Ricordi di infanzia che piacevolmente si affastellano ritornando in Puglia per l’educational tour a Tiggiano.
Lo sguardo si perde lontano, fra distese di ulivi centenari, masserie, cumuli di pietre, muretti e “paiare”, che caratterizzano l’aspro paesaggio rurale. Queste ultime, dette anche “Furnieddhi” scopriamo che sono originali costruzioni di forma conica o piramidale, realizzate a secco, come deposito di materiali agricoli. Una straordinaria ingegneria della semplicità che connota un vissuto all’insegna dell’economia di sussistenza scandita dai ritmi ciclici dei lavori agricoli stagionali.
Fra agavi che svettano al cielo, quasi a volerne invocare la clemenza nelle troppe avversità, e la vegetazione riarsa dalla calura estiva, serpeggia la demonizzata poesia dell’abbandono.
A poca distanza, però la distesa marina fa capolino, invitando al refrigerio dello spirito, prima ancora che del corpo spossato. Affiorano così, nelle molteplici testimonianze storiche disseminate intorno a masserie e piccoli santuari, echi di epopee leggendarie che aleggiano significativamente su questi luoghi del Salento, incastonati a guisa di splendidi diademi in contesti ambientalistici di notevole pregio, come il Parco naturale di Otranto e S.Maria di Leuca.
AI CONFINI DELLA TERRA: SANTA MARIA DI LEUCA
Il Capo di Leuca è stato da sempre crocevia di civiltà e culti cha hanno fuso miti e storia. Svariati sono i luoghi religiosi che attestano le diverse religioni, chiese, basiliche e cattedrali risalenti a epoche diverse. Tra queste la Basilica Santuario “Santa Maria de finibus terrae” (ai confini della terra) un grande tempio dedicato dai Romani alla “Dea Minerva”.
La millenaria storia del Capo di Leuca, è raccontata da reperti custoditi nel Museo Archeologico “Salvatore Zecca di Ugento”, ubicato all’interno dell’ex convento dei Francescani di Santa Maria della Pietà. Oltre a cimeli della storia locale, sono presenti resti fossili e oggetti risalenti all’età paleontologica e a quella della civiltà messapica.
30 GROTTE CHE EVOCANO STORIA E MITI
Un patrimonio ambientalistico di inestimabile valore è quello rappresentato dalle circa trenta grotte di età preistorica e natura carsica dai nomi evocativi di storia e miti: “Grotta Porcinara” (ad est di Punta Ristola, sulle pareti vi sono testimonianze epigrafiche ed iscrizioni in greco, latino e messapico) ,“Grotta del Diavolo”, “Grotta del Presepe “ e “Grotta dei Giganti”. Sul versante di levante è celebre la “Grotta del Morigio” , così detta perché secondo la tradizione i Mori si fermarono lì prima di attaccare Leuca, e la Grotta degli Innamorati, che come questi luoghi, invita a sognare, proiettandosi in suggestioni paradisiache.
ALLA RISCOPERTA DEI TESORI DEL SALENTO MINORE
Altra tappa significativa è stata quella nella cittadina di Salve, dove sono stati rinvenuti siti che hanno rivelato l’esistenza di insediamenti umani fin dall’età del bronzo. Davvero straordinari i trappeti ipogei, frantoi risalenti al 1600, a guisa di caverne sotterranee che si schiudono celando anfratti inquietanti. Il nome di tali opifici, atti alla produzione del pregiato “oro giallo”, deriva dal fatto di essere scavati sottoterra per favorire la spremitura delle olive e l’estrazione dell’olio che altrimenti tendeva a solidificare. Splendidi frantoi di questo tipo si trovano anche a Specchia, a Presicce, ad Acquarica del Capo e a Morciano di Leuca.
Bellezze archeologiche che è stato bello assaporare grazie ad alcuni appassionati giovani come Giacomo Cazzato e Marco Cavaleri, giovane archeologo, Presidente della Pro loco Torre Vado e dell’Associazione Archès che si adopera per valorizzare quello che a molti appare come un natìo borgo selvaggio.
“Paesaggi e smarrimenti del Salento minore” è stato denominato il breve viaggio che ci ha accompagnati a riscoprire i tesori più celati di questo estremo lembo dell’Italia, posto fra i due mari dell’Adriatico e dello Ionio.
Il manipolo di privilegiati comunicatori del turismo è stato accolto sabato 17 giugno a Tiggiano nel Palazzo baronale, solennemente inaugurato dopo il suo restauro. Alla serata hanno preso parte l’attrice Helen Mirren, premio Oscar per il film “The Queen” e il marito regista e produttore, Taylor Hackford (celebre il suo“Ufficiale e gentiluomo”), proprietari di un’antica masseria e cittadini onorari di Tiggiano. A far da corollario, la presentazione del bel libro dell’antropologo Vito Teri “Quel che resta. L’Italia dei paesi tra abbandoni e ritorni”.
Lo studioso ci ha onorato della sua presenza, camminandoci a fianco, sondando con noi i meandri della storia che si legge sulle porte consunte delle abitazioni, sulle scritte incise nei muri che inneggiano a figure monarchiche non ben identificate. Il giorno successivo ci sono stati forniti maggiori ragguagli sulla località che ci ospitava , a 15 km dal Capo di Leuca e a 3 km dal Mare Adriatico, Tiggiano ottenne la piena autonomia nel XVII sec. dopo essere dipesa per secoli dalla Contea di Alessano.
Angelo Serafini Sauli, notabile di Morciano, la acquistò edificando un castello che dall’86 è sede del Comune, circondato da un appezzamento di macchia mediterranea, costituita da lecci e pini. Di un certo pregio è la produzione di una particolare carota: la Pestanaca di Sant’Ippazio, santo orientale del 300 d. C., divenuto poi patrono del paese e protettore dell’ernia inguinale, della fertilità e virilità maschile. In occasione della sua festa, il 19 gennaio, vengono vendute le pestanache, insieme alle giuggiole caramellate.
Nella periferia di Barbarano del Capo abbiamo visitato il monumentale complesso di Santa Maria del Belvedere (detta Leuca Piccola), struttura eretta tra il XVII e il XVIII sec., con la funzione di luogo di ristoro e di sosta lungo la “Via dei Pellegrini” che conduceva al Santuario della Madonna di Leuca. Un imponente porticato in stile neoclassico, addossato al preesistente edificio di culto, consente l’accesso al suo interno.
Nella sacrestia vi sono due confessionali ricavati nella roccia e un ampio ipogeo sotterraneo che ospita cuccette e tre profondi pozzi che garantivano acqua per i viandanti.
A Giuliano di Lecce, oltre al castello, ci hanno colpito le tante epigrafi disseminate dinanzi alle case, una forma di ostentazione della cultura da parte dei tanti notabili del luogo e alcuni balconi con mascheroni apotropaici, un modo per allontanare gli spiriti maligni incombenti. A Tricase, in una sorta di rapimento estatico, abbiamo ammirato il castello cinquecentesco, la Chiesa madre del ‘700 e la Chiesa barocca di S.Domenico. Nei pressi di Tricase Porto si incontra la Quercia vallonea, denominata la Quercia dei “Cento Cavalieri”, un dolmen vivente, che rappresenta il più maestoso monumento arboreo plurisecolare della Puglia.
IL PAESAGGIO NATURALE DEL SALENTO
Ciò che ci ha maggiormente affascinati è però il paesaggio di pietra del sentiero a picco sul mare, che abbiamo affrontato con un gradevole minitrekking , tra il Ciolo e le Grotte Cipolliane. Dalla stradina che parte da Gagliano del Capo si percorre un tratturo che si snoda fra falesie e pareti di roccia verticali in cui si aprono suggestive cavità, frequentate fin dal medio Paleolitico. Lo sguardo spazia avidamente da Punta Palascia, presso Otranto, alla catena montuosa degli Acrocerauni, in Albania e al profilo dell’isola di Othonoi in Grecia.
Appoggiavamo i piedi su selci del Paleolitico superiore, frammenti fossili di ogni sorta e gusci di molluschi bivalvi, splendida l’ebrezza procurata dalla miscellanea di profumi e di colori della vegetazione che ci avvolgeva. Una scoperta fantastica è stata quella legata ad un’altra protagonista dell’ambiente rurale: l’architettura rupestre, straordinaria testimonianza di un’ancestrale tradizione religiosa, rappresentata da cripte, come l’insediamento di Centopietre a Patù, la Chiesa del Gonfalone a Tricase e la Chiesa di Sant’Eufemia a Specchia.
Abbiamo visitato il primo, proprio nel giorno della solenne infiorata che troneggiava nella via Principe di Napoli, preparata con pazienza certosina la notte precedente e su cui abbiamo visto sfilare la solenne processione al termine di una giornata che ha attirato centinaia di visitatori desiderosi di osservare le numerose immagini sacre realizzate con petali di fiori policromi.
Centopietre è un antico monumento funerario, che sorge nella zona sud dell’abitato, ad una decina di metri dalla chiesa di san Giovanni Battista, in un terreno chiamato Campo di Re la cui origine risale al IX sec, che si fa risalire al generale Geminiano, ucciso dai Saraceni nell’877 d. C. La struttura, convertita in chiesa paleocristiana nel Medioevo, venne costruita in cento blocchi di roccia calcarea provenienti dalla vicina città Messapica di Vereto, decorata con affreschi a tema sacro.
Fra gli aspetti curiosi che hanno suggellato il nostro denso tour è stata la visita a L’antica masseria del Fano, ora lussuoso resort, costituita da una torre di difesa datata 1577 e fatta edificare da Ferrante Gonzaga, conte della vicina città di Alessano. Ancora più particolare è stata a Spigolizzi, nei pressi di Salve, la visita alla masseria abitata per trent’anni dallo scultore belga Norman Mommens e dalla compagna Patience Grey, scrittrice e giornalista inglese.
In questa struttura che ha mantenuto il sapore decadente, con opere dì arte disseminate nel terreno circostante, abita ora il figlio di Patience, Nicolas Gray, che ci ha piacevolmente intrattenuti con suoi curiosi ricordi, attorniati da 16 assonnati gattoni e cimeli di ogni sorta. I suoi genitori si fermarono qui perché non c’erano strade. Era la fine del mondo. Vivendo per tanti anni senza elettricità, sono stati antesignani della decrescita felice, praticandola costantemente.
SPIAGGE SALENTINE
Come non rammentare la fugace ma appagante sosta a Pescoluse, dieci chilometri di sabbia fine e dorata il cui tratto finale viene soprannominato Maldive del Salento, per uno stabilimento balneare così chiamato. Una Torre emerge dal mare in mezzo ad acqua limpida e cristallina, dinanzi ad un litorale basso e sabbioso con dune retrostanti. Poco lontano vi sono grotte carsiche e testimonianza archeologiche di pregio come un dolmen e una tomba del 2500 a.C..
PASSATO E PRESENTE
Ricorderemo anche con piacere di aver potuto accedere ad un laboratorio giovanile in cui la poliedrica Melissa, una delle nostre preziose guide, ci ha mostrato la sua collezione di telai (la tessitura era attivissima ad Acquarica del Capo), che ambisce a far divenire una sorta di fulcro per la diffusione di abilità artigianali di storica memoria. Uno sguardo lungimirante teso al recupero di antichi valori insiti nella civiltà di appartenenza, guardando nel contempo a delle opportunità di sviluppo economico nel campo manifatturiero.
A Marina Serra in un ‘ex casa cantoniera, abbiamo, accostato la realtà dell’Associazione “Coppula tisa”, denominata Celacanto, che si connota come una fucina creativa di iniziative multidisciplinari, con l’obiettivo di tenere alta la memoria rispetto ad esempi positivi di cittadinanza attiva.
ENOGASTRONOMIA SALENTINA
Non sono mancati approcci con la robusta enogastronomia salentina accostata a Tiggiano presso il ristorante “La voce del mare”, “Il Borghetto” a Salve e soprattutto, rammenteremo “La rue de li travaj” di Patù, un contesto molto accattivante in stile antica osteria, dove abbiamo avuto modo di essere intrattenuti dal simpaticissimo gestore che si è profuso in aneddoti di storia personale, raccontati in maniera estremamente colorita tanto da suscitare l’ilarità di tutti i commensali.
Protagonista delle tavole è l’olio extravergine di oliva ovviamente, da assaporare con il pane, spesso preparato con il pregiato grano “Cappelli” che vanta una storia di selezione non manipolata, sorta nel 915 e oggi modello di tipicità e qualità. Da esso si ricavano le frise e la pasta fatta in casa (sagne ‘ncannulate, orecchiette e “minchiareddi).
Fra i dolci primeggia la pasta di mandorle, i “purceddhuzzi” che sono del periodo natalizio, con la loro variante delle “carteddhate”, i “mustazzoli” con la cannella, rappresentano una ventata d’oriente in ambito locale.
Specialità veramente strepitose come il sapore di questa Terra che, sia pur se assopita in un sonno atavico, ambisce a far emergere tutta la sua straordinaria bellezza, schiudendosi come uno scrigno incagliato nei fondali degli splendidi due mari che la accarezzano e procurando una sorta di silenziosa melodia ammaliatrice.
Oltre alla passione per la scrittura, un modo per “viaggiare” con le parole nelle molteplici sfaccettature della realtà, mi piace dedicarmi al trekking e al cicloturismo. Ho iniziato a viaggiare a quattro mesi, quando i miei genitori si sono trasferiti dal sud a Milano per motivi di lavoro, ripetendo lo stesso percorso, ogni anno, fino alla maggiore età. Ho visitato molti stati europei organizzando meticolosamente il viaggio e documentandolo grazie alla mia inseparabile macchina fotografica.