alte porte di legno. Nei suoi volumi è definita da una serie di piani di altezza diversa che celano una galleria su cui sono distribuiti gli spazi principali e che di fatto la divide in due blocchi principali. In uno, dal tetto basso e piano, ci sono le tre camere da letto; nell’altro la sala da pranzo, la cucina ed il soggiorno, che si collega attraverso una piccola porta laterale con un cortile quadrato racchiuso da alte mura su tre lati, e sul quarto aperto verso il giardino, la fontana e le stalle. Ciascuno dei lati della casa gode di viste diverse con colori e ambienti luminosi.
Tramite un portico alla fine del quale si trova uno spogliatoio per i bagnanti, dal giardino si arriva alla piscina, semicoperta da una struttura che penetra dentro l’acqua. L’acqua, in altre opere utilizzata come specchio o riflesso, qui cade, corre e riempie diventando soggetto vivo della composizione spaziale e cromatica.
Un po’ toscano, un po’ lombardo, viaggio molto ma i letti sono sempre troppo corti per me. Da piccolo giocavo con le costruzioni e da grande mi sono innamorato delle linee armoniche dell’architettura classica. La dimensione del viaggio per me è un’esperienza prima che fisica conoscitiva perché seguendo la strada battuta da Polo, Chatwin, e Rumiz credo che la consapevolezza di ciò che si guarda è il primo passo per comprenderne la bellezza.