“C’è un cambio di programma. Torniamo a Bergen oggi.”
Non conosco Pål e sua moglie abbastanza bene da poter dire loro che l’idea non mi piace: ho lasciato la valigia al bed & breakfast, dove volevo passare ancora una notte. Mi spiegano che forse domani pioverà, per cui non hanno intenzione di rimanere nella loro casa estiva.
Conosco i Drømmen da un paio di giorni, grazie ai produttori di sidro che ho intervistato nel fiordo di Hardanger, e so che Berit fa l’infermiera, mentre Pål è chef. Vivono a Bergen insieme ai quattro figli, ma passano ogni fine settimana a Ulvik, dove lui lavora nel piccolo ristorante del fratello. Sono stati molto gentili con me, tuttavia l’idea di arrivare a Bergen e non sapere dove passare la notte non mi entusiasma. In realtà ho prenotato un hotel, ma è per la notte successiva, e non ho voglia di arrivare alla reception e sentirmi dire che non hanno disponibilità. Ringrazio i Drømmen, spiegando che resterò ancora una notte a Ulvik e che magari prenderò un autobus per Bergen il mattino dopo. I due si guardano e scoppiano a ridere: non è così semplice spostarsi in bus. Pål si infila dietro al bancone del bar e mi versa una tazza di caffè. L’albergo non è un problema: per questa notte posso dormire nel loro seminterrato, nel monolocale del figlio maggiore che vive a Oslo. È deciso: tornerò in città con loro. Mettiamo i bagagli in macchina, cercando di fare spazio anche per me sul sedile posteriore, in mezzo alle due bambine che fanno a gara per mostrarmi le bambole. Il viaggio dura un paio di ore ma sembra eterno: Pål guida voltandosi continuamente indietro per indicarmi questa montagna o quella cascata, mentre le bambine cantano canzoni norvegesi.
Quando arriviamo a destinazione nel centro di Bergen ormai ho appreso che la città è stata fondata nel 1070 dal re Olav Kyrre. Circa 200 anni dopo, un altro re fece costruire Håkonshallen, il palazzo reale della città, all’epoca la più grande della Norvegia. Parcheggiata la macchina nel garage dei Drømmen e affidate le bambine alla sorella adolescente, usciamo a piedi. Siamo all’inizio di maggio, ma ci saranno sì e no tre gradi. Percorriamo Kong Oscars gate e arriviamo al porto, il Bergen havn, dove Pål e la moglie si fermano per permettermi di ammirare lo spettacolo. Alla mia destra c’è il Bryggen, l’antico quartiere anseatico. Il legno colorato degli edifici – inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco – contrasta con le montagne scure e il cielo grigio.
Camminiamo lungo la banchina, fino a un viottolo buio tra una casa rossa e una gialla. Il passaggio è angusto e la voce di Berit rimbomba mentre mi spiega che gli edifici venivano utilizzati come magazzini dai mercanti della Lega Anseatica. I nostri passi risuonano sul marciapiede di legno, dandomi l’illusione di essere nel 1300. Arriviamo a una piccola piazza all’interno del Bryggen e Pål apre la porta di un locale: immagino di veder uscire un marinaio con una botte in spalla, ma presto mi rendo conto che abbiamo raggiunto la nostra destinazione per la cena. Il Tracteursted è, secondo i miei ospiti, uno dei locali più autentici della città, con i suoi pavimenti di pietra e le pareti di legno grezzo. I Drømmen vogliono farmi provare i piatti migliori, per cui ordinano il tørrfisk – lo stoccafisso – cucinato in tre modi diversi, il filetto di renna e la Bergens fiskesuppe, la zuppa di pesce di Bergen. Chiudiamo con la tilstørte bondepiker, la torta di mele con panna.
Quando mi addormento sul futon del seminterrato sono soddisfatta: ho visto il quartiere più antico della città e ho cenato in uno dei ristoranti migliori. Ma non è finita.
Il mattino seguente Berit mi sveglia all’alba. Mi butto sotto la doccia appena tiepida e bevo il caffè tutto d’un sorso. Quando usciamo Pål mi dice che siamo diretti al Fisketorget. Situato sulla piazza del porto di Bergen, dal dodicesimo secolo il mercato del pesce è il ritrovo di pescatori, mercanti e ristoratori. Pål si muove con sicurezza tra i banchi, mostrandomi pesci dall’aspetto insolito. A un certo punto il mio cicerone mi porge un sacchetto di carta marrone: contiene due fiskeboller, una per me e una per lui. Sono appena le dieci del mattino, ma non posso rifiutare, per cui addento la mia polpetta di merluzzo impanata e fritta. Ci siamo ricaricati le pile per cui ricominciamo a camminare, diretti alla Fløibanen, la funicolare che in pochi minuti ci porta sul monte Fløyen. Bergen è ai nostri piedi, così come il fiordo e le montagne – addirittura sette – che circondano la città. Dopo un caffè veloce decidiamo di scendere a piedi: è una camminata piacevole, che ci riporta in poco più di mezz’ora alle spalle mercato del pesce e, di qui, a casa dei Drømmen.
Mi invitano a restare a cena e so che non dovrei approfittare della loro ospitalità: Pål mi ha dedicato tutta la giornata permettendomi di scoprire gli angoli migliori della città, e ora mi propone di provare il filetto di squalo. Non posso dire di no: non voglio sembrare ingrata, e poi quando mi capiterà di nuovo di mangiare lo squalo? Per la seconda volta in due giorni mi faccio corrompere da Pål e Berit e, per la seconda volta, so che non me ne pentirò.
Bryggen Tracteursted – Bryggestredet, Bergen
Fisketorget – Strandkaien, Bergen
Fløibanen – Vetrlidsallmenningen 21, Bergen
Foto di copertina: Andrés Nieto Porras
Abito in un piccolo paese di provincia e lavoro in un ufficio in una stradina secondaria. Immagino però di vivere a Notting Hill, di lavorare a Williamsburg, di prendere un aperitivo a Montmartre e di cenare a North Beach. E magari di fare shopping sulla Fifth Avenue. Non so cucinare, ma adoro mangiare. Mi piace conoscere un posto nuovo attraverso il suo cibo e le sue tradizioni culinarie. Non riesco a fare a meno di raccontare quello che ho scoperto agli altri.