Riassumere la complessa e ricca esperienza che ho fatto in Sudan è davvero molto difficile. Quello che sicuramente posso dire, a pochi giorni dal mio rientro, è che, come già mi era successo in Sierra Leone l’anno scorso, anche questa volta Emergency è riuscita a stupirmi per la realtà che è riuscita a costruire.
Faccio un passo indietro per spiegarvi meglio il contesto. Siamo a Soba, a 20 chilometri dalla capitale del Sudan, Khartoum e a pochi passi dalle rive del Nilo Azzurro. Ed è qui che sorge il Salam Centre, l’ospedale con il quale Emergency ha portato la cardiochirurgia d’eccellenza in Africa.
La strada che dall’aeroporto conduce all’ospedale mostra una capitale caotica e poco affascinante e una periferia abbandonata a sé stessa, in cui rifiuti e polvere fanno da cornice a costruzioni per lo più fatiscenti. Interminabili code alle stazioni di servizio per il carburante, evidenziano i segni di una crisi economica molto grave che ha avuto un vero e proprio tracollo in questo ultimo anno. Le temperature si aggirano intorno ai 35/45 gradi in questo periodo e sono frequenti le tempeste di sabbia.
Ecco, è proprio in questo contesto così complicato che Emergency ha dato vita a questa struttura, il Salam Centre, un ospedale-modello con un nome che, non a caso, significa pace.
Dopo il mio primo giorno trascorso al Salam Centre di Emergency, sui social, ho utilizzato questa espressione per descriverlo: Non mi aspettavo una struttura così bella, tanto da fare invidia alle migliori cliniche occidentali ma, uno dei capisaldi di Emergency, è che la bellezza degli ambienti vada vista come parte del percorso della cura e, senza dubbio, questo ospedale ne è la massima espressione.
L’ampiezza di questa struttura, la cura degli ambienti, la pulizia, la sua funzionalità, il verde da cui è circondata, sono tutti elementi che mi hanno lasciata esterrefatta. Stiamo parlando di una superficie di circa dodicimila metri quadrati che ospitano un blocco chirurgico, i reparti per la degenza, gli ambulatori, gli uffici dell’amministrazione, un centro per la diagnostica, una guesthouse per pazienti e parenti che vengono da fuori, un luogo di meditazione, una caffetteria per il personale nazionale ed internazionale, le officine e gli alloggi dello staff internazionale.
Tra nazionali ed internazionali sono circa 450 le persone impiegate in questo ospedale di cui fa parte anche il “non medical staff”, ovvero tutte quelle persone che lavorano dietro le quinte ma che sono fondamentali per il funzionamento della struttura. parlo di addetti alla pulizie, alla manutenzione, gli addetti alla cucina, alla lavanderia, i sarti e le guardie che tra tutti, sono più di 100.
Ma se la magnificenza della struttura è la prima cosa che salta all’occhio, la vera bellezza la si trova poi quando si scopre la vera anima di questo progetto che, sempre nella mia narrazione sui canali social ho definito così: forse visionario, sicuramente ambizioso ma inequivocabilmente efficace.
Correva l’anno 2007 quando il Salam Centre aprì le porte ai suoi pazienti e, in questi 11 anni, gli interventi che sono stati fatti sono circa 7400 per persone provenienti da ben 28 diversi paesi del mondo. Ci tengo a sottolineare che tutte le prestazioni offerte sono totalmente gratuite in assoluta coerenza con uno dei capisaldi di Emergency, ovvero la solida convinzione che essere curati sia un diritto umano fondamentale e che, come tale debba essere riconosciuto ad ogni individuo.
Credo che una domanda possa nascere spontanea a tutti, come del resto è nata spontanea anche a me: perché proprio un centro dedicato alla cardiochirurgia? Tutti coloro che come me amano profondamente questo continente, e che magari lo hanno visitato anche più volte, sanno degli enormi problemi che lo affliggono e che, il problema per eccellenza, continua ad essere quello della povertà diffusa, sebbene non equamente distribuita. Quello che però ignoriamo, sono tutti gli effetti che questa enorme povertà provoca, uno dei quali è appunto il non avere accesso a cure mediche adeguate. Questo comporta il fatto che, per esempio, una semplice tonsillite, non curata con gli antibiotici, possa provocare il rischio di contrarre la malattia reumatica, una patologia infiammatoria delle valvole cardiache.
I pazienti che arrivano al Salam Centre sono appunto, nell’80% dei casi, affetti da valvulopatia di natura reumatica e non stupirà forse sapere che questa patologia, in Europa, è stata debellata da lungo tempo. Secondo un recente rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità, le cardiopatie si apprestano a diventare la prima causa di mortalità in Africa e, purtroppo, la maggior parte delle vittime, sono bambini e adolescenti.
Qui si spiega anche l’importanza del Programma Regionale, grazie al quale le cure offerte varcano i confini del Sudan arrivando a coinvolgere, come già detto sopra, pazienti da 28 diversi paesi del mondo. E’ proprio attraverso questo Programma che lo staff internazionale svolge missioni periodiche presse le strutture di Emergency in Africa e Asia per selezionare i pazienti cardiopatici che possono ricevere cure chirurgiche al Centro Salam e per garantire i controlli periodici dei pazienti già operati.
Nei paesi in cui non vi sono strutture dell’associazione, le missioni di screening vengono effettuate negli ospedali locali, in collaborazione con le autorità sanitarie. Questo fa si che il Programma Regionale assuma una doppia valenza: in primis sicuramente quella di offrire cure, ma anche di diffondere il messaggio che una medicina d’eccellenza è possibile anche in Africa. Grazie ad esso infatti è stato possibile aprire un dialogo con i ministeri della salute di molti paesi riuscendo a far conoscere il messaggio di Emergency.
Quello che ho visto è come la sanità e la medicina possano diventare un ponte che unisce. Durante i giorni che ho trascorso al Salam Centre ho conosciuto pazienti provenienti dall’Eritrea, dalla Nigeria, dal Burundi e dalla Repubblica Centrafricana e dalle tante parole scambiate con loro ne ho tratto un unico importante messaggio: la stessa forma di gratitudine verso Emergency per avergli offerto una seconda possibilità di vita, cosa per nulla scontata per chi vive determinate realtà.
C’è però ancora un aspetto del quale, a mio avviso, è importante parlare. Un’altra cosa alla quale infatti non si pensa è che, il percorso della maggior parte dei pazienti con patologie cardiologiche, non termina con l’intervento chirurgico e con la fase post operatoria ma si rendono necessari controlli periodici che devono proseguire per tutto il corso della vita. Proprio per questa ragione, al Salam Centre, c’è un’intera equipe dedita a questo scopo, e, più nello specifico al monitoraggio dell’ INR (valore di coagulazione del sangue) fondamentale per i pazienti con protesi meccaniche cardiache.
Il loro lavoro è fondamentale per il reale successo del progetto stesso e questo è testimoniato dai numeri: sono circa 200 i pazienti che ogni giorno si presentano in ospedale per fare gli esami di accertamento con relativa assegnazione della terapia che, sommati a coloro che vengono seguiti attraverso il call center e via e-mail, diventano 400 persone al giorno.
Nel prossimo articolo vi porterò a conoscere alcuni dei volti, delle storie e delle persone straordinarie che ci sono dietro questo immenso progetto.
Per ora, quello che vi posso chiedere, è di contribuire anche voi a sostenere Emergency affinché, tutto quello che vi ho raccontato continui ad essere possibile e affinché possano nascere nuovi progetti di tale rilevanza anche in contesti molto più svantaggiati di quello in cui noi, per nostra fortuna, ci ritroviamo a vivere tutti i giorni.
Vivo a Torino, città che amo profondamente, ma nonostante questo mio amore, spesso, sento l’esigenza di scappare lontano da lei per scoprire altri nuovi splendidi luoghi. Credo profondamente che anche viaggiare sia una forma d’arte e che più il viaggiatore sviluppa curiosità, fantasia e originalità, più saprà creare itinerari di viaggio meravigliosi.