Se la tua adolescenza è stata a letture di Corto Maltese e degli Scorpioni del deserto, se i tuoi modelli di riferimento sono stati il maggiore Koinsky e il dancale Cush, allora l’esigenza di partire per l’Etiopia, in Africa, diventa naturale.
Così alla prima offerta dell’Ethiopian Airlines, ho fatto il visto e… son partita!
Dopo un po’ di ricerche ho scelto di affidarmi a un’agenzia locale con sede in Addis Abeba: la Green Valley Ethiopia Tour gestita dal signor Melkamo Mamo che ha adattato il viaggio alle mie esigenze, ai miei interessi, nonché al mio budget, con vera competenza e professionalità, prenotandomi i voli interni (avendo solo 13 gg è stato il metodo migliore per ottimizzare il tempo), gli hotel, l’autista e le guide dei vari siti.
Io ho scelto la parte nord del paese, quella dei monasteri copti, dei siti archeologici axumiti e del complesso rupestre di Lalibela, tour che i locali chiamano “Historic route”.
QUANDO ANDARE IN ETIOPIA
Il periodo migliore per intraprendere questo viaggio è in gennaio /marzo, quando l’altipiano è verde e fiorito e le temperature stazionano sui 25-26 gradi, io ho viaggiato in aprile quando la temperature sono ancora accettabili, sui 32 gradi.
IL MIO ITINERARIO IN ETIOPIA
Mamo mi ha proposto di visitare: Addis Abeba, il lago Tana e i suoi monasteri insulari, Gondar, l’antica capitale con la chiesa (Debre Berhan Selassiè) dalla famosa volta interamente dipinta di angeli e costruita sul modello dell’Arca di Noè, Axum con il Parco delle Steli e la cattedrale dell’Arca dell’Alleanza ed infine Lalibela e il suo complesso di chiese rupestri.
È consigliabile rivolgersi ad un’agenzia locale che conosce bene il territorio perché le strade in alcuni periodi sono inagibili a causa delle piogge, per avere hotel puliti ed accoglienti, onde evitare il fastidio di pulci nei materassi, razionamento idrico ecc. e, non ultimo, per non incappare in insistenti guide non autorizzate all’ingresso dei siti turistici ed in altri luoghi.
SAPORI, PROFUMI E SUONI DELL’ETIOPIA
Il primo sapore che ti sorprende, non appena tocchi il suolo etiope è quello del mango, o meglio del fresco frullato arancione che ti viene servito un po’ ovunque, come da noi l’espresso, e quello forte dell’organic coffee, macinato e tostato a mano e servito fumante su foglie di felce, accompagnato da pop corn e incensi, e ancora quello dolce del miele bianco di Wurkro che viene raccolto in alveari sospesi ed altezze incredibili sulle chiome delle acacie.
I profumi sono quelli dei fiori carnosi dell’ibiscus, dei fuscia delle bouganville, del viola pallido dell’onnipresente jacaranda, dei grandi alberi di fico che allungano i rami sulle sponde dei laghi, dalle quali si tuffano i bambini non molto lontano da famiglie di ippopotami sospettosi od ancora il profumo dei fiori di acacia sotto le cui chiome ci si ritrova a chiacchierare la sera o a cercare un po’ d’ombra di giorno, come accade nella piazza di Axum.
Il suono è quello del salmodiare dei monaci copti, che avvolti nelle loro tuniche bianche pregano solitari o in gruppi, eteRnamente fuori e dentro le chiese o sull’argilla rossa dei cortili degli antichi monasteri, ed è quello dei richiami, mai sguaiati nei mercati dove si vendono il mango e le banane, monili d’argento e ceci, pesci e dipinti su pergamena che rappresentano trionfi di angeli e profeti. O ancora quello dell’Ethiop jazz, che inizi ad ascoltare già sull’aereo.
L’ETIOPIA È LA TERRA DEL MITO
In primis il mito delle Origini.
Qui è nata l’umanità e qui ancora riposa, in silenzio, nelle sale del Museo Nazionale di Adis Abeba. Ci sono proprio tutti, quelli che prima ho studiato, poi insegnato a scuola: la famosissima Lucy, Hardy (la copia) , Selam, il bambino di 4 milioni di anni, grande come un pupazzo e fragile come un merletto al tombolo e poi i loro cugini Australopitecus Afarensis, Bonsei, Ramapitecus, Homo Abilis, Erectus…
Uscita dal museo mi son fermata a sorseggiare una bibita in un giardino fiorito di ibiscus ed oleandri in compagnia di enormi testuggini che brucavano tranquille e indifferenti tra i tavolini dei clienti e la statua commemorativa del Negus Hailè Selassè, fossili viventi anche loro.
Mai animale fu più adatto al loco.
In secundis il mito biblico della Regina di Saba e dell’Arca dell’Alleanza.
Ad Axum , la città santa dei Cristiani Copti, secondo la tradizione, che qui è fede, nella cattedrale di Nostra Signora di Sion è conservata l’arca che custodisce le Tavole della Legge. L’unico che può accostarsi e custodirla è un santo monaco giallo vestito che qui, entro il confine del recinto sacro, trascorre tutta la vita, uscendo una sola volta l’anno, quando l’arca viene portata in processione, ma coperta da un drappo, poiché, si dica , chi osasse vederla, verrà incenerito. Naturalmente la cattedrale si può osservare solo da lontano, a nessuno è concesso entrarvi.
Interessante anche il museo adiacente che contiene antiche croci in stile axumita, di Gondor e di Lalibela, corone, paramenti reali e antichi e preziosi drappi di copertura.
Imperdibile la visita al Parco delle Steli axumite, monoliti risalenti al 6°-7° secolo a.c. che venivano poste sulle sepolture di re, nobili e gente comune.
A pochi minuti d’auto dal parco, in una pietraia assolata, tra fichi d’india e resti di antiche steli che escono dal terreno come denti di squalo preistorico, sorgono i resti di un palazzo reale del 10° secolo a.c., identificato da archeologi tedeschi come il palazzo della Regina di Saba, la mitica, bellissima regina che ebbe un figlio da re Salomone, il famoso Menelik, da cui discesero i Faleshia, gli Ebrei neri.
Se si pensa che solo il 20% del suolo è stato sondato dagli archeologi, probabilmente nasconde tuttora ricchezze degnem veramante di Salomone! Qui i bambini, lungo le strade, infatti, vendono, per pochi soldi, monete axumite trovate scavando nel terreno e altri piccoli reperti.
Una curiosità è stata quando l’autista mi ha portato in una casupola di mattoni che io ho scambiato per una stalla di capre. In in realtà, mi trovavo nella sede della stele del re Ezane. Si tratta di un monolito con inciso un testo trilingue: in Sabeo, in Ge’ez e in Greco antico, in cui si esaltano le gesta del monarca Ezane in Etiopia ed in Arabia, che si conclude augurando a chiunque in futuro decidesse di spostare la stele dal sito originario, una morte violenta ed in giovane età. Ecco perché la Rosetta subsahariana è conservata in una stalla, sorvegliata da un vecchio pastore!
Ed ancora il mito dell’Età dell’Oro.
Visitando Gondor, l’antica capitale seicentesca del re Fasilide,si rivive il fasto di un regno perduto nel tempo, attraverso le fortezze merlate, i palazzi e le piscine reali. Camelot d’Africa, qualcuno l’ha definita, età dell’oro in cui il regno di Fasilide commerciava in aviorio, spezie , incenso e caffè con lo Yemen e l’Arabia.
Ed infine Lalibela, la città sognata dal mitico re Lalibela e costruita seguendo il volere di Dio tra il 12° e 13° secolo.
È un complesso di chiese rupestri scavate in monoliti di gres rosso, finemente decorate all’ esterno. La visita è un’avventura che ti porta ad incunearti in un labirinto di cunicoli, scale e scalini, ponti, stretti passaggi da un edificio all’altro, tra chiese ipogee e cappelle dipinte, illuminate da una misera lampadina attivata da un generatore. Qui, nella cappella del Golgota, riposa anche il re Lalibela in un sepolcro ad imitazio Christi ( interdetto alle donne) e qui i monaci intonano salmi accompagnati da sistri d’argento e tamburi in pelle, come ai tempi di Salomone.
Qui si respira un misticismo profondo, una fede ascetica e profetica.
Una fede antica, risalente al tempo degli Apostoli.
A Lalibela mi son fermata 2 giorni, vista la complessità e la bellezza del sito ed ho prenotato prima l’ingresso, il cui costo è piuttosto elevato, sui 50 euro, ma la bellezza stupefacente del luogo li ha valsi tutti.
È necessario avere con se il passaporto per registrare l’ingresso.
Prima di intraprendere la visita, è usanza assicurarsi per pochi soldi un “custode delle scarpe” che ti seguirà lungo tutto il tragitto per dare un’occhio alle tue calzature, visto che in chiesa si entra scalzi. Ruolo svolto dai membri delle famiglie più povere.
Per riprendermi dalla stanchezza della visita, Mamo mi aveva riservato un hotel di proprietà di un suo amico fraterno: L’Old Abyssinia Lodge, che mi ha lasciato a bocca aperta!
Si tratta di un hotel strutturato come un piccolo villaggio etiope con camere a forma di tucul, dotate di ogni confort ed è posto proprio sulla cima di una collina, per cui la vista spazia su tutte le valli ed i monti circostanti. Bisogna avere l’accortezza di chiudere sempre la porta delle terrazze di cui ogni stanza è dotata, perché aquile, falchi e avvoltoi, che vedi volare da vicino, potrebbero entrare. Qui sei veramente immersa nel respiro potente della natura.
I gestori sono affabili e premurosi, sempre pronti ad offrirti un caffè caldo o un piatto di frutta appena raccolta e veloci nella soluzione di qualsiasi problema. A me hanno aggiustato il cellulare con un ago da cucito!
La cucina, poi, è ottima; propongono piatti della tradizione vari e gustosi, scostandosi un po’ dalla onnipresente enjera, che dopo un po’,non ne puoi più!
Per ultimo il mito dell’Impero.
Noi siamo ferengi, dall’inglese foreign, stranieri.
Gli Italiani soprattutto sono ferengi, Per anni siamo stati il loro Occidente, il loro Uomo Bianco.
Una guida mi raccontava che l’anziano nonno, alla vista dei primi turisti giapponesi esclamò: “Ma cosa è successo ai ferengi? Come son diventati bassi e strani, che occhi buffi!”
Nel bene, ma soprattutto nel male, (se pensiamo in passato agli orrori del maresciallo Graziani ed allo sterminio di Debra Libanon) siamo due popoli legati, o meglio ci siamo parecchio frequentati, come si dice di un vecchio fidanzato. Tracce d’Italia son sparse per tutta l’Etiopia, ad Addis Abeba trovi l’Albergo Roma, il Cinema Centrale, un vecchio edifico delle Poste e del Telegrafo trasformato in hotel …L’architettura del Ventennio spunta tra un grattacielo e tre baracche di lamiera.
La nuova Gondor, fu costruita poi interamente dagli Italiani, fu l’ultima roccaforte fascista. Sulla piazza si affaccia l’unico caffè, ancora interamente arredato in stile Decò, con lampadari in vetro di Murano, sedie Liberty e tavolini di marmo.
Lungi da me lo spirito nostalgico, è comunque molto interessante dal punto di vista storico ed architettonico, vedere questo paese anche da questa angolazione.
E non dimentichiamo le contaminazioni culinarie. Ad Axum, ho mangiato uno dei migliori ragù alla bolognese della mia vita, unica nota locale: il peperoncino. E se lo dice un’emiliana…
Nata a Reggio Emilia, città un cui vivo e lavoro. Giro qua e là perché sono curiosa o perché mi annoio. Quando non lavoro, viaggio o mi annoio, sto con i miei 5 cani e una gatta nera.