La vita nelle Maldive ai tempi del Ramadan

Il 2008 è stato un anno bisestile e secondo un detto anche funesto. Molti lo ricorderanno per le sfighe che li hanno colpiti in quell’anno, ma anche per la crisi, le Olimpiadi di Pechino e per il primo presidente americano di colore. Io, invece, me lo ricordo per le Maldive. È stato proprio in quell’anno che mi sono trasferito in questo paradiso per lavoro, precisamente sull’isola capitale, Malé. Non sono mancate le avventure, i momenti belli, quelli brutti e le situazioni che non sono comuni per noi occidentali. Una tra queste situazioni in cui mi ritrovato e riadattare è stato il Ramadan.

Malé, Maldive

Sinceramente conoscevo poco del mondo musulmano e delle sue usanze, soprattutto alle Maldive. Non sapevo che l’unica religione ammessa qui fosse l’Islam. A molti turisti capita di arrivare dall’India con delle statuette di divinità come souvenir, che alla dogana vengono puntualmente requisite per poi esserer restituite alla partenza. E non conscendo l’Islam, non sapevo cosa fosse il Ramadan, che in quell’anno si teneva dall’1 al 30 settembre, un mese in cui la religione impone il completo digiuno dal sorgere del sole al tramonto.

Malé, Maldive

Mi sono trovato a dover riadattare le mie abitudini alimentari, ma anche a dover rispettare in maniera rigida dei principi che non immaginavo. Gli spaghetti alla matriciana erano diventati spaghetti con panna e salsa di pomodoro, giusto per fare un esempio, e sembravano più colla che veri spaghetti, tra l’altro scotti a puntino. Mangiavo cibi che non avevo mai visto, conditi da spezie abbondanti, e trovarmi nel periodo del Ramadam non mi ha certo aiutato.

Dopo tre mesi di permanenza, ho dovuto riadattare tutto nuovamente, a partire dagli orari della cena. Ora si doveva cenare dalle 17,15 alle 17,45, poiché dopo cenavano i dipendenti di religione musulmana. Il nostro buffet era spesso limitato in quanto lavoravano solo i cuochi non musulmani, quindi pochi, come la quantità del cibo che ci veniva presentata. Niente pasta, poca carne, solo chapati, pesce, verdura e spezie. Mi è capitato anche di presentarmi a cena alle sette e vedermi sfilare il piatto già pronto quando un cuoco mi ha chiesto: “Are you muslim?” No, ovvio. Bene passa dopo le nove, se c’è ancora cibo. Morale: a letto senza cena, perché la cucina chiudeva ben prima delle 21.00.

chapati_Anjuli Ayer

Durante la giornata non è che le cose andassero meglio: se si voleva mangiare qualcosa si doveva rispettare coloro che per obblighi religiosi non si potevano cibare. Il discorso cibo veniva puntualmente evitato, e per mangiare si era costretti a mangiare di nascosto per non “indurre in tentazione” i colleghi. Poche pause, se qualcuno chiedeva dove fosse il collega si rispondeva che era in camera, non a pranzo.

Anche il momento della preghiera era fondamentale. Capitava che molti si dovessero assentare per recarsi in moschea, oppure pregavano dove capitava, in ufficio o in una zona non frequentata dai turisti, condizionando il lavoro di chi non pregava. A volte ci veniva chiesto di uscire dall’ufficio in quanto i cinque momenti di preghiera della giornata, irrinunciabili per un buon musulmano, venivano svolti in privato.

Preghiera, Islam

Però ci sono stati anche momenti di “trasgressione”. La rigidità è esibita più che altro di fronte alla comunità. Molto spesso, a fine cena, vedevo colleghi uscire dalla mensa serale con piatti e sacchettini di cibo, ufficialmente per la notte, ma se penso al fatto che più di qualcuno si assentava dal lavoro fuori dagli orari di preghiera, mi viene da pensare che il cibo tornasse utile lontano dagli occhi altrui.

Mi sono trovato a parlare anche con molti amici a proposito del Ramadan, e ho chiesto loro se tutti lo praticassero. In sintesi quello che ne ho ricavato è stato che molti ne farebbero a meno, ma la società lo impone e quindi bisogna far vedere che si pratica, trasgredendo solo in privato e mai in pubblico.

Senza dubbio la cosa più bella del Ramadan, inteso come momento gioioso, non solo per i musulamani, ma anche per tutti gli altri, è l’Eid Mubarik ossia la fine del Ramadan. Una festa che per solennità equivale alla nostra Pasqua: è un momento in cui ci si scambia gli auguri indipendentemente dalla fede religiosa e si festeggia tutti insieme con un lauto buffet per tutta la giornata.

Foto di copertina: Thoddoo, Maldive di Alessandro Caproni.

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