Fondatore e autore di NonSoloTuristi.it e ThinkingNomads.com.
110 nazioni visitate in 5 continenti. Negli ultimi 6 anni in viaggio per il mondo con Felicity e le nostre due bambine. Instagram @viaggiatori
Sono passati tanti anni ormai ma mi è sembrato di averla salutata per l’ultima volta solo qualche giorno fa. Il mare è talmente calmo da rispecchiare il cielo azzurro ed i gabbiani che volteggiano sopra di me mentre respiro a pieni polmoni l’aria salmastra che mi riporta indietro nel tempo.
Avevo sedici anni quando mio padre decise di comprare una casa all’isola d’Elba. Dopo varie ricerche e valutazioni, si decise di prendere quella con la vista più bella. Scendendo dalla strada del Colle Reciso sulla destra c’è la collina che affaccia sui golfi di Lacona e Stella. Avvolta dal profumo della macchia mediterranea circostante, mi piaceva stare in giardino ad ammirare il mare e l’isola di Montecristo che, nelle giornate limpide, sembrava talmente vicina da poter essere raggiunta a nuoto. Per dieci anni, fino a quando la natura nomade della nostra famiglia non ha preso definitivamente il sopravvento, ho potuto approfittare di quel paradiso in ogni stagione dell’anno godendo del clima sempre piacevole.
Dopo molto tempo sono riapprodata all’Elba grazie all’iniziativa Lacona Experience. Ospitata all’Hotel Lacona ho potuto vedere la zona da un diverso punto di vista, quello del turista. Non ho mai frequentato gli alberghi della zona ma devo dire di essere capitata bene. Ambiente elegante e curato ma informale a due passi dalla spiaggia.
Pensavo che dopo tanto tempo sarei rimasta delusa da nuove costruzioni o alterazioni dell’ambiente. Invece, poco è cambiato. I negozi, i bar, i ristoranti si sono certo rinnovati ma sono rimasti gli stessi e, soprattutto, le attività commerciali erano aperte nonostante la stagione turistica fosse solo all’inizio. Tutto era familiare e le strade sembrava di averle percorse da poco, che bella sensazione.
Il week end è trascorso all’insegna del relax ai Bagni Lacona, di cui ricordo avevamo nel giardino di casa un lettino da spiaggia dismesso e rimesso a nuovo da papà, e della degustazione dei vini alla cantina Mazzarri. L’Aleatico è una peculiarità elbana. Questo vino nobile e raro ha caratteristiche uniche e speciali che derivano dall’appassimento dell’uva sulla pianta ed è un prodotto a cui dedicherò presto più attenzione. Non ricordo dove lo comprassimo all’epoca ma quello di Mazzarri è degno di nota e non da meno è il passito, degustato con i formaggi.
Spesso, quando trascorrevo i mesi estivi qui, frequentavo spiagge piccole e difficilmente raggiungibili, la spiaggia di Lacona la ammiravo più che altro dall’alto della mia casa . Rivederla a maggio, però, me l’ha fatta apprezzare per l’acqua limpida, la sabbia pulita ed i fondali vivacemente abitati, ammirati da un kayak. Un’ora circa, accompagnati da Ruggero de il Viottolo, alla scoperta delle praterie di Posidonia, che non è un’alga ma una pianta con radici e fiori, dei gabbiani reali, dei cormorani e delle mille sfumature d’azzurro che ci circondano mentre navighiamo silenziosi intorno a Punta della Contessa. Non avevo mai guardato l’Elba e Lacona dal mare e devo ammettere che, da qualsiasi punto di vista la si veda, è sempre meravigliosa.
Con orgoglio riporto la notizia della partenza a piedi del parroco Don Camillo, da Cene (Bg) a Santiago de Compostela: niente di particolare se non il fatto che il prete in questione sia dello stesso paese di cui sono originario. Tra le altre cose il giorno della partenza sia io che Felicity eravamo presenti fuori dalla parrocchia per salutarlo ed augurargli un buon viaggio. Pur essendo un pellegrinaggio, e’ pur sempre un’avvenura, degna di fare parte di nonsoloturisti.it.
È partito lunedi 11 luglio alle 9 di mattina da Cene (Bg) don Camillo Brescianini, parroco di Cene, per un pellegrinaggio religioso che avrà come meta Santiago de Compostela in Spagna.
Don Camillo percorrera’ 2.100 chilometri in 60 tappe a una media di 45 chilometri per tappa; si fermerà per due giorni anche a Lourdes, dove celebrerà una Messa trasmessa sul canale satellitare tv2000. Il ritorno e’ previsto per il 6 settembre 2011, dopo un mese e 27 giorni di cammino.
Don Camillo e’ accompagnato da altre 3 persone che, con lui, completeranno l’intero cammino; avranno l’appoggio logistico di un camper, sul quale potranno cambiarsi, riposarsi e mangiare al termine di ogni giornata.
A Santiago si fermeranno per alcuni giorni, per riprendersi dalle fatiche del viaggio, e quindi inizieranno il viaggio di ritorno, questa volta in camper.
Gia’ nel 2005 Don Camillo aveva percorso a piedi il tragitto che separa Cene (Bg) a Fatima.
Notizie in tempo reale su questo pellegrinaggio saranno disponibili nei prossimi giorni.
Questa settimana vi proponiamo il Festival di San Fermin, in Spagna: un’occasione da non perdere per adrenalina e forti emozioni.
A Pamplona ha preso il via il 6 luglio il festival di San Fermin, l’evento più atteso dell’anno dagli spagnoli e dalle migliaia di turisti che ogni anno, per nove giorni, si danno appuntamento nella cittadina della Navarra per assistere alla corsa dei tori (el encierro) per le vie della città.
Una festa rimasta anche nella letteratura più celebre, se si pensa che Hemingway ne raccontò nel suo noto romanzo Fiesta.
Maglietta e pantaloni bianchi e un fazzoletto rosso sono d’obbligo in quest’occasione, soprattutto se si vuole essere parte dell’onda rossa che sfida i tori; per il resto la voglia di festa, di allegria e di scoprire gli usi, i costumi e i sapori tipici della Spagna renderanno il momento indimenticabile.
L’ inaugurazione della manifestazione avviene con il chupinazo, ossia il lancio, dal balcone del Municipio, di un razzo che apre ufficialmente la settimana di festeggiamenti: a mezzogiorno in punto nella Plaza de Ayuntamiento si sente lo sparo dei tre mortaretti e, come tradizione, il Sindaco attraversa la folla che festeggia con champagne, farina e cacao. Una vera bolgia!
Si fanno amicizie e ci si lascia andare al clima di divertimento puro che ingloba la città, i suoi abitanti, i turisti.
L’evento più atteso e noto è senza dubbio la corsa dei tori, o meglio l’encierro: I tori vengono liberati e fatti correre lungo lo storico tragitto cittadino, che si apre tra vecchie case e antichi muri.
E qui arriva il bello: si può decidere di partecipare attivamente all’encierro praticamente entrando in strada e facendosi rincorrere dai tori cercando di correre piu’ forte di loro e sopratutto evitando di essere colpiti, sapendo di avere alle spalle bestioni cornuti di 600 kg l’uno. L’opzione piu’ sicura per assistere alle celebrazioni e quella di seguire la festa come spettatori, ai bordi delle strade o sui balconi.
Nel pomeriggio i tori vengono portati all’arena per la corrida! La sera la festa continua nelle strade e nelle piazze con musica, concerti e fuochi d’artificio.
Da segnalare l’unico momento di calma e spiritualità della manifestazione: il giorno 7, di mattina, c’è la Processione di San Fermin con la statua del santo che viene trasportata per le vie del centro storico di Pamplona.
L’ultimo giorno, tutti davanti nella Plaza de Ayuntamiento per il Pombre de mi, la cerimonia finale del festival e per iniziare allo stesso tempo il conto alla rovescia del San Fermin successivo. > Dove dormire a Pamplona
In questa mini serie, racconteremo la nostra avventura nel cuore delle giungla colombiana, un viaggio alla scoperta della Ciudad Perdida e delle sue bellezza. E’ un racconto di avventura ma anche di emozioni e sentimenti, amicizia e rispetto, sudore e fatica…
Prima Parte
La Ciudad Perdida (traducibile in “Città perduta”) è il sito archeologico dove sorgeva un tempo una città antica, nella Sierra Nevada, in Colombia. Si crede che fosse stata fondata attorno all’800, circa 650 anni prima di Machu Picchu. La Ciudad Perdida venne scoperta nel 1972, quando un gruppo di saccheggiatori di tesori trovarono una serie di gradini di pietra che portavano verso la montagna; seguendo il percorso trovarono una città abbandonata, che essi chiamarono “Inferno verde”.
E’ vero che Ryanair ha rivoluzionato il modo di viaggiare, dando la possibilita’ a tutti di volare a prezzi accessibili, ma e’ anche vero che sta esagerando nel modo in cui cerca in ogni modo di “spillare” denaro ad ingenui o disattenti clienti.
L’Autorita’ Antitrust ha comminato una sanzione da oltre 500 mila euro nei confronti di Ryanair per pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori.
Sale cosi’ a sette il numero delle compagnie sanzionate, per un totale di quasi un milione di euro. Oltre ad Alitalia, Blu express, Germanwings ed Air Italy sono state multate anche Wizz Air e Easyjet.
Nel mirino dell’Autorita’, si legge in una nota, l’ingannevolezza, la scarsa trasparenza, l’inadeguatezza e, in alcuni casi, addirittura la carenza di informazioni relative ai prezzi dei biglietti, che vengono presentati al mercato senza indicare alcuni costi che vengono successivamente aggiunti al momento del pagamento con carta di credito pur essendo prevedibili ed inevitabili.
Cinque, in particolare, le pratiche contestate a Ryanair:
ingannevolezza dei messaggi pubblicitari diffusi a mezzo stampa o sul web che prospettano offerte risultate “introvabili” dagli utenti (sanzione di 110.000 euro);
mancata indicazione nella tariffa offerta dei costi aggiuntivi (sanzione di 220.000 euro);
difficolta’ o, addirittura impossibilita’, da parte degli utenti di ottenere assistenza post-vendita(sanzione di 90.000 euro);
pubblicazione delle condizioni generali di trasporto e delle informazioni rivolte ai consumatori italiani in lingua inglese (sanzione di 27.500 euro);
ingiustificati esborsi aggiuntivi nel caso di richiesta di variazioni di date, orari, nome dei passeggeri e tratte di volo o di riemissione della carta di imbarco in aeroporto (sanzione di 55.000 euro).
Nei mesi scorsi erano state sanzionate Alitalia (105.000 euro), Blu express (75.000 euro), Air Italy (55.000 euro), Germanwings (50.000 euro), Wizz Air (55.000 euro) e Easyjet (120.000 euro) per complessivi 962.050 euro.
Quella che segue e’ la straordinaria avventura di Paolo, di sua moglie Juliet e dei loro 3 figli: dalle montagne del Trentino alle spiagge delle Filippine, in un racconto ricco di emozioni, sentimenti, determinazione e desiderio di trovare la giusta dimensione.
Introduzione:
Mi chiamo Paolo, 43 anni originario di Trento, sposato con Juliet, filippina di 41 anni. Lei non aveva ancora vent’anni quando entro’ in casa mia, nel piccolo paese di una valle trentina, casualmente. Era appena arrivata dall’Asia e lavorava come baby sitter assieme a mia cugina, a casa di un professionista, in centro citta’.
Convivemmo a lungo e poi ci sposammo, sempre ostacolati da chi diceva che non avrebbe funzionato. Oggi abbiamo 3 figli: Gieselle {20}, Kristian {13} e Thomas {6}, i testimoni viventi che le cose hanno funzionato e continueranno a funzionare.
In passato ho lavorato in proprio {ditta artigiana nel settore legno} per molti anni, anni in cui ho raggiunto discreti guadagni e tante soddisfazioni.
Un bel giorno pero’ ho deciso comunque che dovevo cambiare qualcosa nella mia vita. Avevo capito che essere un buon marito ed un buon padre non significava solo portare soldi a casa, perche’ stavo sacrificando i sentimenti e i rapporti famigliari… non poteva essere l’unica via per vivere.
Nel 2002 percio’ chiusi la ditta, stanco di fare 12/14 ore al giorno sabato compreso, per poi dedicare la domenica a preventivi e fatture. Juliet che non era mai stata da meno {lavorava fuori casa fino al primo pomeriggio e poi badava alla casa e ai figli} accetto’ di buon grado, conosceva e condivideva la scelta che da li’ a qualche anno avremmo intrapreso.
I ragazzi intanto passavano le giornate tra scuola/asilo e casa ed io che avevo vissuto un adolescenza allegra e vitale, sempre in strada a giocare, mi intristivo nel vederli in gabbia nell’eta’ piu’ spensierata della vita. Ma volevo ad ogni costo dar loro la liberta’ e la gioia che avevo avuto io da bambino; ci sarei riuscito, dovevano avere solo ancora un po’ di pazienza.
Trovai un lavoro e a 34 anni ricevetti la prima busta paga della mia vita: 1300 euro inclusi gli assegni famigliari, in proporzione al costo della vita non avevo mai guadagnato cosi’ poco, neppure a vent’anni. Restai a lavorare nello stesso posto per 3 lunghissimi anni, ogni giorno pensando a quando me ne sarei andato “a quel Paese”.
Tre anni dopo la mia prima busta paga eravamo tutti su un aereo destinazione Filippine a tempo indeterminato, anche il piccolissimo Thomas ultimo arrivato e senz’altro il piu’ desiderato tra i nostri figli.
Venivamo su queste isole quasi ogni anno dal lontano 1990, ma da turisti era assai diverso. Passammo quindi, con un autonomia economica limitata, diversi mesi nell’incertezza piu’ totale. In realta’ vi era una unica strada: avevamo diverse proprieta’ in campagna che volevamo vendere, cosi’ dopo l’oblio ci rimboccammo le maniche e le cose cominciarono ad andare meglio.
Vendemmo alcune delle proprieta’ a dei filippini e reinvestimmo i guadagni in altre terre sulla spiaggia. Da cosa nasce cosa e nel 2007 comincia l’avventura di spiaggefilippine.com il nostro sito. Altre vendite ci permisero poi di acquistare altre proprieta’, sempre piu’ interessanti.
Nel 2008 costruimmo la nostra prima beach house che vendemmo rapidamente e fu questo un nuovo scalino superato che ci diede modo di vedere nuovi orizzonti, promuovere nuovi investimenti ed aprire altre attivita’; il tutto mai guidato dalla voglia di arricchirsi ma dalla volonta’ di fare, spesso dall’istinto, anzi .. dal piacere di seguire l’istinto.
Raccontare come viviamo oggi non e’ semplice: abbiamo un resort in costruzione a Palawan, altre attivita’ e comunque molto tempo libero. Viaggiamo molto spesso, aereo, barche, traghetti e auto, per lavoro e per passione. Viviamo a volte come Robinson Crusoe, navigando tra le isole, mangiando pesce cotto in spiaggia sulla brace e lavandoci nei fiumi, per poi in poche ore ritrovarci a fare shopping nei lussuosi negozi della capitale.
Non viviamo in un posto fisso avendo 5 case in 4 diverse province e l’unico freno a questo nostro nomadismo stanziale {in fondo pur girando molto andiamo raramente all’estero} e’ la scuola dei nostri figli. Questo e’, questo eravamo ed oggi questi siamo.
Abbiamo passato molte difficolta’ durante la nostra vita fino ad ora, ma le abbiamo sempre superate uniti. Vi sarebbero tanti di quegli episodi da raccontare, da scriverci un libro {non fosse che mi spaventa, e’ come tirare la somma della propria esistenza e penso sia sempre troppo presto}. La cosa davvero importante, che forse puo’ essere una testimonianza utile ad altri, e’ che se noi siamo riusciti a raggiungere sempre i nostri obiettivi, lo dobbiamo a scelte della nostra vita mai indirizzate verso la via piu’ breve o piu’ comoda; inoltre abbiamo sempre accettato le nostre responsabilita’ riconoscendo in esse il carburante per crescere e migliorare.
In poche parole, abbiamo preso in mano le redini della nostra vita e ne siamo diventati i padroni, non certo per potercene poi vantare, ma perche’ e’ nel nostro DNA, non sapremmo vivere diversamente. Auguro a tutti di saper fare altrettanto, di saper prendere le decisioni importanti per la propria vita senza subirle o delegarle ad altri per poi poter avere qualcuno da incolpare in caso di fallimento. Meglio cadere e da soli imparare a curarsi le ferite. Chi non e’ mai caduto spesso non ha neanche mai provato a camminare.
1) Quando hai deciso di “cambiare vita” lasciando l’Italia?
R) Il primissimo pensiero mi ha sfiorato a vent’anni, mentre guardavo dei ragazzi tedeschi terminare i lavori per l’apertura del loro bar su una spiaggia tailandese. Ma me ne sono definitivamente convinto nel 2001. Ho pero’ dovuto aspettare 4 anni per riuscire a mettere in pratica il trasferimento {spostarsi in 5 non e’ stato semplice}.
2) Hai viaggiato molto prima di prendere la decisione finale e stabilirti nelle Filippine?
R) Ho viaggiato abbastanza, sopratutto fino ai 22 anni, poi la famiglia ed i figli hanno limitato le mie scorribande. Usa, Uk e Irlanda, Tunisia, Tailandia, Grecia, Jugoslavia {quando era ancora tale}, e diversi altri paesi europei. Se non avessi mai viaggiato non avrei mai potuto nemmeno immaginare di andare a vivere altrove.
3) Perché’ hai scelto proprio le Filippine come tua nuova casa e non un’altro paese come la Tailandia per esempio?
R) Conoscevo bene il Paese dal 1990 per le innumerevoli visite ai parenti e vacanze. Aveva le qualita’ che cercavo, la situazione sanitaria, economica e sociale erano nettamente migliorate in particolare dal ’98 ed era quindi diventato un Paese in cui ci si poteva vivere bene.
Piccolo chiarimento. Uno degli errori che spesso si fanno e’ quello di paragonare o ritenere simili i Paesi in quest’area del mondo. Malesia, Tailandia, Filippine, sono simili quanto lo possono essere Russia, Svezia e Italia. A parte gli occhi a mandorla ed il riso come cibo comune, per il resto non vi e’ alcuna similitudine. Sono Paesi diversi politicamente, per lingua, moneta, cultura e tradizioni, cucina, religione. Questa e’ una puntualizzazione che va’ fatta.
A parte cio’ le Filippine oltre ad essere l’unico Paese asiatico a maggioranza cattolica {che e’ assolutamente un punto di contatto importante anche culturalmente tra noi e loro} e’ la quinta nazione al mondo per estensione delle coste, ben 36.000 km di spiagge tropicali. Una linea costiera quindi piu’ lunga di quella degli Usa, della Cina, del Brasile e addirittura dell’Australia; a livello tropicale seconda solo all’Indonesia.
4) Nelle Filippine avete una attività’: in cosa consiste?
R) In realta’ abbiamo piu’ d’una attivita’: affittiamo barche ai turisti ad esempio, e tra qualche mese apriremo un nostro resort, ma in particolare da sempre forniamo assistenza a chi si vuole trasferirsi dall’Italia, a chi cerca una proprieta’ ed una attivita’ per vivere qui o anche solo una casa vacanza per starci qualche mese all’anno.
Con il nostro sito spiaggefilippine.com oltre a proporre proprieta’ frontemare, resort, spiagge e intere isole, mettiamo al servizio di chi acquista la nostra assistenza per un anno a 360 gradi, che va’ dall’ottenimento del visto permanente alla progettazione e permessi per costruire, dallo svolgere le pratiche di apertura di societa’ e attivita’ allo sdoganamento di container, dall’ottenimento della patente filippina, alla scelta del personale qualificato per il lavoro o per le pulizie domestiche, e molto molto altro.
In pratica offriamo un anno di appoggio post-acquisto { un servizio nel suo genere unico al mondo } per sciogliere tutti i nodi burocratici e non che s’incontrano nel primo periodo, il tutto gia’ incluso nei prezzi di vendita delle nostre proprieta’. Un traghettamento in totale sicurezza che include un bagaglio di informazioni e conoscenze per saper entrare in contatto nel modo migliore con questo popolo ospitale ed orgoglioso.
Un sistema personalizzato e su misura per ognuno, per cambiare vita in tutto relax, senza rischi, senza errori e senza stress. Perche’ cambiare deve voler significare certezza di migliorare le proprie condizioni di vita, non giocarsele mettendo a repentaglio tutta la propria esistenza futura.
5) Quale e’ stato il momento più’ difficile da quando siete partiti? e il momento più’ bello?
R) I primi mesi sono stati difficili, tra gioia incoscente della nuova condizione mista all’incertezza piu’ totale sul cosa fare. La domanda che ci veniva mentre a Manila guardavamo giocare i nostri figli era; ” …e adesso, che si fa?”. Mi sentivo come chi si trova in un enorme parcheggio vuoto e non sa dove mettere la propria auto. Una sensazione non bella se si ha con se un intera famiglia. Ma il sale della vita e’ anche in quei momenti in cui ci si sente un equilibrista. Da li’ esce la concentrazione profonda che permette di trovare sempre la soluzione.
Non c’era Spiaggefilippine allora ad aiutarci. Ecco perche’ e’ nato il sito, per evitare ad altri le traversie che ben conosciamo e dar loro da subito una direzione precisa. I momenti belli sono stati tanti, praticamente tutti quelli seguiti a quel primo periodo. Il piu’ bello in assoluto e’ bene augurarsi che debba ancora arrivare.
6) Cosa vi piace di più della vostra nuova vita nelle Filippine?
R) La liberta’ nel senso piu’ completo del termine. Un po’ come trovarsi di nuovo nell’enorme parcheggio vuoto, ma non avere dubbi sul dove mettere l’auto. Mille porte aperte per mille orizzonti nuovi e diversi. Ad ogni progetto che realizziamo se ne schiudono numerosi altri, tutti validi.
Aggiungerei un altra cosa; la piena consapevolezza dell’ incertezza del vivere, che in occidente manca completamente e ammette una dose di fatalismo necessaria, che permette di non sopravvalutarsi come uomini, di trovare il senso vero delle cose, di far affidamento solo sul passato e al limite sul presente, di godersi ogni attimo.
7) Cosa vi manca di più’ dell’Italia? Pensate di ritornarci un giorno?
R) Personalmente l’unica cosa di cui ho un minimo di nostalgia sono le mie montagne trentine, per il resto cibo italiano volendo si trova anche qui. Non abbiamo intenzione di far ritorno in Italia se non da turisti, per far vedere il Paese di nascita ai nostri ragazzi {il piu’ piccolo non lo ha mai praticamente mai conosciuto}. Ma credo passera’ ancora qualche anno. l’Italia di oggi in tutta onesta’ mette un po’ paura. Io poi … per come sono e per come la penso mi sentirei ormai un pesce fuor d’acqua.
8) Che suggerimento vi sentite di dare alle persone che vorrebbero cambiare vita ma non hanno il coraggio di farlo?
R) Di restare dove stanno. Se non si ha il coraggio per un passo simile non lo si fa’ e basta. Vuole dire che il “voler cambiar vita” non e’ sostenuto da motivazioni abbastanza importanti e profonde. Ci vuole prima di tutto determinazione e la forza di non guardarsi indietro. Tanti sono spinti dalla bella vita che si prospetta {illusorio nella quasi totalita’ dei casi} o dalla noia della vita occidentale, troppo troppo poco.
Ci vogliono convinzioni forti, sentimenti profondi altrimenti al primo ostacolo si torna a casa. Le prove da superare nella vita in genere a qualsiasi latitudine non mancano mai. Fuori dalla propria societa’, dal proprio mondo risulta piu’ complesso trovare le risorse psicofisiche per andare avanti se mancano le basi.
Vi proponiamo il racconto di Nicola, un ragazzo che non ha voluto compromettere la propria vita, decidendo un bel giorno, di partire e seguire il proprio sogno. Quella che segue e’ la sua bellissima storia:
Arriva un momento in cui capisci di dover dedicare un po’ di tempo a te stesso astraendoti dalla routine giornaliera. Una decisione di questo tipo spesso implica scelte difficili e talvolta prive di senso agli occhi degli altri, o senza un punto di arrivo. E così è stato per il mio viaggio nel continente australiano.
Mi chiamo Nicola, nato ad Asolo, grazioso borgo del nordest, dove sono cresciuto tra vigneti e capannoni. E’ il Veneto che produce e spinge in alto il pil, come si dice dalle mie parti, perlomeno fino a quando la “locomotiva” non ha cominciato a rallentare. Ho concluso gli studi universitari e dopo un’esperienza di lavoro a Milano, ho deciso che era arrivato il momento giusto per un grande viaggio on the road , da troppo tempo rinviato.
I preparativi prima della partenza sono stati pressoché nulli: ho contattato un paio di amici già in Australia da tempo per avere alcune informazioni generali, ho richiesto il WHVisa ed acquistato il biglietto aereo di sola andata. Tutto questo nell’arco di pochi giorni.
Partito da Milano con qualche timore, sono arrivato in Australia con un migliaio d’euro in tasca e l’obiettivo di mettermi alla prova per superare un periodo sterile, che rendeva le mie giornate assolutamente vuote.
Rileggendo i post pubblicati da altri italiani, che hanno scelto un modo nuovo di vivere, ho notato più di una volta la forte enfasi nella dicotomia turista vs viaggiatore. Una distinzione che condivido a pieno e della quale ero consapevole prima della mia partenza.
Credo che l’idea di non voler controllare ogni cosa e’ forse la condizione essenziale che distingue il viaggiatore dal turista. L’incontro casuale che fa perdere il controllo è l’elemento distintivo del viaggiatore perché l’imprevedibilità suscita nuovi interrogativi, apre nuovi scenari e talvolta stravolge completamente l’itinerario.
Di questi incontri credo di averne fatti più di uno ed ognuno ha dato vita a nuove esperienze che ricorderò sicuramente nei miei racconti. L’ultimo di questi mi ha portato in un luogo assolutamente fuori dal mondo dove mai avrei immaginato di finire.
Un luogo come Bullo River disperso nell’Outback australiano a 75 km dalla prima strada asfaltata e tre ore dalla prima pompa di benzina. Un puntino minuscolo in una proprietà ampia quasi quanto la Valle d’Aosta: dove la posta è recapitata per via aerea e il “flying padre”, una sorta di sacerdote-psicologo, ci fa visita mensilmente con il suo apparecchio biposto.
La cattle station Bullo, che nella lingua aborigena locale significa “farfalla”, e’ un luogo impervio ed isolato dove cattle musters, mandrie di bestiame, natura selvaggia e spazi immensi ricordano paesaggi da pellicola.
E’ un luogo in cui la vita si fonde al lavoro, il sudore si mescola alla polvere rossa e il sole e’ così tagliente che lacera il viso. Qui la vita scorre lentamente e tutto è dettato dalle ore di luce: la sveglia è all’alba perché il lavoro comincia alle prime ore del mattino, quando l’erba è ancora bagnata e gli incontri con la vita del bush sono sempre una nuova emozione. Totalmente estranei alla società non abbiamo copertura telefonica, ma solo l’accesso a internet che a singhiozzo ci permette di cogliere qualche novità dall’esterno.
Funziona tutto come in una piccola comunità: gli uomini si occupano del bestiame, le donne seguono la manutenzione della casa, la maestra insegna ai piccoli, che altrimenti non potrebbero andare a scuola, e i bambini a loro volta fanno impazzire tutti con scherzi e giochi di ogni genere.
La cosa che più mi colpisce, ma al contempo mi affascina, è la quantità di conoscenze ed abilità che si condensano in uno spazio così piccolo. Qui non esiste l’iper-specializzazione dei ruoli della società “civilizzata” perché tutti sanno fare di tutto: se collassa la cinghia del motore si sostituisce, se è necessario sistemare l’antenna satellitare si interviene, se bisogna ferrare un cavallo ecco fatto, quando è necessario riempire il congelatore si macella un animale. Sembra tutto così semplice ma allo stesso tempo così complesso, che sorgono spontanei molti interrogativi sulla normale vita nella cosiddetta “società civile”.
Eccomi qui nel Northen Territory, primo italiano a spingersi fino in questo luogo per lavorare con questa bizzarra comunità. Sono consapevole che a momenti sarà difficile, e talvolta le giornate interminabili, però è qui che voglio trascorrere i miei prossimi tre mesi da viaggiatore australiano prima di un nuovo incontro.
In ogni caso gli italiani non puntano a una fuga solitaria: solo il 4% è disposto a tagliare i ponti con tutto e a partire da solo. Il 55% vorrebbe avere con sé la propria famiglia (non solo il partner, ma anche genitori, fratelli o figli), mentre il 6% è pronto a portare con sé … Continua