Era da tanto che ci pensavo e l’avevo promesso ad Emidio, prima o poi ci vengo in Abruzzo, ci volevano le restrizioni della pandemia verso i viaggi all’estero per mantenere la promessa. Perché il Cammino di Celestino? Per il fascino segreto degli eremi e il richiamo di una montagna mitica, la Majella, perché un trekking di sei giorni era perfetto per il tempo a disposizione di mio fratello e perché il percorso non sembrava impegnativo, non sembrava…
19 luglio – Sulmona
Sulmona la città di Ovidio – Sulmo mihi patria est – sta scritto sul basamento della sua statua al centro di Piazza XX Settembre, ma per tutte le donne della parentela Sulmona è la città dei confetti, chi ce ne ha ordinato un chilo, chi due, chi mezzo, ed in effetti lungo Corso Ovidio è tutto un fiorire di bouquet floreali di confetti colorati.
All’Ufficio Turistico in fondo al palazzo della SS. Annunziata la ragazza è molto dispiaciuta – no domani l’Abbazia di Santo Spirito del Morrone è chiusa, carenza di personale, ci dice – e l’Eremo di S. Onofrio? Anche quello è chiuso, lavori in corso, mi spiace davvero – la famosa fabbrica di confetti tanto raccomandata dalla parentela? Quella è aperta, meno male.
Notte in un B&B con stanze attraversate dalle ultime arcate dell’acquedotto medievale che chiude Piazza Garibaldi, in TV dicono che un lupo è stato investito e ucciso sulla strada di Pratola Peligna, “Non siamo stati noi” mi affretto a whatsappare a Emidio.
20 luglio Sulmona – Pacentro. Salita 606 m – lunghezza 13,24 km
Alle otto del mattino alla Stazione Bus – scusi signora è questo per l’Abbazia di Santo Spirito? Sì, ci vado anch’io, lavoro agli Uffici del Parco che stanno nell’abbazia – ma è chiusa? Sì, carenza di personale – e la nostra Cartha Peregrini? Nessun problema, due parole della signora e ingresso consentito agli Uffici del Parco, il resto non si può visitare, ma è grandissima, ci dicono due operatori in pausa caffè.
Lungo un corridoio c’è una grande tavola col dipinto di Papa Celestino V, alias l’eremita Pietro del Morrone nato come Pietro Angelerio, celebrato dalla Chiesa come San Pietro Celestino, giusto per chiarire a chi fa riferimento il Cammino di Celestino.
Abbiamo la nostra Cartha Peregrini coi primi due timbri, quello dell’Abbazia di S. Spirito, sì l’ha fondata lui, e quello dell’Eremo di S.Onofrio al Morrone, venti minuti di salita dall’abbazia. Come ci era stato detto l’eremo è chiuso per lavori ma la grotta sotto la costruzione, il vero eremo di Pietro, è aperta, dentro non c’è niente, una croce, un incavo nella roccia dove l’eremita dormiva, una finestrella da cui osservare la vita nella valle peligna e la rassicurante vista dell’abbazia.
Il Morrone alla nostra sinistra è come il dorso di una enorme balena spiaggiata e la salita a Pacentro sotto il sole del primo pomeriggio è afosa e uggiosa ma il castello Caldora con le sue torri è davvero molto scenografico e poi per un certo periodo è appartenuto alla baronessa Giovanna Lazzaroni, non sapevamo di avere parenti nobili.
21 luglio Pacentro – Caramanico Terme. Salita 840 m – lunghezza 20,69 km
Oggi niente eremi, solo trasferimento da Pacentro a Caramanico Terme che non è Roccacaramanico come abbiamo scoperto cammin facendo.
Foto in partenza alle torri del castello della baronessa Giovanna Lazzaroni e primo segnavia – Passo S. Leonardo 2.30 – che sarà mai, anche se la Croce delle Anime perdute incisa su una roccia è un po’ inquietante. Salita tra cespuglieti e brandelli di pineta, poi pascoli verdi e scure faggete che scendono dai versanti precipiti del Morrone, al passo si materializza del tutto inaspettata una specie di astronave aliena atterrata per errore nel bel mezzo dell’Abruzzo, un hotel chiuso in questa stagione.
Secondo segnavia – Roccacaramanico 1.20 – allora manca poco e via ringalluzziti per faggete ombrose e rave assolate, problemi a un ginocchio ma tanto manca poco…
Il paesino è annidato su un costone della valle e a prima vista sembra abbandonato, in realtà è tutto un trapestio di lavori in corso – sono gli emigrati che tornano d’estate, ci dice una signora appena arrivata alla sua casa – e d’inverno? Non rimane nessuno anche perché qui in media ci sono tre metri di neve – wow che bello, la neve, il bosco, i ruderi, li senti gli ululati dei lupi?
Terzo cartello – Caramanico Terme 2.40 – ma allora non siamo arrivati!? E il mio ginocchio?
Per farla breve ci siamo trascinati fino all’hotel che avevamo prenotato e siamo anche riusciti a ottenere presso il Centro Visita la registrazione per la Riserva Naturale Statale Valle dell’Orfento, ma questa, domani.
22 luglio Caramanico Terme – Decontra. Salita 1154 m – lunghezza 16,87 km
In discesa per il Sentiero delle Scalelle giù nel vallone, una forra dalle pareti candide di calcare che contrastano col nero di un rimboschimento a pini e col verde del bosco naturale, in fondo scorre l’Orfento, tutto cascatelle gioiose e pozze tranquille dove si riproducono, dice un cartello informativo, la rara Salamandrina di Savi, l’Ululone appenninico e la Rana appenninica, pare che si imbuchi anche il Rospo comune, ma non c’è tempo per osservare salamandre e girini, ci aspetta l’Eremo di S. Onofrio all’Orfento, che non è il S. Onofrio dell’altro ieri, con tutti i santi che ci sono, dico io…
Un guardiaparco dal passo svelto col fucile a tracolla, i cartelli del Sentiero della Libertà, quello percorso da alcuni militari alleati in fuga dai nazisti sul finire dell’ultima guerra, il ponte di S. Cataldo, poi quello del Vallone, bosco ripariale fitto, erbe alte, acqua invitante, divieto di pesca e di pediluvio, peccato, e l’eremo? Perso il conto dei ponti, in salita ci superano due ragazzi che fanno in due giorni quello che noi faremo in quattro, non abbiamo molte ferie, si scusano.
L’eremo di S.Onofrio in realtà è solo un tratto di muro diroccato addossato al costone roccioso aggettante, tutto qui? e non c’entra niente con Pietro del Morrone che qui non ci è mai stato, ma la soddisfazione di averlo raggiunto è tanta.
Ritorno nella faggeta fino alla cornice attrezzata di Piscia Giumenta, nelle foto sembra un passaggio difficile e pericoloso, in realtà il fiume è appena a una decina di metri lì sotto. Decontra invece, la nostra meta, è a qualche centinaio di metri sopra la nostra testa, ma fuori dal bosco sul sentiero che risale il costone roccioso il sole pomeridiano picchia implacabile, acqua finita ma siamo sopravvissuti.
Stanotte dormiremo bene, domani altra salita niente male ma c’è l’eremo che più eremo non si può.
Per maggiori informazioni sul Cammino di Celestino e per scaricare la guida in pdf con tutte le tappe, andate a questo link > https://www.parcomajella.it/il-cammino-di-celestino-3.htm
Cresciuto, tanti anni fa, sui romanzi di Kipling, Salgari e Verne, ho ritrovato l’anno scorso su un mio quaderno delle elementari un tema che descriveva un fantastico viaggio in piroga su un fiume nel cuore della giungla indiana. È da lì che evidentemente è nato il mio amore per le culture del sudest asiatico, l’India in primis, e per i fiumi lontani e le foreste oscure a partire dalla mitica Amazzonia.