Sidemen – Bali
In scooter al tempio in fondo alla strada, deserto, il tempio in paese, deserto, ma allora dov’è la cerimonia religiosa di cui ci ha parlato Wayan? Al bar un equo scambio di informazioni, per un chi sono da dove vengo e se tengo famiglia ricevo in cambio strada a sinistra 500 metri e poi ancora a sinistra è là la festa. Scooter, i templi sono due, a destra uno in pietra serio e scuro, a sinistra uno in bambù pieno di luci e colori, in mezzo tre uomini in sarong nero e udeng bianco (bandana), state preparando una cerimonia? sì, posso partecipare? certo, anche mia moglie? nessun problema, scooter, guesthouse, moglie, sarong, scooter ed eccoci qui.
Il trentenne di prima, sorridente baffetti neri aria da team manager, ci accoglie nel tempio di pietra, nel cortile due uomini stanno tagliando a pezzi un maiale arrosto mentre altri rimescolano calderoni sul fuoco, foto? i cuochi sorridono e si mettono in posa.
Ma che festa è? è per consacrare il tempio, quello di legno? sì, perché l’avete costruito? per festeggiare i nostri morti, ma fate un tempio ogni anno? no, ogni dieci-quindici anni, quando ci sono i soldi, la festa è organizzata dalla nostra famiglia allargata, 90 nuclei familiari, 400 persone circa, ogni famiglia ha contribuito con 200 dollari, oggi si consacra il tempio di bambù, tra quindici giorni ci sarà la vera festa dei morti, ma dove sono tutti? in processione su una collina per prendere dei rami da un baniano sacro, tornano tra poco.
Il tempio di famiglia, quello in pietra, è molto grande, famiglia facoltosa? sorride, sugli altari sui tavoli per terra sotto i piccoli padiglioni ceste e cestini di ogni forma, composizioni floreali di una bellezza delicata, oggetti esotici in foglia di palma, si possono comprare? chiede mia moglie sottovoce, sono per le offerte agli dei, chiarisce il nostro team manager, c’è anche qui una specie di altare a forma di sedia vuota, come gli altarini che si vedono dappertutto, se preghi e inviti un dio gli devi almeno offrire una sedia dove sedersi, è la spiegazione.
Stanno tornando, sentite la musica? in due sulla torretta del tempio battono sulle lunghe campane di legno, poi arriva la musica del gamelan, una decina di suonatori in testa al corteo, ragazze sorridenti, bambine timide, sarong colorati, corpetti di pizzo bianco, le donne portano i rami del baniano sacro, gli uomini ciondolano qua e là senza far niente, entrano nel tempio di bambù, tre sacerdoti, le donne coi rami, qualche uomo, mentre mia moglie fa foto alle donne io mi accosto alla tenda dei suonatori di gamelan, ok foto ma un da dove vieni è il minimo sindacale, Itàly, Milàn, Inter, Thohir, ridono, ridiamo tutti, mi offrono dolci e caffè.
Dopo la cerimonia la festa è nel cortile del tempio di pietra, cuochi indaffarati, gente che va e che viene, uomini che discutono in mezzo al passo, bambini che mangiano di gusto sotto la tettoia, donne che fanno le timide davanti alla mia macchina fotografica, falle tu le foto che con te sorridono, volete mangiare? no, grazie, dobbiamo andare. Ritorno pieni di voci e di colori alla guesthouse in mezzo alle risaie, concerto di rane alla luna piena.
Kintamani
La bellezza delle donne, i costumi dei bambini, le divise dei clan, lo spettacolo dei colori, il suono del gamelan, il sorriso dei più piccoli, proprio non ci aspettavamo una festa così! Volete vedere una cerimonia al nostro tempio? ci aveva chiesto Matei, il nostro autista/accompagnatore al termine della visita ai due templi più famosi della zona, volentieri, che cerimonia è? è in onore degli dei (di più non ho capito) e si tiene ogni due anni, allora siamo fortunati, certo che ci veniamo.
Il Pura Tirta Mas Bungkah, sulla riva del lago, è proprio sotto la nostra guesthouse, tutti gli altri ospiti sono saliti sul vulcano Batur, una meta classica di Bali, qui vivono tutti di questo trekking ci aveva detto Matei, 500 persone al giorno salgono in cima, noi no, troppo pigri, noi scendiamo al lago.
Questo è il sindaco? capovillaggio? organizzatore? insomma è la persona più importante a cui Matei ci presenta per avere l’ok definitivo a partecipare alla cerimonia, non ci sono problemi anche dopo il mio ridicolo inchino a mani giunte in segno di ringraziamento, volete un caffè? sì, grazie, non si può rifiutare. Sotto la tettoia della cucina solo uomini, nei calderoni sul fuoco quello che sembra un ragù, ci guardano e sorridono, uno con un mestolo di roba rossa, volete assaggiare? è chili? no grazie, non siamo pronti, allora là alla montagna di verdure da pulire ci indica col mestolo, risate di scherno, ridiamo anche noi.
I fedeli arrivano a gruppi, in testa le bandiere, su una la svastica sempre un po’ angosciante per noi occidentali, poi il manipolo con le picche dai colori coordinati, udeng viola giacca grigia sarong nero, gruppo con ombrelli da parata, frange dorate udeng bianco corpetto bianco sarong giallo, dagli altoparlanti la nenia baritonale delle preghiere, altra compagnia lettighe con altarini pieni di offerte, udeng nero giacca nera sarong rosso, ma quanti sono? bandiere a vela bianche e gialle, udeng verde giacca grigio perla sarong arancio, e continuano ad arrivare.
Ma le più belle sono le donne, entrano in fila indiana portando in testa vasi con incredibili composizioni floreali tovaglie ben piegate frutta colorata calici d’argento, tutte con la kebaya, la camicetta di pizzo bianco stretta in vita da una cintura gialla, ferme in attesa di salire al terzo cortile sono una sfilata di regine sexy.
Chi non sta mai fermo sono i bambini, costumi coloratissimi, tutti con trucco pesante, anche i maschietti, i bimbi con un corpetto stile Tutankamon e un udeng dai mille colori, le bambine invece le vedi subito con quel costume rosso, e il cappello? quello con tutti i pendenti e i fiori? mi ricorda qualcosa ma non so cosa. Le due orchestre gamelan hanno ingaggiato una battaglia musicale, una sotto la tettoia di destra, l’altra di fronte, la prima ha tanti grossi gong, l’altra ha tre flauti, una suona una musica dolce ripetitiva ipnotica, l’altra pure.
Un’immagine improvvisa, le apsaras di Angkor Wat hanno le stesse acconciature! Le bambine sono vestite come le apsaras di Angkor Wat dico a mia moglie, sì va bene risponde lei senza girarsi e continua a fare la nonna con boccacce e ciao ciao alle bambine più piccole, e loro ridono.
Cresciuto, tanti anni fa, sui romanzi di Kipling, Salgari e Verne, ho ritrovato l’anno scorso su un mio quaderno delle elementari un tema che descriveva un fantastico viaggio in piroga su un fiume nel cuore della giungla indiana. È da lì che evidentemente è nato il mio amore per le culture del sudest asiatico, l’India in primis, e per i fiumi lontani e le foreste oscure a partire dalla mitica Amazzonia.