Quando arriviamo a Tower Hill ci sono già una decina di persone raggruppate intorno alla nostra guida: ha in mano un depliant con il logo del sito dal quale ho prenotato, per cui ci avviciniamo. Nell’attesa che arrivino tutti i partecipanti, ci spiega che a Londra vengono organizzate decine di walking tour sulle tracce di Jack the Ripper, ma – a suo dire – questo è l’originale.
Il loro capo, un certo Donald Rumbelow, pare essere un autorevole studioso del più famoso serial killer della storia. Mentre ci allontaniamo da Tower Hill, Greg ci racconta la storia di Jack lo Squartatore, l’omicida che tentò di placare la sua sete di sangue nei quartieri popolari della Londra del 1888. Scopriamo così che il nome fu opera di un giornalista che scrisse una lettera alla polizia in cui fingeva di essere l’assassino, firmandosi con il nome Jack the Ripper. Fino ad allora, il criminale era noto come “l’assassino di Whitechapel”.
Nel frattempo arriviamo a Gunthorpe Street – all’epoca George Yard – dove Martha Tabram fu uccisa. Ci sono pareri discordanti su questa vittima: secondo molti studiosi non vi è certezza sul fatto che sia stata uccisa dallo Squartatore. Da qui, in pochi minuti siamo a Osborne Lane, una traversa di Brick Lane. Ci troviamo nel cuore dell’East End, quartiere che a fine Ottocento ospitava i bassifondi popolati da operai e prostitute. È qui che fu assassinata Emma Smith, altra vittima sulla quale non c’è un parere univoco. Le certezze arrivano a Durward Street – un tempo Buck’s Row – dove fu trovato il cadavere di Mary Nichols. Con lei lo Squartatore getta le basi di quello che sarà il suo modus operandi, partendo dalla tipologia delle vittime – tutte prostitute – per arrivare al metodo preciso con il quale operava, tagliando prima la gola e procedendo alla mutilazione addominale. Senza battere ciglio, Greg ci spiega come in alcuni casi l’assassino rimosse alcuni organi interni, facendo pensare alla polizia che il killer potesse essere un medico.
Continuiamo tra vicoli bui il pellegrinaggio lungo il percorso infernale dello Squartatore, attraversando Hanbury Street, luogo del ritrovamento del cadavere di Annie Champman, Berner Street – ora Henriques Street – dove fu uccisa Elizabeth Stride, e Mitre Square, scena dell’omicidio di Catherine Eddowes. Camminiamo da oltre un’ora, lungo un percorso a zigzag che segue la cronologia degli omicidi: non è ottimale dal punto di vista logistico, e forse per via della stanchezza nessuno apre bocca. O forse perché ognuno immagina ciò che ha descritto Greg. Non riesco a non pensare a Mary Kelly, l’ultima vittima, uccisa nella sicurezza della sua camera a Dorset Street, strada che ora non esiste più. Al suo posto ci sono dei magazzini, e magari è meglio così.
Nessuno fa domande quando la guida finisce di descrivere nei minimi dettagli l’uccisione di Mary Kelly e le mutilazioni subite.
Greg si congeda davanti al Ten Bells, il pub dove gli abitanti degli slum dell’East End si ritrovavano per una pinta. Forse lo stesso posto in cui lo Squartatore sceglieva le vittime? Ci lascia senza dire altro, ma non c’è nulla da aggiungere. Lo Squartatore non è mai stato preso, e anche per questo è diventato famoso.
Per quanto mi riguarda, l’unica soluzione può arrivare sotto forma di una birra: entriamo al Ten Bells, dove non c’è niente che ricordi Jack e le sue vittime. È un vecchio pub dai pavimenti di legno, i divani di pelle consumata e i tavolini traballanti. Beviamo una pinta al banco, accanto a un gruppo ragazze poco vestite nonostante il clima di fine novembre. Forse aspettano di andare a cena in uno dei locali che negli ultimi anni hanno aperto intorno all’Old Spitafields Market. Il che mi fa venire in mente che siamo vicini a uno dei ristoranti che più mi piace a Londra. E che non abbiamo cenato. Lasciamo il Ten Bells, diretti al Saint John Bread & Wine.
È il “fratello minore” del più noto St. John di Clerkenwell, dove lo chef Fergus Henderson coniò la filosofia del nose to tail eating. La visione innovativa dello chef inglese rivoluzionò il modo di approcciarsi alla cucina e il libro omonimo andò a ruba nel 1999, diventando oggetto del desiderio di cuochi, esperti del settore e amanti del cibo. Henderson sovvertì la dottrina gastronomica dell’epoca, sostenendo che niente andasse buttato via: tutto quello che un animale ha da offrire – incluse le orecchie, le interiora, la coda – deve essere mangiato. Altrimenti, non sarebbe giusto nei confronti dell’animale. Lo racconto al mio compagno, che mi guarda disgustato, facendomi notare il macabro parallelo con i racconti dell’assassino di Whitechapel di poco fa. Ma quello che è stato è stato, o – per dirla all’inglese – live and let die. Noi siamo vivi e dobbiamo mangiare.
L’interno del locale è minimal, con i pavimenti e le pareti bianche e l’arredamento ridotto allo stretto necessario. La cucina è a vista, con gli chef intenti a cucinare i piatti del menù che non è diviso in base al tipo di portata, ma varia a seconda delle ore della giornata. La tradizione è il filo conduttore: piatti preparati in maniera semplice, senza sprecare nulla. Ordiniamo insalata di zucca con yogurt e zuppa di carciofi, poi vitello arrosto e potted hare, carne di lepre macinata, cotta nel suo stesso sangue con l’aggiunta di vino rosso e conservata con il bacon. Avremmo voluto ordinare il suckling pig, il maialino arrosto, ma occorre prenotare.
Mi consolo con il dolce: il più classico apple crumble e poi steamed date sponge and butterscotch, pan di spagna ai datteri con una sorta di dolce al caramello. Concludiamo con un caffè, prima di uscire nella nebbia londinese, lungo le strade dove anni fa camminava Jack the Ripper, diretti verso Liverpool Street.
Informazioni pratiche
Jack the Ripper Walk – tour a piedi
The Ten Bells – 84 Commercial Street, London
St. John Bread & Wine – 94 Commercial Street, London
Foto di copertina: Bob Dilworth
Abito in un piccolo paese di provincia e lavoro in un ufficio in una stradina secondaria. Immagino però di vivere a Notting Hill, di lavorare a Williamsburg, di prendere un aperitivo a Montmartre e di cenare a North Beach. E magari di fare shopping sulla Fifth Avenue. Non so cucinare, ma adoro mangiare. Mi piace conoscere un posto nuovo attraverso il suo cibo e le sue tradizioni culinarie. Non riesco a fare a meno di raccontare quello che ho scoperto agli altri.
Davvero interessante! Adoro la storia di Jack The Ripper, mi piace informarmi e sapere nuove notizie su questo caso quindi un tour sarebbe l’ideale! Bell’articolo! 🙂
La storia di Jack the Ripper è spaventosa… Circa un anno fa vidi un documentario, ben fatto, in cui a seguito di alcune indagini sono riusciti a risalire ad un presunto assassino
Sono tornato la settimana scorsa da Londra… leggo il tuo articolo e “sorrido”… indovina dove ho alloggiato durante il mio soggiorno? Niente “popòdimenoche” a Whitechapel!!!
Comunque l’ho trovato davvero interessante, è un modo diverso di scoprire Londra.
Sì i walking tour a Londra sono un modo interessante per passare una serata diversa!
Laura, hai ragione. Pensa che la notte dopo il tour non riuscivo a dormire – forse anche perché il tour leader era davvero bravo a ricreare l’atmosfera.
Ah ma che bello! Io di solito sto a Lancaster Gate. In che albergo siete stati voi?
Ero in appartamento. E’ un’ottima soluzione se si vuole risparmiare qualcosina 😉