Alle quattro del mattino il freddo si fa sentire anche in Namibia. Stamattina non avevo il coraggio di uscire dal sacco a pelo.
Dormire in tenda sta diventando un po’ più impegnativo, ma bisogna considerare anche che chi scrive è una freddolosa cronica. Osservo i miei compagni di viaggio fare colazione intorno alle braci ancora calde della sera precedente: iniziano ad essere visibili i segni della stanchezza.
Abbiamo già percorso oltre 5000 chilometri, per lo più su strade sterrate, ci siamo svegliati quasi sempre all’alba, abbiamo dormito nelle tende montandole e smontandole tutti i giorni e abbiamo preparato la maggior parte dei pasti usando la cucina da campo. Un viaggio meraviglioso, non c’è dubbio, ma allo stesso tempo anche molto impegnativo. A chiunque decidesse di intraprendere un’avventura simile consiglio solo di non prenderla sottogamba.
Intorno alle nove arriviamo al Fish River Canyon (80 dollari namibiani a persona), secondo per dimensioni soltanto al Grand Canyon in Nord America. Purtroppo però siamo nella stagione secca, non c’è acqua nel fiume e questo comporta un impatto cromatico meno intenso.
Alcuni miei compagni di viaggio che sono stati al più celebre canyon americano dicono che la differenza più grossa sia proprio nei colori, anche perché qui le pareti rocciose tendono più al grigio e hanno quindi una tonalità meno brillante. Si tratta comunque di un colpo d’occhio impressionante e il panorami è mozzafiato.
Dopo una breve passeggiata ripartiamo con il nostro camion. Facciamo una sosta in un negozietto/bar/ristorante (lo stravagante Lodge Canyon Roadhouse) per spendere le banconote namibiane avanzate perché stiamo per oltrepassare il confine ed entrare nell’ultimo paese che toccheremo in questo strepitoso viaggio: il Sudafrica.
Intorno alle due del pomeriggio arriviamo al confine. Salutiamo la Namibia con un po’ di nostalgia perché le meraviglie che questa nazione ci ha regalato sono davvero incommensurabili. Decidiamo di procedere il più possibile verso sud così da avere un po’ meno strada da fare domani.
In Sudafrica il paesaggio cambia molto e fa di nuovo la sua comparsa il colore verde della vegetazione, colore che scarseggia molto invece in Namibia. C’è anche un’altra novità: le nuvole, perlopiù cariche di pioggia. I vetri del nostro camion vengono bagnati per la prima volta dall’acqua piovana che però cessa quasi subito.
Per stasera siamo tutti d’accordo: complice il freddo e il brutto tempo – e il fatto che per ora siamo stati assolutamente dentro la cifra stabilita per la cassa comune – si dormirà in albergo. Intorno alle cinque di sera arriviamo a Springbok e iniziamo la ricerca della sistemazione per la notte.
Ci sistemiamo al Masonic Hotel (55 euro per la camera doppia con colazione). È un po’ caro per i nostri standard, ma siccome ce la facciamo rimanendo nel budget decidiamo di fermarci qui. L’albergo è molto confortevole e pulito e il personale molto gentile. La prima impressione della città invece non è per niente positiva.
Appena ci siamo fermati il camion è stato accerchiato da persone con facce per niente raccomandabili che per fortuna il nostro autista è riuscito ad allontanare. Anche in albergo ci suggeriscono di non muoverci da soli ma sempre in gruppo, segno che non si tratta di un posticino molto tranquillo. Già non eravamo pronti a rientrare nella civiltà, figuriamoci in una civiltà poco piacevole come questa! Sento già una forte nostalgia dell’Africa selvaggia…
Dopo una lunga e calda doccia ci incamminiamo verso il ristorante che ci è stato segnalato dal personale dell’albergo. Ceniamo quindi al Titbits Restaurant che propone un’ampia scelta di piatti a prezzi modici. Tornati in albergo decidiamo di rivivere il clima delle gite scolastiche trovandoci tutti nella mia camera per berci un té prima di metterci a letto.
Il giorno seguente ci svegliamo alle sette, facciamo colazione e siamo di nuovo in viaggio. Proseguiamo verso sud. Intorno alle due ci fermiamo in un piccolo paese, Clanwilliam, che dista 70 chilometri circa dalla nostra meta, Lamberts Bay.
Japhet si è accorto che il camion ha dei problemi. Fortunatamente ha saggiamente raggiunto un centro abitato per provare a spegnerlo, perché il camion non vuole saperne di ripartire. Cose che accadono, ma per fortuna qui c’è un meccanico al quale Japhet prontamente si rivolge. Alcuni di noi ne approfittano per recarsi in banca a cambiare i soldi, altri per fare spesa nel grande supermercato, altri per pranzare in qualche locale della via del centro.
Nonostante sia piccola, Clanwilliam è carina e piacevole da girare. Sicuramente non respiriamo la sensazione di pericolo provata ieri sera a Springbok. Dopo circa due ore di stop iniziamo a pensare che non riusciremo più a partire in giornata, ma alle cinque Japhet ci annuncia che il guasto è stato riparato e che possiamo rimetterci in marcia. In circa un’ora e mezza raggiungiamo Lamberts Bay, dove ci sistemiamo in una sorta di residence, l’Eureka, per 70 rand a testa (circa 7 euro).
Abbiamo due appartamenti da otto persone e due camere doppie. Gli appartamenti sono scarsamente curati e nemmeno troppo puliti ma vista la spesa va più che bene. Il punto a favore di questa sistemazione è che dà direttamente sulla spiaggia. Per la cena ci viene suggerito l’Isabella’s Restaurant nella zona portuale, nel quale ordiniamo tutti quanti pesce. Quello che scelgo io, il linefish, ovvero pesce fresco senza lische, è ottimo!
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Vivo a Torino, città che amo profondamente, ma nonostante questo mio amore, spesso, sento l’esigenza di scappare lontano da lei per scoprire altri nuovi splendidi luoghi. Credo profondamente che anche viaggiare sia una forma d’arte e che più il viaggiatore sviluppa curiosità, fantasia e originalità, più saprà creare itinerari di viaggio meravigliosi.