Giorno 10 da Lugo a Friol – 29,8 km
Come da programma oggi farò una deviazione per raggiungere il Camino del Norte e così immettermi nella folla del Camino Francés il più in là possibile, la giornata è luminosa e la prima ermita, quella di San Lazzaro, benaugurante, già che ci sono allungherò un attimo per vedere Santa Eulalia di Boveda, iglesia antichissima costruita sopra un tempietto romano.
Appena passato il Miño il sentiero entra nel bosco degli elfi: le cime degli alberi si chiudono sopra un rio dall’acqua immobile e cupa, la penombra profonda è tagliata da lame di luce, i riflessi dei tronchi nell’acqua sono irreali, cammino in religioso silenzio, poi vago su e giù tra vallette boscose solcate da torrentelli e dossi aridi con fioriture incredibili di ginestre bianche – guten Morgen – faccio io alle due tedesche di Borres, madre e figlia che mi hanno raggiunto – buen camino – rispondono loro scarpinando decise.
Nella valletta successiva un pescatore in stivaloni avanza pian piano controcorrente in uno splendido torrente da trote.
E’ mezzogiorno, fa caldo, su un poggio arido infestato da ginestre gialle un rapace, una poiana? Volteggia lentamente in cielo, ogni casa ha il suo horreo e se le case sono più di quattro o cinque c’è anche una iglesia o una capilla, come a Boveda dove sono finalmente arrivato. E la chiesetta paleocristiana? Chiusa, e nessuno a cui chiedere informazioni se non un cane che se ne sta sulle sue. E’ l’ora del panino sulla panchina di una piccola iglesia seicentesca.
Dovrei andare verso nord ma non ci sono frecce, solo due contadini che tagliano legna con una motosega – Friol? – non capisco niente ma mi fanno segno di andare avanti, sì ma quanto manca? E’ più di un’ora che cammino non so bene verso dove, tecnicamente mi sono perso, a un incrocio due cartelli stradali indicano la stessa meta, sul primo – Palas de Rei/Friol – sul secondo – LU-P-2122 Km 0 – va bene la strada comincia qui, ma quanto manca? Ginestre, pascoli, casa, meli, prati, horreo e di nuovo, ginestre, pascoli, casa, meli, prati, horreo e l’uccellaccio che continua a volteggiare in alto sulla mia testa, comunque non è un avvoltoio.
Ore 17:30, Friol, pensione Casa Benigno, è stata una giornata massacrante.
Giorno 11 – da Friol a Sobrado de los Monjes – 27,0 km
Stanotte ho avuto gli incubi, stanchezza immagino, ma il cielo azzurro risolleva l’animo.
Da dove parte il sentiero per Sobrado? – al di là della strada – mi indica la signora di Casa Benigno a colazione – buen camino! Grazie, mi sa che ne avrò bisogno. Il sentiero corre lungo il rio Narla, il sole ancora basso illumina i vapori che salgono lenti dall’acqua scura, sull’altra riva un cavallo mi osserva tranquillo, più avanti un cartello avvisa che si tratta di riserva di pesca, trote o salmoni?
Due ore tra prati e boschetti a saltare da un ciglio all’altro di sentieri inondati nel tentativo inutile di non bagnarmi i piedi, dentro di me una vocina mi avverte – attento alle frecce, non fare come ieri… – per ora tutto ok tranne i piedi a mollo. Finalmente case e horreos, all’ingresso del villaggio le mucche mi guardano stupite, una signora si affaccia sorridendo dal magazzino dove sta pulendo una montagna di verze, al centro del villaggio un cruceiro, appena fuori due contadini sollevano lo sguardo dall’orto che stanno zappando e mi salutano con la mano, c’è vita in Galizia!
Evidentemente era tutta là la vita, altre due ore su e giù per colline brulle e boschi di eucaliptus, panino in mezzo al nulla e adesso una strada asfaltata, un cartello giallo avvisa l’unico automobilista di prestare attenzione all’unico pellegrino, quanto manca a Sobrado? Mi accorgo che la mia attenzione si è spostata dalla bellezza del paesaggio ai chilometri percorsi e al tempo impiegato, brutto segno. Finalmente il lago di Sobrado, scavato dai monaci nel 1.500 d.C. è oggi un importante sito umido spagnolo, in altre occasioni mi sarei fermato a fare foto, non oggi.
Monastero di Santa Maria di Sobrado, zaino a occupare la branda, siamo in tanti. Nel chiostro si chiacchiera al sole, la chiesa antica invece è buia, fredda e spoglia, sono solo con l’eco dei miei passi, in un angolo il catafalco in pietra di un guerriero medioevale, mi faccio coraggio, sulla parete di fondo della sacrestia fantasmi bianchi e ombre incappucciate attorno alla fioca luce di una candela, sono scosso da un brivido di paura, altra notte da incubi?
Giorno 12 – da Sobrado de los Monjes a Salcedo – 32,5 km
Notte tranquilla, mattina di sole.
Foto del monastero controluce, per non dimenticare, e chi se lo scorda? Si riparte prima in paese poi per comodi sentieri che seguono una antica calzada romana, in cinque mi superano, cominciano ad essere troppi. Sui segnavia conchiglie di Santiago e motti faceti, siamo in un paese di burloni anche se il nome, Boimorto, non lo lascerebbe pensare.
A Sendelle solita storia, la signora che gestisce il chiosco di fronte alla chiesetta di Santa Maria l’ha appena aperta per due francesi? Belghe? E mi invita orgogliosa a visitarla. Sulla parte superiore dell’abside, la parte più antica, XII secolo, c’è il Giudizio universale, sotto l’Ultima cena, Giuda è l’unico di spalle e tiene nascosta la borsa dei trenta denari.
Ad Arzua primo cartello del Camino francés, quello classico, sono quasi deluso, un paio di giorni e sono a Santiago ma intanto Salcedo dov’è? Addio solitudine, mi sorpassano in bici e a piedi, addio silenzio, coi piedi a mollo in un canaletto d’irrigazione sento arrivare un gruppo rumoroso di turiste/pellegrine statunitensi, niente zaini, il tour operator li ha già portati nell’albergo di destinazione, addio panorami, sono troppo stanco per guardarmi intorno, ma Salcedo dov’è?
Pare che gli albergue per pellegrini di Salcedo siano tutti pieni, ho trovato posto solo in un hotel, una doccia calda finalmente e un bucato che non si poteva rimandare, la camera sembra un accampamento di zingari.
Cresciuto, tanti anni fa, sui romanzi di Kipling, Salgari e Verne, ho ritrovato l’anno scorso su un mio quaderno delle elementari un tema che descriveva un fantastico viaggio in piroga su un fiume nel cuore della giungla indiana. È da lì che evidentemente è nato il mio amore per le culture del sudest asiatico, l’India in primis, e per i fiumi lontani e le foreste oscure a partire dalla mitica Amazzonia.