Dai ghiacciai della Terra del Fuoco, alla pampa, le Ande, le vigne di Valparaiso, i deserti lunari di San Pedro de Atacama fino ad arrivare all’estremo nord, alla fine di questa infinita lingua di terra che è il Cile. Proprio qui, a pochi chilometri dal Perù, sorge un antico avamposto di frontiera, una città stanca, appisolata, abbandonata nel mezzo di un deserto, Arica.
Un deserto senza fascino, ma ricco di polvere, ghiaia e strade accidentate, adagiato tra il roboante oceano dove sparuti surfisti aspettano pazienti il break migliore e le impervie montagne andine. In questa terra dura e torchiata dagli elementi atmosferici abbiamo cominciato il nostro viaggio tra Cile e Bolivia per motivi logistici, ma soprattutto per visitare il non famoso, ma spettacolare Parque Lauca.
Il turismo qui è poco diffuso, se poi è domenica pomeriggio, trovare un tour per visitare il parco diventa una mezza impresa. Per evitare il famigerato “soroche” – il mal di montagna – volevamo fare un itinerario di due giorni per acclimatarci e goderci la bellezza di questi luoghi, ma vista la situazione siamo stati fortunati a trovare Miguel che per una cifra da strozzino ci farà visitare il parco in un giorno.
Partiamo all’alba e subito imbocchiamo una valle verdeggiante e circondata da cime maestose. Alla faccia dell’acclimatamento e di tutte le precauzioni che ci hanno consigliato per evitare il mal di montagna, dopo neanche due ore e un paio di pit stop siamo già passati da zero a tre mila metri. Cominciamo subito a bere tè con foglie di coca per alleviare gli effetti dell’altitudine e i nostri compagni di viaggio cileni che vengono da Santiago accusano i primi malori.
A parte questi piccoli disagi e il ragazzo cileno che vomita ed è verde come un rospo, il panorama è spettacolare e la prima tappa ci porta nella zona dei cactus candelabri, alberi imponenti dalla forma omonima. Il sole è accecante e il cielo così azzurro da sembrare finto. L’occhio spazia in ogni direzione e fa il pieno di bellezza.
Continuiamo la nostra marcia e la nostra scalata e le pendici scoscese e rocciose lasciano il posto a pascoli e altopiani incorniciati da vette innevate e vulcani con sopra la nuvoletta come nei cartoni animati. Qui, liberi e giocosi, brucano branchi di vigogne marroni e bianchi e poco distanti, ai bordi di piccoli laghetti montani, si intravedono stormi di fenicotteri rosa.
Saliamo sempre di più finché arriviamo alla sommità del parco a 4500 metri di altitudine dove ci attende il placido Lago Chungarà nelle cui acque gelide e di un blu cobalto meraviglioso, si specchia lui, la vera star di questo parco, il vulcano Parinacota. Il suo cono innevato svetta imponente sopra tutte le altre montagne e, dall’alto dei suoi 6362 metri, si staglia maestoso e magnifico in un panorama che illumina gli occhi di una bellezza totalizzante.
E’ una natura a me sconosciuta, un ecosistema meraviglioso fatto di colori carichi e intensi, un’aria frizzante e dall’odore inconsueto, un mondo abitato da animali strani e buffi come i pelosissimi alpaca e i goffi lama che si avvicinano impavidi alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Il panorama e la mancanza di ossigeno sono tali da mozzare il fiato e far girare la testa, è tempo di ritornare sui nostri passi. Io comincio a soffrire un po’ questo veloce sbalzo di quasi cinque km verticali e, visto che i nostri compagni cileni sono stramazzati nel sedile posteriore, ne approfittiamo per visitare un piccolo pueblo andino perfettamente conservato, passeggiando tra le sue stradine in pietra e le sue cassette di un bianco accecante.
Dopo un provvidenziale tè alla coca, riprendiamo la via di casa e grazie al sole che comincia a riversare sulle montagne la sua luce più calda del tardo pomeriggio, il viaggio di ritorno ci regala dei paesaggi di una bellezza indescrivibile. Le montagne si ritraggono e lasciano spazio al marrone e al grigio del deserto che si arroventano in rossi, cremisi e arancioni e la strada si fa sempre più tortuosa e sinuosa costeggiando gli angoli più remoti e affascinanti di questa parte di Cile tanto bella quanto sconosciuta. > Dove dormire ad Arica
Romagnolo di origine, cuore e spirito, milanese per lavoro. Marketing, eventi e social media mi tengono occupato tra un viaggio e l’altro. Quando ho aperto il mio blog volevo solo sdebitarmi con tutti quelli a cui avevo chiesto consigli e informazioni, ma oggi alla passione per i viaggi si è unita anche quella per la scrittura.