Nel primo post che ho scritto dopo aver trascorso un week end nel Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano, ho concluso dicendo che le cose che avevo da raccontare erano ancora molte. Eccomi qui a mantenere la promessa. Sono tre in particolare i progetti che mi hanno colpita, tre figli di un’unica intuizione brillante e tre esempi da seguire per lo sviluppo turistico italiano.
Parco nel mondo
Partire da quello che è un punto di debolezza, trasformandolo in un punto di forza. Ecco il principio sul quale si fonda questo progetto nato nel 2008 su iniziativa del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Tutto si basa sul rafforzare o ricostruire le relazioni con coloro che sono originari del territorio dei sedici comuni del Parco ma che sono emigrati altrove, in Italia o all’estero.
La maggior parte delle famiglie che vivono in questi comuni hanno infatti almeno un parente che ha lasciato le terre natie per spostarsi in altre località. Il fatto di riuscire a vedere lo spopolamento come una sorta di investimento a lungo termine mirato a recuperare parte del valore socio-culturale perduto è ciò che io poco sopra ho definito un’intuizione brillante.
Ed è così che nascono attività il cui fine è quello di creare un riavvicinamento tra le comunità presenti e quelle lontane, le generazioni nuove e quelle di origine, le professioni moderne e quelle antiche. Questa iniziativa non ha solo un valore sociale e culturale, ma si pone anche obiettivi sul piano economico e produttivo, quali per esempio riportare le persone a vivere il territorio anche solo come turisti o, nella migliore delle ipotesi, fare sì che facciano ritorno in pianta stabile. Il vero punto di forza si basa però sul trasformare gli emigrati in ambasciatori delle terre d’origine e dei loro prodotti tipici.
Orizzonti Circolari
In realtà si tratta di una particolare iniziativa interna al progetto “Parco nel mondo” che si rivolge ai giovani discendenti degli emigrati dei borghi del Parco in tutto il mondo.
A partire dal 2009 quindici ragazzi provenienti da tutto il mondo, le cui radici risiedono proprio in questi luoghi, sono stati invitati a trascorrere due settimane all’interno del Parco Nazionale. Questi ragazzi hanno così avuto la possibilità di fare un’esperienza diretta e di conoscere in modo più approfondito la propria terra d’origine.
In alcuni casi i ragazzi hanno potuto incontrare parenti che non avevano mai avuto modo di vedere prima. Il forte coinvolgimento emotivo è stato la chiave del successo di questa iniziativa. I ragazzi hanno infatti riportato a casa tutto l’entusiasmo accumulato durante il soggiorno italiano, facendosi quindi portavoce presso le proprie comunità, ciascuno in base alle proprie attitudini, delle eccellenze del territorio appenninico.
Cittadinanza affettiva
Ammetto che a me è bastato sentire il nome di questa iniziativa per innamorarmene. Ho subito pensato a quante cittadinanze affettive vorrei, per tutte le volte che mi sono innamorata di una località sebbene non si trattasse del posto nel quale risiedo. Non voglio però portarvi fuori strada perché questo progetto prevede, di base, un legame d’origine con il territorio.
La cittadinanza affettiva viene assegnata a tutti coloro che mantengono una relazione con il Parco e con i suoi abitanti, che condividono e si riconoscono nei valori ambientali culturali e storici dell’Appennino Tosco-Emiliano. L’attestato relativo, che ovviamente ha soltanto un valore simbolico, è insieme riconoscimento per l’impegno dimostrato ma anche richiesta di continuità nell’amare queste terre.
Il Parco conta ormai più di cinquecento Cittadini Affettivi, il cui numero potrà sicuramente salire se si considera che l’Appennino conta migliaia di emigranti che hanno dovuto lasciare i luoghi d’origine ma che li portano nel cuore. Dietro ciascuno di loro c’è una storia da raccontare, dalla difficoltà che comporta il lasciare la propria casa per terre sconosciute, al lento adattamento e, in molti casi, al successo perseguito, senza mai dimenticare però il posto dal quale tutto è iniziato: la terra natia.
Vivo a Torino, città che amo profondamente, ma nonostante questo mio amore, spesso, sento l’esigenza di scappare lontano da lei per scoprire altri nuovi splendidi luoghi. Credo profondamente che anche viaggiare sia una forma d’arte e che più il viaggiatore sviluppa curiosità, fantasia e originalità, più saprà creare itinerari di viaggio meravigliosi.