Avignone è una città che mi piace da subito. Appena varcata la porta di Saint-Lazare per entrare nella città fortificata, capisco che non vorrò più andare via: nonostante le vie anguste che si incrociano in maniera irregolare, nonostante gli edifici grigi dall’aspetto cupo. Anzi, forse è proprio questo che mi attrae: il contrasto tra la sobrietà gotico-medioevale e il fascino decadente e un po’ trasandato.
I vicoli ricordano un labirinto, ma alla fine in un modo o nell’altro portano tutti a una delle piazze principali. Place Pie, con i bar dove si incontrano gli avignonesi per l’aperitivo. Place de l’Horloge, sulla quale si affacciano l’Opera, la Banque de France e l’Hôtel de Ville. O ancora Place du Palais, la più austera: d’altra parte, il Palazzo dei Papi è uno dei più importanti edifici gotici d’Europa.
Ma sono le piazze meno frequentate ad affascinare di più. Il primo incontro è con Place Pétramale, dove si trova la piccola Maison d’Hôtes che ci ospita. Avignone è una città ricca di intrighi e misteri, così anche questa piazza ha una storia particolare: proprio in questo giardino Petrarca vide per la prima volta Laura de Noves, innamorandosene all’istante.
Forse è quello che è successo a me con il Côte Square, il bed & breakfast al primo piano di un vecchio edificio. L’esterno è sobrio, così come l’arrendamento. La camera ha un terrazzo con vista sul giardino dove passeggiarono Petrarca e Laura, ma i loro fantasmi non si fanno vedere. La colazione viene servita sul terrazzo, con spremuta di arancia, yogurt, macedonia, croissant appena sfornati, pane artigianale e marmellate fatte in casa. Assaggiamo anche la mouna, una sorta di pane dolce tipico di Pasqua.
L’amore per il cibo ci porta in un’altra piazza, Place Jérusalem. Vi si accede attraverso il portale della Calandre, l’ingresso al quartiere ebraico. Qui si trova la sinagoga, distrutta da un incendio nel 1845 e ricostruita negli anni successivi. È un edificio che passa inosservato, forse anche perché proprio dietro l’angolo c’è l’imponente Palazzo dei Papi: sembra che le sue torri, i suoi merli e le sue guglie gettino un’ombra cupa e minacciosa sul vicino luogo di culto, dalle forme meno imponenti e vistose.
Purtroppo non è possibile entrare nella sinagoga, ma siccome è ora di cena ci rifugiamo in uno dei locali della piazza, l’AOC 84. È una cave à vins dove veniamo accolti da un proprietario dai modi un po’ bruschi. Poco importa: il locale è carino, con vecchie insegne della Ricard appese alle pareti, sgabelli traballanti lungo il bancone e tavolini in fila sul pavimento irregolare. La carta dei vini è ricca: non sappiamo decidere e il proprietario si ostina a parlarci in francese. Per non sbagliare, ordiniamo il terzo vino meno caro: una bottiglia di Ventoux, che arriva insieme a una assiette charcuterie e una assiette fromages. Si passa ai piatti principali, la fricassé di vitello e il Camembert al forno: buoni, ma impegnativi, tanto che non c’è modo di farci stare nemmeno un pezzetto di dolce.
Poco lontano si trova una piazza nascosta da palazzi che la proteggono su quattro lati: è la Place Cloître Saint-Pierre, dove un tempo c’era il chiostro della basilica omonima, in stile gotico provenzale. Alle sue spalle c’è l’angusta Rue Peyrollerie, dove un ingresso che a stento si fa notare conduce all’interno della Vache à Carreaux. Sembra l’entrata della sagrestia, ma in realtà oltre la porta c’è un locale illuminato da candele sparse tra tavoli e nicchie. Non c’è un menu fisso: ogni giorno i piatti sono elencati su una lavagna che viene passata da un tavolo all’altro.
Decidere non è semplice, ma alla fine scegliamo come antipasto il Camembert gratinato e una assiette charcuterie da dividere, con una bottiglia di Chateauneuf du Pape. Quando si tratta di ordinare il piatto principale non abbiamo dubbi: poulet au Comté, pollo gratinato con salsa al formaggio, e tartiflette, uno sformato di formaggio Reblochon, patate, cipolle e pancetta cotti al forno. Quando tocca al dolce non possiamo non provare la brioche perdue: è un classico francese, che un tempo veniva preparato con il pane raffermo. Oggi si usa il pan brioche, lo si immerge nel latte e lo si fa cuocere con burro e zucchero.
Se si sopravvive alla quantità di lattosio e zucchero ingeriti, è tempo di spostarsi verso l’ultima meta: Place des Corps Saints. Non può mancare una piccola dose di storia con un pizzico religione: all’epoca dei Romani la piazza veniva utilizzata come luogo per le inumazioni. Si conta anche una sepoltura illustre, quella del cardinale Pietro di Lussemburgo, per il quale Carlo VI fece costruire una cappella per ospitarne le reliquie. Da allora si iniziò a parlare del luogo come “la piazza del corpo santo”.
Quando arriviamo sta piovendo a dirotto: non è difficile calarsi nell’atmosfera lugubre del 1300. I numerosi locali sono chiusi e le sedie dei dehors sono accatastate disordinatamente. L’unica luce arriva da Ginette et Marcel dove, accanto a uno dei tavolini, c’è la stufa a legna sulla quale bolle la soupe marché, la zuppa di verdure. Ordiniamo un bicchiere di Seguret, mentre il locale si riempie di una clientela varia: una coppia di americani, una famiglia con bambini, e due ragazzi un po’ geeky.
Nel frattempo arriva il piatto principale, la tartine chèvre et miel: si tratta di un crostone di pane abbrustolito e servito con formaggio di capra e miele. Ha un ottimo aspetto, ed è buonissima: il sapore pungente del caprino si sposa bene con quello del miele. Vorrei ordinare un’altra tartine ma i dolci sono troppo invitanti per rinunciare: scelgo la tarte poire et chocolat, una sorta di tarte tatin fatta con le pere e guarnita con cioccolato. Il caffè viene servito in bicchieri di vetro, come nelle osterie di campagna. Quando è ora di andare via, a malincuore lasciamo Ginette et Marcel.
Ma c’è un lato positivo: ha smesso di piovere, per cui possiamo continuare a passeggiare per le piazze di Avignone.
Foto di copertina: Luca Perino
Abito in un piccolo paese di provincia e lavoro in un ufficio in una stradina secondaria. Immagino però di vivere a Notting Hill, di lavorare a Williamsburg, di prendere un aperitivo a Montmartre e di cenare a North Beach. E magari di fare shopping sulla Fifth Avenue. Non so cucinare, ma adoro mangiare. Mi piace conoscere un posto nuovo attraverso il suo cibo e le sue tradizioni culinarie. Non riesco a fare a meno di raccontare quello che ho scoperto agli altri.