Al Monte Bromo (Indonesia) salgono tutti da Probolinggo? Noi no, noi saliremo da Malang, dall’altro lato, il solito bastian contrario secondo un mio amico, mia moglie ovviamente è d’accordo con lui, speriamo almeno di trovare la guesthouse, borbotta. La Homestay Villa Maria? il nostro autista è sempre più apprensivo, due non sanno niente, un vecchio fa segno più su, Villa Maria? le donne si consultano, no non è qui, più su, ma molto più su, in pratica la fantomatica Villa Maria è nell’ultimo villaggio in cima alla montagna sull’orlo della caldera del Bromo, arriviamo alle nove di sera, almeno domani mattina potremo dormire di più, rabbonisco mia moglie.
Partenza all’alba direzione Monte Bromo
Ore 05:00 a.m. il nostro autista sveglia tutta Villa Maria, se questo è dormire di più…, commenta mia moglie.
Pochi chilometri e siamo a Jemplang, sulla cresta del vulcano, sotto di noi la caldera del Bromo è immersa nella nebbia, è l’alba, il tempo di qualche foto e giù verso la piana, fa freddo, brina sui cespugli e sull’erba, poi i primi raggi di sole tingono di arancio il versante coperto di erba secca alla nostra sinistra, è questo il Bromo? scuote il capo, pare di no, il nostro autista non sa l’inglese e alla mia centesima ostinata domanda mi schiaffa in mano il suo cellulare e mi dice a gesti, scrivi! in indonesiano? no, in inglese intuisce mia moglie, e ha ragione, lui legge la mia domanda poi scrive e mi mostra la risposta in inglese, ha il traduttore automatico inglese-indonesiano!? ci fosse italiano-indonesiano sarebbe anche meglio.
La nebbia si dirada e si dissolve ed eccolo il famoso mare di sabbia, una distesa di cenere sottile solcata da migliaia di tracce di pneumatico, lontano la polvere sollevata dalle numerose jeep che scendono da Cemorolawang sull’altro lato della caldera.
Io sul cellulare in inglese>indonesiano, il Bromo è quello verde là in fondo? lui sul cellulare in indonesiano>inglese, no quello grigio, io, così basso? Bromo for dummies: c’era un vulcano enorme che è esploso tanto tanto tempo fa ed è rimasto un buco enorme, la caldera col mare di sabbia, poi all’interno si è riformato un altro vulcano che è esploso e adesso è ricoperto d’erba e cespugli, quello della domanda di prima, al suo interno altri vulcani che sono esplosi o si sono spenti, tipo il Batok che ha la forma perfetta del vulcano con le pendici plissettate colonizzate dall’erba, e adesso, ultimo arrivato, c’è il Bromo, quel cono basso tutto grigio di cenere col pennacchio di fumo, prima o poi anche lui si spegnerà, o esploderà.
Quando c’è stata l’ultima eruzione? una settimana fa ha vomitato del fango bollente, si vede ancora il canale di scolo, e noi ci stiamo andando!?
L’ascesa al Monte Bromo
Il parcheggio delle jeep nella piana di cenere è pieno, tu non vieni? no c’è troppo da camminare e poi c’è la salita, ma dai lo chiamano trekking ma sarà mezz’ora di strada! due ore dice l’autista, guarderò le foto, e così parto da solo, basta che non esploda, poi da solo per modo di dire, ci sono decine di persone che come me vanno a piedi verso il vulcano mentre quelli che camminare si fa fatica ci superano a cavallo, non so se i cavalli sono troppo sfruttati come qualcuno scrive, non me ne intendo, però sono belli quando ritornano di corsa sollevando la polvere, a proposito di polvere, adesso capisco a cosa serve la mascherina che l’autista mi ha dato.
Un quarto d’ora a strascicare i piedi nella sabbia che ormai ha riempito le scarpe, sulla cresta del vulcano una lunga riga di omini, gli indiani si direbbe in gergo ciclistico, all’imbocco della ripida scala in cemento che porta in cima folla ferragostana manco fossimo a Rimini, più di mezz’ora per salire, per forza, si sale in fila indiana come le formichine.
Arrivati sul Monte Bromo
Finalmente il Bromo! Prendi fiato, ti allontani dalla ressa e ti fermi a guardare, il cratere è un enorme imbuto grigio, troppo grande, fai fatica a valutare la profondità, dal buco sul fondo esce una colonna di fumo bianco ma niente di terribile, sembra il fumo dei segnali indiani nei western, se però prosegui sul ciglio lungo il sentiero oltre la fine del parapetto ti coglie una specie di vertigine e di timore, l’abisso è immenso e pauroso e tu fermo in silenzio ti accorgi della tua nullità.
Dieci minuti di contemplazione del vulcano e della gente, è ora di tornare.
In coda per la discesa
In coda per la discesa ci supera scendendo ciondoloni sulla cenere di fianco alla scala una specie di hippie indiano, turbante arancio barba incolta sciarpone a quadrettoni Star Wars a tutto volume dallo stereo a tracolla, c’è chi applaude.
Mia moglie e le foto: questa è la salita, meno male che non sono venuta, questo è il cratere, ah!? (da leggersi come cosa c’è di così bello da vedere), bella questa (il gruppo di cavalli in attesa dei turisti), cos’è? è il campo del 7° Cavalleria (sguardo perso), i Sioux sono là in cima.
Cresciuto, tanti anni fa, sui romanzi di Kipling, Salgari e Verne, ho ritrovato l’anno scorso su un mio quaderno delle elementari un tema che descriveva un fantastico viaggio in piroga su un fiume nel cuore della giungla indiana. È da lì che evidentemente è nato il mio amore per le culture del sudest asiatico, l’India in primis, e per i fiumi lontani e le foreste oscure a partire dalla mitica Amazzonia.