Molto probabilmente conoscerete, o avrete sentito parlare, di quattro famosi primi piatti rappresentativi della cucina romana: la carbonara, la gricia, l’amatriciana e i rigatoni con la pajata. Ma quanti sanno come e quando sono stati realizzati per la prima volta? Ecco, in questo post vorrei andare con voi alla scoperta di questi episodi della storia gastronomica italiana.
Iniziamo dalla carbonara, per la quale, udite udite, con mio grande stupore e un po’ di scetticismo ho scoperto che potrebbe non essere di origine romana, bensì americana! A riprova di ciò vi sarebbe la comparsa del piatto nei più importanti ricettari della cucina romana soltanto a partire dagli anni ’30/’40.
Secondo chi sostiene tale teoria, sarebbero stati gli americani sbarcati in Europa a creare l’abbinamento degli ingredienti della carbonara a partire dalla cacio e ova abruzzese, cui avrebbero aggiunto la pancetta, o secondo altri il guanciale, per nostalgia del loro bacon.
Secondo un’altra versione della stessa ipotesi, sarebbe stata Napoli la terra dove la carbonara prese vita, quando un soldato americano trovando un piatto di spaghetti poco gustoso vi aggiunse bacon, panna liquida e uova liofilizzate.
Invece per quanti, come me, preferiscono una tradizione più “di casa”, giunge in aiuto un’altra idea, per la quale il piatto sarebbe opera dei boscaioli che si recavano sugli Appennini tra il Lazio e l’Abruzzo per fare carbone con la legna; da qui, anche il nome della pasta.
Anche nel caso dell’amatriciana, o come si dice a Roma matriciana, la pasta non sarebbe nata nella Capitale. Molto probabilmente, infatti, questo piatto è stato frutto del paese di Amatrice, nel Lazio. E, anzi, guardando ancora più nello specifico, sarebbe una variante del condimento alla gricia, cioè guanciale e pecorino, il cui nome deriverebbe da Grisciano, una frazione di Amatrice. Solo nel XVII secolo sarebbe stato aggiunto il pomodoro.
Per l’esportazione a Roma del sapore e del profumo di questo piatto, ritroviamo nuovamente protagonista il popolo delle aree rurali, qui rappresentato dai pastori che si recavano da Amatrice a Roma.
Un’altra storia racconta invece di una certa Anna De Angelis, proveniente da Amatrice, la quale, giunta a Roma, iniziò a preparare vicino alla stazione un buon piatto di pasta all’amatriciana con quanto aveva, contribuendo appunto alla diffusione della sua fama nella Capitale.
Infine i rigatoni con la pajata, o meglio, co’ ‘a pajata: perché qui sulla verace romanità del piatto non vi sono dubbi e quindi dirla con il dialetto mi sembra proprio un dovere! Parliamo dell’ormai rinomato quinto quarto, le frattaglie, in questo caso precisamente l’intestino tenue del vitello da latte.
Considerate nel Medioevo cibo popolare, le frattaglie arrivarono con il Rinascimento nei piatti delle famiglie nobili. Quando poi nel Settecento fu avviato il dislocamento dei macelli fuori città per motivi di igiene, divennero di nuovo “esclusiva” delle classi più povere le cui abitazioni erano in quelle zone periferiche.
A tale proposito si deve ai vaccinari o scortichini della zona del Testaccio, che scuoiavano i bovini, la ricetta della pajata, ideata a partire dagli avanzi delle carni macellate che facevano parte della loro misera paga.
Ma quello che un tempo era cibo di scarto, oggi è considerata una vera prelibatezza. E così, quando nel 2001 è scoppiata l’emergenza mucca pazza e l’Unione Europea ne ha vietato la vendita e il consumo, in molti hanno dovuto a malincuore rinunciarvi o comunque adattarsi alla versione di scorta con le interiora dell’agnello. Solo nel 2015 si è potuto finalmente ritornare a gustarla dopo che l’Italia è stata dichiarata tra i Paesi “a rischio trascurabile” per il contagio con il suddetto morbo.
Finalmente, e fortunatamente: perché, sebbene io non ne sia tra gli amanti, non si può negare che questo sia uno dei piatti centrali della cultura romana, così come, indipendentemente dall’origine, ne fanno ormai parte integrante anche la carbonara e l’amatriciana.
Amo il cibo in tutte le sue sfaccettature: dalla cucina alla tavola (sia di piatti tramandati nella mia famiglia sia di abbinamenti nuovi e tipici di un luogo), fino allo studio del cibo come aspetto culturale del Belpaese. Nel mio blog mi diletto a parlare di tutto ciò e anche delle tradizioni e delle festività delle regioni italiane.
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