Eddy Cattaneo e’ un “ragazzo” di 40 anni originario di Bergamo (ma genovese d’adozione) il quale un bel giorno decide di partire per un giro del mondo (come e’ successo anche a me del resto) con l’idea di completarlo senza salire su nessun aereo.
“Non è stata la mia prima esperienza” racconta Eddy Cattaneo, protagonista di questa avventura: “dopo il diploma ho fatto un tour dell’Italia in sacco a pelo e finita l’università ho viaggiato per l’Europa dormendo nella mia auto”. A 40 anni una nuova esperienza: lascia il lavoro, la casa sul mare e parte per un giro del mondo che durera’ 467 giorni.
Quella che segue e’ un’intervista rilasciate per gli amici di non solo turisti.it:
Mi chiamo Eddy Cattaneo, ho 42 anni, sono nato a Ciserano, provincia di Bergamo e dopo la laurea in Ingegneria Ambientale mi sono trasferito in riviera ligure, a Recco, provincia di Genova.
L’idea che di avevo prima della partenza era un giro del mondo fatto senza prendere aerei, tutto via terra, e quindi l’inizio e la fine coincidono, da Ciserano a Ciserano. Ho percorso 108000 km in 467 giorni senza nessun motivo razionale, solo il desiderio di un bambino che voleva vedere ogni foto dell’atlante.
Come e’ partita l’idea di fare un giro del mondo via terra, ovvero senza prendere mai un aereo?
E’ una febbre, non un’idea razionale, una malattia che non guarisce e, ciclicamente ritorna. Per farla passare devo andare, partire, lasciare tutto e andare. Questo e’ il mio terzo grande viaggio, dopo l’Italia in sacco a pelo vent’anni fa e dieci anni fa l’Europa girata per quasi un anno in macchina, dormendo e mangiando in una vecchia Golf, senza mai rimanere una notte in ostello ma solo ospitato qua e la’ da amici.
Una febbre che e’ tornata nel 2008, per il mondo stavolta. Avevo un lavoro che mi piaceva, a tempo indeterminato, una casa vicino al mare e una compagna. Ma dovevo partire, un chiodo fisso che non mi lasciava vedere oltre questo viaggio intorno al mondo. Ho chiesto l’aspettativa, negata, e quindi mi sono licenziato. Visto che lasciavo tutto, mi sono preso in cambio tutta la strada possibile. Non avevo limiti di spazio ne’ di tempo e ho deciso di fare il giro del mondo senza prendere aerei, per calpestarlo tutto, senza saltare dei pezzi o barare, tra virgolette, volando.
Il blog nasce pochi giorni prima di partire, come modo semplice per far sapere ai miei, ogni qualche giorno, che ero vivo e continuavo ad esser vivo e ogni tanto mettere in rete qualche immagine. Poi la voce di questo progetto si e’ sparsa e quando sono tornato a casa si e’ trasformata in libro grazie ad alcune persone di Feltrinelli che seguivano il blog
Prima di partire avevi gia’ fissato una data di rientro in Italia?
Assolutamente no, nessun limite di tempo
Ti eri preparato un itinerario dettagliato prima della partenza oppure decidevi di volta in volta?
Nessun itinerario dettagliato, quando ho deciso di fare il viaggio senza volare ho solo controllato che fosse possibile. Attraversare frontiere ti costringe a conoscere quali paesi sono in guerra tra loro, le difficoltà diplomatiche, etc. Una volta che ho visto che almeno un percorso era possibile, sono partito, decidendo in maniera molto fluida il tragitto, lasciandomi trasportare da eventi e consigli.
Hai avuto momenti in cui hai pensato: ma cosa ci faccio qui? e momenti in cui hai pensato di tornare a casa?
No, mai.
Come e’ stata presa la tua decisione di partire dai tuoi amici / parenti?
Dagli amici benissimo, anzi, sono stato spronato. Dai genitori malissimo, non ci potevano credere che di nuovo stavo per ripartire senza sapere quando sarei tornato.
Quale e’ stato il momento più bello di tutto il viaggio? e il più brutto?
Per il piu’ bello e’ davvero impossibile rispondere…sono tanti…alcuni giorni in bici nel deserto di Atacama in Cile, un’alba circondato da una corona di vette himalayane in Nepal, l’arrivo, dopo 3 giorni navigando sul Niger, la mattina presto a Timbuktu con il canto del muezzin….
Il piu’ brutto quando ho deciso di tornare. Sul primo bus verso Ciserano, preso da Timbuktu in direzione Bamako, ho subito l’unico incidente di tutto il mio giro, ci siamo capovolti nel mezzo del Sahel e qualcuno e’ stato gravemente ferito. Io ho sbattuto la testa contro il finestrino, il finestrino contro la terra e mi sono ritrovato sepolto da una quarantina di persone, impregnato di gasolio. Per 450 giorni non mi era mai capitato un incidente e proprio quando decido di tornare a casa mi ritrovo in pericolo di vita. Ho pensato che forse era meglio rimanere a viaggiare.
Tra i paesi che hai attraversato quale ti ha colpito di più e perché?
A me piace tutto, ogni posto ha lasciato in me emozioni diverse per varie ragioni. Per i paesaggi la Patagonia, l’Amazzonia, le montagne del Karakorum in Pakistan o l’Annapurna in Nepal, le Ande boliviane, i deserti del Rajasthan, l’Atacama cileno e del Sahara mauritano. Per l’architettura le madrasse e i minareti da mille e una notte sulla via della seta in Uzbekistan, i templi indu’ o le moschee di fango in Mali e Burkina Faso. Citta’ come Rio de Janeiro in Brasile, Cartagena in Colombia o Varanasi in India non possono non affascinare per la gente e gli incontri. E poi la cucina, quella Thai, quella peruviana, uzbeka…tutto !!!
Hai mai pensato di fermarti a tempo indeterminato in una nazione?
No mai, fin dall’inizio mi era molto chiaro che sarebbe stato un giro, con il punto iniziale che doveva coincidere con quello finale.
Questo viaggio e’ stato quasi interamente in solitaria: ti e’ mancato un compagno di viaggio o una persona con cui condividere momenti/esperienze?
In realta’ ho viaggiato molte volte in compagnia di altre persone, amici, amiche, compagnie di ragazzi e a volte con ragazze con le quali e’ nato un rapporto intimo stretto. Adoro viaggiare con qualcuno, condividere la strada e’ come amplificare le sensazioni, vederle specchiate nell’altra persona che cammina con te. Viaggiare da solo non mi pesa affatto, anzi a volte e’ proprio una necessita’, guardarsi dentro e cercare di vedersi da fuori, le reazioni nelle circostanze piu’ insolite.
Ti e’ mancato qualcosa dell’Italia durante questi mesi passati in viaggio?
No, niente, tanto sapevo che al ritorno tutto sarebbe stato li’, come prima.