Le città sono come organismi viventi, che mutano e si evolvono, ed in questi processi nuovi edifici prendono il posto dei vecchi. In taluni casi, però, gli edifici distrutti vengono ricostruiti “come erano e dov’erano”, scelta dovuta il più delle volte a motivi ideologici.
Vilnius, capitale della Lituania, è una bellissima città il cui centro storico è stato inserito dall’UNESCO tra i Patrimoni Mondiali dell’Umanità. Dove qualche anno fa c’era una grande piazza oggi c’è un grande palazzo rinascimentale. Il centro della città è sorto intorno alla collina del castello, un insieme di edifici costruiti in varie epoche. Del Castello Superiore, formatosi completamente intorno al XIV secolo, assediato molteplici volte nei secoli e definitivamente abbandonato intorno al XVI secolo, resta solo la Torre di Gediminas, un torrione basso e tozzo del 1409. In quanto più antico edificio del centro formativo della città, ha un grandissimo valore simbolico ed affettivo per i lituani: qui fu issata per la prima volta nel 1988 l’antica bandiera tricolore simbolo dell’indipendenza, dando il via al processo che avrebbe portato la Lituania libera dal giogo dell’Unione Sovietica.
Alla base di questa collina è sorto quello che si identifica come Castelo Inferiore, reso residenza ufficiale del sovrano dal granduca Alessandro Jagellone (1492-1506) che iniziò la costruzione di una residenza in stile rinascimentale, distrutta dall’incendio nel 1530. La granduchessa Bona Sforza, figlia del duca di Milano, fece arrivare l’architetto Bartolomeo Berrecci da Pontassieve che si dedicò alla ricostruzione del palazzo assieme ad un altro artista italiano, Bernardino Zanobi de Gianotis. Negli anni seguenti molti altri architetti e scultori italiani avrebbero lavorato nel cantiere. Dopo un incendio nel 1610, il palazzo fu ricostruito in stile manierista del Nord a cui si aggiunsero elementi tipici del barocco italiano per la presenza dell’architetto italiano, Costante Tencalla, che aveva lavorato in precedenza con Carlo Maderno, autore della facciata di San Pietro.
Nel 1655 l’esercito russo occupò la capitale della Lituania ed il palazzo divenne una caserma per le truppe: gravissimi danni riportò nel 1661 quando ne furono scacciate. Le magre risorse finanziarie dello stato impedirono la ricostruzione e piano piano il complesso andò in rovina, fino al punto che si permise alla popolazione cittadina di occuparlo per viverci. Entrata la Lituania a far parte dell’impero russo nel 1795, venne attuata una politica tesa a distruggere tutti i segni della precedente indipendenza: dal 1799 al 1801 l’amministrazione russa demolì i pochi muri ancora in piedi. Nel 1831, in seguito ad una ribellione, i funzionari zaristi tentarono di demolire le fondamenta del palazzo e poi eressero sulla collina una caserma.
Nel 2001 il Parlamento lituano ed il governo nazionale hanno deciso che il Palazzo dei Granduchi di Lituania sarebbe stato ripristinato. Gli storici contrari all’opera di ricostruzione hanno portato molti argomenti per sostenere le loro tesi. Hanno sostenuto che la ricostruzione del Palazzo va a distruggere il paesaggio urbano formatosi nel corso degli ultimi due secoli. La Cattedrale di Vilnius (innalzata tra il 1779 ed il 1783) è in parte oscurata dalla mole dell’edificio, e così anche la visuale della Torre di Gediminas è limitata. A questo si aggiunge che nella ricostruzione sono stati utilizzati materiali e tecnologie sconosciute al momento della costruzione originale. Infine l’intera operazione è stata finanziata dallo Stato, mentre molti edifici storici autentici sono in condizioni critiche.
Oggi è sede del Museo Nazionale, fondato nel 2009 per raccogliere e conservare i reperti legati alla storia e il patrimonio culturale del Granducato di Lituania e dei suoi sovrani, in particolar modo le ricche collezioni di importanti reperti archeologici ed arti decorative. Attualmente nel Palazzo sono previsti due percorsi, direttamente connessi con le funzioni storiche di questa residenza. Il primo mostra lo sviluppo storico e architettonico utilizzando modelli e materiali iconografici e visitando le antiche rovine ancora esistenti e i manufatti scavati in loco. Il secondo percorso porta i visitatori nelle sale cerimoniali, che sono state ricostruite in modo tale da mostrare l’evoluzione degli stili architettonici, dal Tardo Gotico al Rinascimento al primo Barocco, e si conclude presso la Sala del Tesoro.
Quando la ricostruzione sarà terminato e la nuova ala dell’edificio sarà pronta saranno disponibili altri due percorsi. Uno, dedicato alla vita musicale e di tutti i giorni del palazzo, sarà caratterizzato da una sala polivalente per concerti, rappresentazioni teatrali, mostre, e programmi educativi. L’altro condurrà i visitatori attraverso il centro per le esposizioni temporanee.
Il senso di tutta questa operazione è chiaro dalle parole di Vydas Dolinskas, direttore del Museo Nazionale – Palazzo dei Granduchi di Lituania: “Fino a quando abbiamo avuto solo i resti del Castello di Gediminas sulla collina, nessuna ha mai dato molto credito alla nostra antica tradizione statale. Ora, però, nessuno potrà dubitare cosa è stata la Lituania negli ultimi sette secoli. […] In Europa, non è ancora una cosa ovvia che noi non dobbiamo essere visti come parte della Scandinavia o dell’Europa Orientale. Non siamo né Mosca né Stoccolma. La nostra storia, il patrimonio, il carattere nazionale e sensibilità sono state plasmate dalla tradizione barocca cattolica dell’Europa centrale.”
Museo Nazionale – Palazzo dei Granduchi di Lituania
Orari: dal martedí al venerdí dalle ore 11.00 fino alle ore 18.00; sabato, domenica e prefestivi dalle ore 11.00 fino alle ore 16.00; chiuso il lunedí e per le feste nazionali.
Un po’ toscano, un po’ lombardo, viaggio molto ma i letti sono sempre troppo corti per me. Da piccolo giocavo con le costruzioni e da grande mi sono innamorato delle linee armoniche dell’architettura classica. La dimensione del viaggio per me è un’esperienza prima che fisica conoscitiva perché seguendo la strada battuta da Polo, Chatwin, e Rumiz credo che la consapevolezza di ciò che si guarda è il primo passo per comprenderne la bellezza.