Metti un giorno di pioggia in Svizzera. Niente lago, niente gita tra i boschi o scampagnata in montagna. Si va in città. Il treno delle precise ferrovie elvetiche parte ogni mezz’ora da Affoltern am Albis – piccola cittadina di provincia – per raggiungere la stazione centrale di Zurigo in ventinove minuti esatti. Non trenta. Ventinove. Due o tre volte l’anno capita anche che arrivi con un lieve ritardo, ma dopo trenta secondi di insoddisfacene attesa i viaggiatori che allungano il collo sul binario 27 avranno già inviato una dozzina di SMS di protesta all’azienda ferroviaria, la SBB, per esprimere la loro indignazione per una simile caduta nel servizio.
La stazione centrale di Zurigo – Zürich Hauptbanhof – accoglie sotto la sua imponente cupola anche un vasto complesso di negozi di ogni genere, dai prodotti di elettronica ai vestiti, oltre a farmacie, bar, ristoranti etnici e bancarelle di prätzel e baguette. Appena fuori si è già in pieno centro. Il fiume Limmat segna il confine con la città universitaria, dove sono collocati l’Istituto di Tecnologia, l’università e l’ospedale universitario. Il corso d’acqua si riversa poi nel Lago di Zurigo, attorno al quale si estende la periferia cittadina.
Le strade sono solcate dai binari dell’efficente servizio tramviario di Zurigo che collega in maniera capillare ogni angolo della città. Con un biglietto di andata e ritorno da qualunque località è possibile usufruire dei mezzi cittadini – autobus, treno, tram e traghetto – per 24 ore. Altrimenti c’è la biglietteria automatica ad ogni fermata, ma la spesa in questo modo tende a salire drasticamente. Zurigo è cara. Tutta la Svizzera è maledettamente cara. Proseguendo lo slalom tra negozi e ristoranti si trovano rosticcerie vietnamite, venditori di kebab, pizzerie e pasticcerie, ma anche un semplice panino costa tra i 9 e i 15 franchi (6-10 euro). Ogni giorno tra passato tra le strade di Zurigo fa sembrare il mio conto in banca una candela profumata destinata a consumarsi rapidamente lasciandomi solo il ricordo della sua dolce fragranza.
Superato il centro si arriva finalmente all’area più interessante della città: la Langstrasse, l’area underground. Qui gli impiegati in giacca e cravatta non si fanno vedere, abbondano invece i ragazzi di strada che sfoggiano abbinamenti stilistici tra il punk e il new age. Tutti sembrano conoscersi, o forse sono abituati a parlare con familiarità anche a chi vedono per la prima volta. Non sembra neanche di stare in Svizzera, dove a parte il rituale buongiorno e buonasera anche tra passanti incrociati per strada le relazioni interpersonali si limitano spesso alle mura dell’ufficio o di casa.
Lungo la Langstrasse si trovano tutti i locali più coloriti e rocamboleschi della città, posti in cui la maggior partre dei miei amici elvetici non oserebbe neanche mettere piede. Ma gli abitanti di Zurigo sono una razza a parte, amano la musica, l’arte, ballare fino all’alba, bere ed esagerare. Sono i figli di italiani, spagnoli, greci, arabi, turchi, albanesi e iugoslavi che in Svizzera sono arrivati per cercar miglior fortuna. Arriviamo fino alla Kanzlei, un bar piuttosto pittoresco in uno spiazzo dove spesso viene allestito un piccolo mercato delle pulci. Vagabondi e studenti condividono qui l’aperitivo, sopportano di buon grado il pessimo carattere dei gestori e si preparano alla serata in città. Stasera c’è un concerto rock, una festa techno-trance e una serata di latino americano. Io però ho una pizza che mi aspetta al Centro Sociale Italiano di Affoltern.
Peccato, cominciava a piacermi persino la pioggia.
Laureato in Giornalismo, il mio limbo professionale mi ha portato dagli uffici stampa alla carta stampata, per poi approdare al variopinto mondo della comunicazione digitale. Ho vissuto a Verona, Zurigo, Londra, Città del Capo, Mumbai e Casablanca. Odio volare, amo lo jodel e da grande voglio fare l’astronauta.