Quando a fine aprile 2014 feci il mio secondo viaggio in Marocco, salutando questa terra mi dissi, con rammarico, che per un po’ non sarei più tornata. Tante le destinazioni che ho in mente e, per una sorta di economia di tempo, ho pensato che sarebbe stato difficile acquistare un volo per questa destinazione. Mi erano rimasti oltre a fantastici ricordi e forti sensazioni, qualche rimpianto. Avevo conosciuto la costa solo visitando l’allegra e hippy Essaouria, il deserto, le valli dell’atlante, Marrakech e le città imperiali, le kasbe, ma non Casablanca e Rabat e chissà quante altre cose.
Quando inaspettata è arrivata l’offerta dell’ente del turismo marocchino di conoscere la penisola di Dakhla ho detto: “Dakhla? Mai sentita. Ma se è Marocco io vado”.
Effettivamente non ci sono molte notizie su questa meta. L’obiettivo di questo viaggio aveva proprio come finalità la conoscenza e la promozione di questo territorio, una penisola fra deserto e oceano. E di deserto, di meta alternativa ed oceano chi decide, per passione sportiva o amore del Marocco, di arrivare fin qui, ne avrà a piene mani.
Per gli amanti di sport quali il windsurf e kitesurf, Dakhla è un paradiso che non tradisce mai mancanza di vento. La ricettività turistica ha già di per sé un taglio molto esposto a costoro che da tutta Europa, molti anche dall’Italia, facendo uno scalo a Casablanca, proseguono per questa meta. Qui i resort, direttamente sulla spiaggia, offrono attrezzatura e maestri competenti per qualsiasi livello. La natura un vento che soffia dalle 10 alle 17 e che assicura l’onda giusta. Questo un turismo di nicchia, molto specifico, spesso composto da single o da gruppi di amici votati al divertimento e la passione per uno o più sport.
Ma Dakhla può interessare anche molti altri gruppi di persone. Se si conosce già l’asprezza del deserto del Sahara, già si hanno in mente i volti dei berberi, la bellezza delle dune, le loro tende, il loro mondo così lontano dal nostro, i fuoristrada sulle dune, i tramonti e le albe, la coccola morbida che ti avvolge la pelle quando sfiori la sua sabbia, il vuoto dei suoi spazi che aprono a sensazioni dimenticate o forse mai provate, se si amano le mete non troppo conosciute, ecco, se si ha già tutto questo del Marocco, si può essere turisti appagati a Dakhla.
Arrivata in fuori strada dopo diversi chilometri di sterrato in 4×4, sulle Dune Blanche, nel luogo di confine con l’oceano, tracce di ciuffi di piantine e conchiglie già mi accennano ciò che stavo per scorgere. Ho pensato che dopo due anni dal mio incontro con il Sahara, la mia storia con questo luogo, fatta di sensazioni, ricordi ed immagini, stava per aggiungere un nuovo frammento, forse il più inaspettato.
Scesa dalla macchina, tolte le scarpe, il deserto, dopo km di privazioni, aridità e colori uguali e diversi, conclude, guardando ad occidente, il suo lunghissimo viaggio sotto i miei piedi. Rocce, sabbia, durezza e spazi sconfinati, abbracciano finalmente l’oceano ed insieme, in uno scambio ed un incontro, sanciscono un patto. La vita socievole dell’acqua e i suoi abitanti si sposano con i colori della sabbia; la solitudine del deserto con i colori del mare.
I contrari nella dimensione del vuoto e dell’immenso, amplificato dal silenzio e dai colori limitano ed esaltano le contraddizioni e Daklha, ancora una volta, me lo ricorda. Il paesaggio del deserto per definizione non ama chiudersi in confini ma, una immensa duna bianca catalizza chi arriva in questo luogo e lo induce a percorrere un lungo tratto di sabbia in silenzio, in un pellegrinaggio laico, ognuno alla ricerca di sensazioni ed immagini da trattenere.
Grandi conchiglie, segni del vento, vegetazione spontanea, mare trasparente, granchi hanno scortato il mio arrivo alla duna dove ho rinnovato la sfida della sua faticositá, con la breve salita. Qui ancora una volta ho sentito il deserto sfiorare i miei sensi e una volta seduta in cima, sono sprofondata nella sua morbidezza, l’ umidità e i colori.
Dakhla può essere l’ennesimo incontro per il turista con il cielo del nord Africa, di un azzurro intenso, le sue strade che tagliano il deserto, con la sua edilizia caotica e sempre da finire dove la gente sosta, lavora e vive la sua vita fra mercati ombra e riposo.
Girando ho incrociato gli sguardi curiosi di chi, ancora non troppo abituato al turista ed ai nostri costumi, vive le relazioni, gli incontri, i commerci sui marciapiedi, dove i passi incrociano le merci ed altri passi. Dakhla non vive delle bellezze di altri luoghi più famosi del Marocco, ma questo forse permette alla sua gente di aprire le porte di botteghe e laboratori senza chiedere nulla in cambio, nel semplice gesto di accoglierti senza pensare che potresti avere qualcosa di materiale in tasca.
La gente di Dakhla vive delle sue tipicità e sta cercando una strada anche nel turismo attraverso suoi prodotti e la sua natura, dalle ostriche alle serre di pomodori, dai colori del cielo e dell’oceano al vento, che scolpisce geometrie naturali o dona l’onda giusta al surfista accogliendoti appena arrivi e non lasciandoti mai.
Insegnante di professione, turista per passione, fotografa per diletto. Amo sognare e progettare i miei viaggi come un modo per conoscere e scoprire me stessa. Parecchi i viaggi fatti, molti di più quelli ancora da fare e da raccontare.