Templi di Bali, tra religione e “trappole per turisti”

Quello che voglio condividere oggi è uno sguardo un po’ più disincantato su una di quelle destinazioni classificate come “da sogno”: Bali ça va sans dire. 

Bali ormai vive principalmente di turismo, sono finiti i tempi in cui la sua economia si basava sulla coltivazione del riso e delle arachidi (ce ne sono tantissime, soprattutto nelle zone più secche, e dove non c’è spazio a sufficienza per i terrazzamenti: ecco perchè sono molto usate anche in cucina).

Dopo gli attentati di Kuta nel 2002, la macchina dei viaggi ha ricominciato a macinare denaro, e nel 2010 ha ripreso a funzionare a pieno ritmo, come prima delle bombe. Ecco perchè è facile incappare (tutto il mondo è paese) nelle cosiddette “trappole per turisti”, siano esse travestite da ristorante tipico, che di tipico non ha proprio nulla, da danza Barong, o da tempio. Sì, da tempio. 

Ne cito due, i più famosi, quelli per i quali è quasi d’obbligo fare un discorso a parte. Iniziando dall’ormai famigliare Bali Est, il Pura Besakih, altrimenti conosciuto come Mother Temple, il tempio più importante dell’isola.

In realtà si tratta di un complesso di 23 templi, perfettamente organizzati, costruiti alle pendici del Gunung Agung, la montagna più alta di Bali.

Perchè proprio qui?  Perchè si dice che questo sia uno dei sette chackra del pianeta Terra, nientemeno.

Il Pura Besakih accoglie lo straniero spaesato con un perentorio alt, e un caloroso invito a fare il biglietto d’ingresso (20.000 IDR), prima di poter accedere ad un ampio parcheggio contornato da warung e “negozi” di ogni tipo. Abbandonato il veicolo, ci si dirige verso il punto di accesso, dove si è chiamati alla scelta cruciale: visita con o senza guida?

Non è possibile entrare con guide esterne, sono ammesse solo quelle del complesso, che offrono insistentemente i loro servigi, dietro ulteriore compenso, ovviamente. Giusto per essere franchi, ho trovato l’assalto alquanto fastidioso, il che mi ha indisposta, e mi ha spinta a rifiutare qualunque proposta, facendo presente che la mia Lonely Planet era più che sufficiente per quello che mi interessava sapere.

Inutile descrivere le reazioni, non propriamente indù; ma ormai ho imparato ad essere molto zen, e ho proseguito infischiandomene, felice della mia scelta (qualche giorno dopo ho scoperto che non è così facile accedere al complesso senza guida).

Quello che si apre davanti agli occhi una volta giunti alla terrazza principale è senz’altro un colpo d’occhio degno di nota, decisamente spettacolare, soprattutto se si ha la fortuna di incappare in qualche cerimonia: la sottoscritta si è infilata in una processione col suo bel sarung, ed è arrivata fino ad uno dei templi laterali, dove però non è riuscita ad entrare, perchè senza guida (si sono riproposti di nuovo, non credete che si siano lasciati scoraggiare al primo tentativo!): anche la religione ha un prezzo, evidentemente.

Mi sono accontentata di una manciata di foto prima di proseguire il tour.

L’altra “trappola”, se così vogliamo chiamarla, è il celeberrimo Pura Tanah Lot, uno dei templi marini, a 45 minuti circa di macchina da Kuta (dipende dal traffico dei forzati della spiaggia), direzione nord, lungo la costa ovest.

Il Tanah Lot è in genere preso d’assalto al tramonto, quando orde di turisti si riversano verso lo scoglio cui è aggrappato in cerca dell’immagine da appendere in salotto; ora, io sono patita di foto (ho ampiamente sfondato il tetto delle mille, ormai), ma a questa ho rinunciato, e ci sono andata la mattina.

Sì, perchè verso sera il percorso che porta al tempio diventa un invivibile intreccio di turisti e venditori che tentano di propinare con ogni mezzo il souvenir irresistibile; arrivati a destinazione, poi, inizia la lotta per accaparrarsi il posto per lo scatto: no, grazie, sarò insofferente, ma preferisco fare in altro modo!

E’ così che ci sono finita appunto la mattina, quando la marea ancora bassa permette di avvicinarsi alla rupe (l’accesso però è vietato ai non balinesi), che con mio gran disappunto ho scoperto essere per circa due terzi artificiale, ricostruita appositamente per i turisti, in quanto erosa irrimediabilmente dagli elementi naturali.

Ora qui si potrebbe aprire un dibattito: meglio preservare il sito mettendoci mano, o lasciare che la natura faccia il suo corso?

A voi la risposta, dal canto mio posso solo dire che comunque si guardino le cose, Bali rimane un posto incredibile, che come tutti ha i suoi pregi e i suoi difetti, che lo rendono più umano, e più interessante.

In ogni caso, se devo proprio dirla tutta, un salto al Mother Temple vale comunque la pena farlo, il Tanah Lot invece secondo me si può benissimo evitare, a costo di risultare blasfema per qualcuno: ci sono altri templi marini molto belli da vedere, dove l’atmosfera (e non solo la roccia) è ancora intatta.

6 commenti su “Templi di Bali, tra religione e “trappole per turisti””

  1. Ormai per viaggiare bisogna lasciare a casa il cinismo e portarsi un pizzico di fantasia per ricostruire ciò che si è perso e sciupato, non solo della bellezza dei luoghi ma, soprattutto, dei modi e dell’essere di chi in quei luoghi abita da secoli… Il mio viaggio a Bali risale a vent’anni fa ed allora allungare la mancia ad un balinese significava arrecargli un’offesa personale gravissima, ricordo ancora che ci avvisarono le hostess prima che mettessimo piede a terra e potessimo iniziare a far danni!
    Immagino non sia più così….Purtroppo il viaggiare è stato sostituito dal turismo e queste due parole non sono propriamente sinonimi a mio avviso!
    Difficile in poche righe spiegare senza correre il rischio di apparire classisti ma io ritengo che se molti ormai possono permettersi di fare una gita turistica in qualsiasi luogo del mondo a pochi è dato viaggiare e i più hanno fatto parecchi danni! E’ accaduto che sono stati importati usi e costumi che non sono propriamente il fiore all’occhiello della nostra società ed anziché entrare in punta di piedi, da spettatori in casa altrui, siamo arrivati ad orde come nel giorno dei saldi ai grandi magazzini!!
    Alle Maldive prima di aprire le porte dell’aereo ti inondano di disinfettante perché chi arriva non porti con se virus e batteri che potrebbero infestare e distruggere…ma non per tutto esiste il disinfettante giusto!

  2. Concordo, turista e viaggiatore sono due personaggi completamente diversi, come ho scritto anche nel mio post di apertura 🙂
    Il problema e’ che quando viaggi, ne discutevo anche ieri con il nostro insegnante di yoga, che ha girato tutto il mondo, tendono a darti quello che credono tu ti aspetti da un posto, ed e’ sbagliatissimo! Io un posto voglio vederlo per quello che e’, pregi e difetti: l’unica bruttura a mio avviso e’ l’artificiosita’ gratuita, il resto e’ solo mondo.
    E’ per questo che se vado in un hotel, ad esempio, e mi propinano come “colazione balinese” dei toast con la marmellata di ananas rimango un po’ cosi’…non credo che l’esotismo passi da un frutto per la colazione anziche’ da un altro, il problema e’ che per tanti e’ meglio cosi’, almeno le abitudini non sono troppo sconvolte! Insomma: dico che sono stato lontano da casa, ma a certi vizi proprio non rinuncio!

  3. Per un momento ho pensato che Marika e Cabiria si fossero incontrate a Bali invece …

    Interessanti le considerazioni di Raffy (immagino Raffaella)…

  4. Cabiria, chi va a Bali credendo di trovare un mondo puro e incontaminato e’ meglio che resti a casa.
    Sono passati 70 anni dalla scoperta occidentale di Bali e della sua cultura, ancora oggi a Kuta nel caos causato dal turismo, si celebrano riti ei templi, con relative processioni tra i veicoli…sono una forma di resistenza dei balinesi all’affronto del turismo.
    Le risaie sono state sepolte dal cemento, ma ora i balinesi vivono meglio di tanti anni fa….
    Sono 41 anni che vengo a Bali, i cambiamenti avvenuti sono epocali, ma tutti dovuti al turismo… E i danni peggiori li causanoi turisti…anche quelli come te, che hanno un approccio sbagliato, come si evince dal tuo scritto sul grande Tempio.
    Ti sto rispondendo da Bali, Kuta che un tempo non offriva neanche un pranzo al turista….
    Stammi bene, ma sappi che il migliore approccio per qualunque posto da visitare si fa preparandosi bene prima di visitare la destinaione prescelta

  5. Carissimo Carlo,
    ti ringrazio per il commento e non nascondo di invidiarti, ma cerco di resistere, che tanto tra poco a Bali ci ritorno.
    Vero, per affrontare un viaggio bisogna prepararsi al meglio e bisogna avere l’umiltà di entrare in punta di piedi nelle altre culture; è quello che ho cercato di fare, e senza falsa modestia mi sembra di esserci riuscita: sono i balinesi con cui ho vissuto per un mese che me lo hanno confermato, e tante delle considerazioni che leggi qui sopra sono frutto di dialoghi con loro (non del mio tirarmela).
    Bisognerebbe avere un po’ meno di presunzione anche nel rapportarsi agli altri, indipendentemente dai viaggi: spiace dirtelo così schiettamente, ma non credo tu abia la misura di come e perchè ho affrontato questo viaggio, ma va bene così, acctto volentieri tutte le osservazioni, anche quelle di questo genere, che vivaddio ci sono.
    Ringrazio anche per lo stammi bene e contraccambio: goditi Kuta, che lo so bene che non si può fare di tutta l’erba un fascio; sta poi alla sensibilità delle persone cogliere i messaggi. Far trovare tutto pronto è un insulto all’intelligenza di chi legge.
    Cabiria

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