Cosa vedere a Dar es Salaam in Tanzania

Perché visitare Dar es Salaam?

Essenzialmente non ci sono motivazioni particolari se non il fatto di doverci passare per andare nelle zone dei safari o a Zanzibar. Per me invece vale una regola d’oro: bisogna sempre visitare la capitale o città più importante per veramente capire un nuovo paese.

Arrivando di sera impressiona la sterminata distesa di luci (4 milioni di abitanti)  squartata da lunghe arterie di fuoco.

Dar es Salaam

L’aeroporto Julius Nyerere in onore del presidente che guidò l’indipendenza tanzaniana dal dominio coloniale anglo-tedesco è piccolo, vecchio e cadente. Le code per i passaporti lunghe e caotiche. Uscendo notiamo il nuovissimo terminal completamente ultimato ma ancora chiuso. E’ così da un bel po’ a testimoniare quel paradosso tutto africano che tenta di modernizzarsi ma che è bloccato dalla atavica burocrazia e corruzione. Ci avviamo verso il centro percorrendo una specie di superstrada. Il tassista ci dice che sono stati costruiti di recente dei cavalcavia alle giunzioni delle principali strade per evitare i terribili ingorghi e in effetti il traffico risulta più scorrevole del previsto.

Ci avviamo verso il centro e notiamo subito in lontananza i nuovi grattacieli del porto costruiti con investimenti cinesi. Il centro alterna case fatiscenti a costruzioni più moderne, confusione, venditori ambulanti anche se con un certo suo ordine confronto ad altre città dell’africa occidentale o centrale.

Visita alla città

La visita della città comincia vicino al porto, dopo aver superato grandi costruzioni governative con relativi giardini più o meno curati dalla chiesa luterana di Azania Front. Costruita alla fine dell’ottocento dai missionari tedeschi, è una delle non moltissime testimonianze dell’epoca coloniale. La parte interessante è la salita sull’alto campanile con visita del grande organo, dell’ingranaggio dell’orologio e delle campane (con bella vista sulla città).

A breve distanza giungiamo al mercato del pesce che direi l’attrattiva più interessante di Dar es Salaam.

Sono sempre stato affascinato dai mercati che considero un po’ lo specchio di un paese, il modo più immediato per capirne la vera anima.

In quello di Tokio si ammira la super organizzazione e pulizia tipica del Giappone, in quello si Sydney una britannica atmosfera e tecnologia, in quelli del sud italia confusione e allegria.

E in quello di Dar es Salaam?

Direi come prima impressione improvvisazione e confusione.

Avendo letto di stare particolarmente attenti a far foto, abbiamo assoldato una persona locale (c’è l’imbarazzo della scelta) per “proteggerci” e farci spiegare cosa e quando poter scattare oltre a guidarci attraverso la confusione nei posti più interessanti.

L’unica avvertenza è quella di sapersi adattare al terribile odore di pesce che può risultare insopportabile.

Iniziamo il giro dalla parte a ridosso del mercato vero e proprio, nella zona ristorante (si fa per dire). Sotto sgangherate tettoie si stagliano decine di griglie su cui vengono preparati espressamente pesci, totani, polipi oltre al tipico ugali cioè una specie di polenta di mais o manioca da consumare con pesce (o carne) o verdura.

Usciti dall’area ristorazione ci avviamo verso il mercato vero e proprio e veniamo subito assaliti da un nauseabondo tanfo di pesce marcio. Superato l’impatto e cercando di trattenere il respiro entriamo nell’area “aste”. Su tavolacci anneriti sono ammonticchiati disordinatamente svariati pesci e molluschi e una folla imponente si accalca gridando probabilmente offerte o insulti.

Ci allontaniamo e arriviamo in riva al mare dove nuovi pescherecci stanno attraccando carichi di pesce in un formicolante via vai. Restiamo a gustarci i traffici e i nuovi arrivi.

Infine ci avventuriamo nel mercato al coperto, dove anche qui tra confusione e odori si assiste alla pulitura dei pesci e alla vendita.

Il National Museum & House of Culture

Finito il mercato andiamo al National Museum & House of Culture. Nome roboante, cosi come le procedure di ticketing, di firma del registro dei visitatori e della validazione dei biglietti. In effetti siamo gli unici turisti della giornata. Il museo seppur modernizzato, si presenta piuttosto scarno. Interessante è la parte che illustra le origini della Tanzania, del colonialismo anglo tedesco e la raccolta delle automobili appartenute agli ultimi presidenti.

Lasciato il museo ci dirigiamo verso la zona delle ambasciate e Oyster Bay per fermarci in uno dei tanti centri di artigianato per comprare un po di souvenirs (maschere, oggetti in legno, etc)

Fantastico il baretto con pareti formate da bottiglie vuote e la tenda a fili della porta con tappi di bottiglia come sintesi estrema della fantasia e della creatività tutta africana in tema di riciclo.

Ci sarebbe ancora del tempo per visitare il famoso mercato di Kariakoo, ma arrivati di fronte al blocco di cemento con enormi pubblicità che ne dovrebbe costituire il nucleo centrale non ce la sentiamo di affrontare un nuovo bagno di folla. Tutta l’area (molto estesa) è un mercato a cielo aperto, le macchine a stento riescono a trovare un pertugio in cui svicolare assediate da migliaia di persone, carretti, merci. Lo spettacolo è affascinante, di turisti neanche l’ombra ma il rischio di perdersi e di essere assaliti da venditori ci consiglia di uscire dalla baraonda e dirigerci verso luoghi più tranquilli.

Decidiamo quindi di passare il resto della giornata nella zona delle spiagge del nord e su una delle due isole prospicenti la città: Mbudya o Bongoyo.

Le spiagge del nord  

Le spiagge del nord sono ampie e sabbiose, pulite davanti ai resort ma nei giorni festivi invase da una miriade di persone che cercano refrigerio nelle fresche acque. Devo dire che il tutto non è molto invitante specie durante la bassa marea.

Assolutamente da non perdere, invece, è una visita alle isole.

Per Mbudya si possono prendere piccole imbarcazioni dalla spiaggia di Jangwani a Nord di Dar (tutti gli alberghi della zona possono prenotarne) che nel giro di 30 minuti coprono il tratto di mare fino all’isoletta.

L’isola è una riserva naturale ed è molto ben tenuta, sorprendentemente pulita (confronto alle spiagge della costa) e completamente disabitata. Si possono affittare sedie e tavoli e mangiare un boccone per pranzo. La spiaggia è bianchissima e il mare di un azzurro intenso: veramente una Zanzibar in miniatura con il vantaggio di non avere il problema delle maree; si può fare il bagno a qualsiasi ora.

  

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