Affascinato dai racconti di Bernardo e Marcella, e di Cristina in giro per il Sud America in solitaria.
Il desiderio di condividere la mia esperienza e di rendervi partecipe delle mie domande mi spinge a scrivervi questo post.
Il 17 giugno 2011 dopo mesi di allenamenti, dubbi, difficoltà, finalmente racimolo la somma di danaro, le competenze tecniche e le capacita’ atletiche per affrontare il mio primo viaggio on the road con la mia bici. Senza pensarci mezza volta raggiungo Barcelona dove ad aspettarmi c’è un mio grande amico d’infanzia che abita da 3 anni ormai nella metropoli spagnola.
Euforico ed emozionato come un bambino all’entrata di un luna park, da Barcelona carico la mia bici e i miei bagagli sul treno diretto a Pamplona; da qui solo un’ora mi separa dall’inizio della mia piu’ grande avventura: “il cammino di Santiago” tra i Pirenei.
Un minuscolo paesino ospita la prima tappa di un viaggio che si rivelera’ carico di incontri importanti e assolutamente oltre le mie aspettative. Nessuna mappa o bussola indica il cammino, l’istinto diventa la mia stella polare, come un’animale fiuto le frecce e le conchiglie che davanti a me come un tappeto mistico aprono panorami mozzafiato.
Giorno dopo giorno le mie domande trovano risposte nelle parole di pellegrini incontrati per la via, ogni lacrima di gioia trova posto tra i fitti boschi e apostrofa le nuvole che insieme a me camminano sotto un cielo blu limpido e profondo che l’anima contiene.
Ogni goccia di sudore e’ corrisposta nel costante perpetuarsi delle stagioni, nel ritmo del vento che carezza le chiome degli alberi, nelle note che la terra scandisce sotto i nostri piedi.
Fin da subito il tempo scompare, non esistono secondi, minuti e ore a scandire le giornate: trapela uno scorcio di infinito presente, come se l’evoluzione umana non esistesse in questo esasperato e angoscioso inseguimento verso il progresso.
Impiego 12 giorni per raggiungere Santiago de Compostela senza mai percorrere l’asfalto: mi avvalgo solamente del sentiero originale che si arrampica per le montagne, costeggia prati e deserti, e sbocca in fiumi e piccoli paesi. In diverse occasioni fuggo dalle trovate turistiche e commerciali che costellano il cammino, cercando ostinatamente la purezza in ogni sua forma.
Piu’ volte le difficoltà hanno messo a dura prova il mio animo durante tutto il cammino: le pioggie continue nei Pirenei ed infine il caldo asfissiante nelle mesetas che mi ha costretto a 2 giorni di riposo, causa insolazione.
Problemi meccanici alla bici e al cambio resero la mia ascesa al Perdon quasi un’inferno: piu’ volte ho forato sulla strada che porta dal Cebreioro fino a Santiago, e sono stato costretto addirittura a percorrere a piedi gli ultimi 10km del cammino.
Gli ultimi 100km di questo viaggio hanno dato spazio a rabbia e frustrazione: il cammino e’ invaso dai “pelturistas”, turisti travestiti da pellegrini. Da questo punto in poi i ristoranti sono affollati, gli albergue dove riposare la notte sono strapieni, i discorsi si fanno ridicoli e fastidiosi, come se bisognasse provare la verita’ del proprio cammino tramite la sofferenza.
Personalmente il cammino mi ha insegnato a gioire, in tutte le situazioni che ti si presentano davanti, anzi sembrera’ assurdo ma le difficolta’ e i momenti peggiori sono quelli che mi rendono ancora piu’ felice perche’ sono portatori delle verita’ che costellano la mia vita. A mio parere la piu’ grande pazzia che ormai domina il nostro stile di vita e culla la nostra societa’ e’ l’idea che siamo nati per soffrire: la paura, l’ansia, l’insoddisfazione e’ una normale condizione alla quale ci si deve adattare.
Ciò che di autentico e magico mi ha lasciato questa avventura non e’ stato l’avere la compostela alla fine del cammino, o l’avere un book fotografico di luoghi e persone, ma l’avere intuito che sono l’artefice del mio cammino, che ho il potere di scegliere le mie tappe, le mie difficolta’ e che nel cammino della nostra vita, la felicita’ non e’ un dono esclusivo per un certo tipo di pellegrino, a piedi o in bici, sorridente o piangente, ricco o povero: e’ intrinseca nella nostra natura e si manifesta quando con coraggio e perseveranza decidiamo di camminare, senza delegare a terzi la scelta, ma con umilta’ e perseverenza aprire la strada che conduce il nostro spirito al mondo e ognuno ha la propria vita.
Poco prima di tornare a Palermo da Santiago incontro una signora anziana molto simpatica con la quale scambio l’ultima discussione importante: sarà l’ultimo consiglio prima del mio ritorno a Palermo e farà nascere in me il desiderio di raggiungere il sud america per affrontare le terre del fuoco in Patagonia…
Adesso sono a Palermo da quasi 5 mesi, e mi rendo conto che il ritorno a una vita che non mi appartiene e’ praticamente impossibile: come un pesce fuor d’acqua vivo un lavoro che non mi appartiene, subisco delle relazioni che non mi soddisfano e la mia meta sembra sempre piu’ lontana e irrealizzabile.
Non sono ricco e le spese che comportano un viaggio dall’altra parte dell’emisfero sono al di la’ delle mie possibilità: vedendo sul vostro blog tutta questa gente mi sono chiesto e’ possibile lavorare con questa passione per l’avventura o bisogna essere miliardari per avere delle passioni nella vita?
Il vostro traveller Riccardo
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Marco e Felicity, fondatori di questo blog e di Thinkingnomads.com – In viaggio per il mondo dal 2004 con oltre 110 nazioni visitate nei 5 continenti. Prima viaggiatori e poi travel blogger, sognatori e sempre in cerca di nuove avventure.
Ciao ho trovato molto interessante il tuo racconto. Anche il mio “Avventure in cyclette” verra’ presto pubblicato online. Spero lo leggerai. E’ molto appassionante. Tratta della differenza tra fretta urbana e urgenza da viaggio” saluti da Agata