Piano di viaggio: una serie di circostanze che non si realizzeranno mai.
Dunque la situazione era più o meno questa. Volevo arrivare in Tanzania, ma non volevo lasciare lo Zambia tanto in fretta, anche perché il visto mi era costato la bellezza di 50 dollari e avevo ancora una paio di settimane prima che mi scadesse. Inoltre volevo evitare il Malawi che mi sembrava una diversione inutile e costosa. Il mio piano era di arrivare dalla capitale Lusaka a Chipata con l’autobus e da lì “speravo” di trovare un minibus per Mfuwe, nel cuore del South Luangwa National Park. Poi “speravo” di attraversare il parco e sbucare fuori dall’altra parte, reimmettermi sull’autostrada e raggiungere Mbeya in Tanzania. “Speravo”.
Arrivare a Chipata – cittadina tutta polvere e sabbia arroccata intorno alla stazione degli autobus – non è stato un problema, come non lo è stato trovare un minibus per Mfuwe, che però per partire ha aspettato quattro ore. Il viaggio ne è durate sei, lanciati a folle velocità in una vegetazione sempre più fitta, su una strada sterrata piena di buche, più che un veicolo sembravamo una nave alla deriva. A Mfuwe, alle porte della riserva naturale, ho trovato un ostello semplice ma accogliente, con dei simpatici bagni all’aberto che consistevano in una buca coperta da una lamiera. Il giorno dopo ho affrontato la mia prima sfida: reperire dei contanti.
In mezzo alla giungla non ci sono molte banche, così mi sono fatto prestare una bicicletta e ho raggiunto la piccola pista di decollo dove sapevo che avrei trovato uno sportello della Barcley. Pedalavo circondato dal verde sull’unica strada esistente nel raggio di chilometri. I villaggi che incontravo non erano che poche case e capanne raccolte intorno alla strada. “Sempre dritto per quindici chilometri” era stata la prima indicazione che avevo ricevuto. Al secondo passante interpellato dopo un’ora di pedalate la distanza era salita a venticinque, per poi assestarsi sui venti al terzo tentativo. Dopo un paio d’ore ho trovato l’aeroporto e mi sono riempito le tasche di contanti.
Non mi restava che trovare un passaggio per attraversare il parco. Tornato a Mfuwe mi sono incamminato verso l’ingresso della riserva, fermando tutte le macchine che trovavo per chiedere se mi avrebbero portato dall’altra parte, ma i soli mezzi che attraversavano il parco erano le jeep dei safari e non mi avrebbero permesso di saltar giù a metà del giro. Davanti alle porte del parco ho avuto la conferma definitiva: senza una macchina di mia proprietà non sarei passato. Poi la guardia mi ha chiesto come fossi arrivato fin lì. “A piedi.” “Ok, ma ora che torni fai attenzione ai leoni e agli elefanti: di sera si avvicinano al paese per bere al fiume e cacciare.”
Concentrando tutti i miei sforzi per non far notare quanto fossi terrorizzato sono tornato rapidamente al mio ostello. Il giorno mi sono messo alla ricerca di un mezzo per tornare a Chipati: mi ero arreso, sarei passato per il Malawi. Il minibus sarebbe partito solo di sera, ma io ero ormai pratico della diffusa usanza dell’autostop, perciò mi sono incamminato sull’unica strada in vista e ho sperato nel passaggio di qualche veicolo. Ho camminato per almeno due ore sotto il sole, tra folle di ragazzini divertiti che mi inseguivano puntando il dito verso di me e urlando “mzungu!” – uomo bianco – prima di trovare un gruppo di signore in attesa di un passaggio sotto l’ombra. Mi sono unito a loro, e dovevo avere una gran brutta cera, perché hanno subito fatto portare un po’ d’acqua e un paio di banane. Ho chiesto loro come mai non passasse nessuno. “Hanno aperto la nuova strada, ora quasi tutti i mezzi passano di là.”
La nuova strada si ricollegava qualche chilometro più avanti. Mi sono fatto coraggio, ho ripreso in spalle lo zaino, ma non ho fatto in tempo a raggiungere la congiunzione perché una macchina si è fermata e mi ha dato un passaggio fino a Chipati. Era l’autista di un turista svizzero venuto per un safari, e stava riportando il suo datore di lavoro in stazione.
Dopo una simile giornata, l’albergo davanti alla stazione di Chipati mi è sembrato un’oasi meravigliosa. Il giorno dopo avrei preso un autobus per Lilongwe, la capitale del Malawi. Mi sentivo sconfitto, ma ben presto avrei ringraziato il fato che mi stava portando in uno degli angoli più meravigliosi di tutta l’Africa.
Dove si trova Mfuwe?
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Leggi la puntata precedente: un ponte sul confine con lo Zambia.
Laureato in Giornalismo, il mio limbo professionale mi ha portato dagli uffici stampa alla carta stampata, per poi approdare al variopinto mondo della comunicazione digitale. Ho vissuto a Verona, Zurigo, Londra, Città del Capo, Mumbai e Casablanca. Odio volare, amo lo jodel e da grande voglio fare l’astronauta.