“Quando parlo di Cuba mi si apre una voragine e faccio fatica a colmarla: amo tutto di quella terra, la musica, gli abitanti, la loro grande dignità, l’immensa generosità e anche i difetti! Tutto è cominciato molti anni fa, quando ero una liceale. Leggere ‘I diari della motocicletta’ di Ernesto Guevara ha piantato un seme molto importante nella mia anima e nella mia coscienza civile, un seme che è rimasto lì per molto tempo.
Ho approfondito la figura di questo uomo che ho scoperto essere molto più di un politico o un guerrigliero, bensì un poeta e un uomo con una sensibilità incredibile che ho subito sentito molto vicina alla mia: dalla passione per lui a quella per Cuba il passo è stato breve. Studiare la sua storia, leggere i suoi scrittori (soprattutto quelli dissidenti e banditi), imparare lo spagnolo… è stato solo il primo passo verso un amore suggellato dal mio primo viaggio laggiù.”
È stato un innamoramento graduale ma irreversibile, quello di Elena Bartolomei, la giovane scrittrice che viene dalla provincia – quella di Livorno, nella fattispecie – ma che coltiva da sempre un sogno: rapire l’anima dell’isola caraibica, fino a traslocarvi tutto il suo complesso ma affascinante, universo immaginifico ed emotivo. Tant’è che il primo viaggio a Cuba si trasforma nel momento cardine di un’intera esistenza: «Fin da subito ho capito che ero legata in modo viscerale, – racconta – ancestrale, a quell’isola, a cui forse il destino mi aveva portata (o riportata?) e che da quel momento in poi non avrei più potuto essere quella di prima. Cerco di tornare lì ogni volta che posso, ma il mio sogno è quello di riuscire, prima o poi, a metterci le radici…»
Non ama le sistemazioni a 5 stelle, Elena, ma preferisce vivere sulla propria pelle le emozioni che detta ogni latitudine: «Mi intrufolo nelle case dei cubani – ci confessa – cercando il più possibile di vivere come loro, godendomi, così, la vera Cuba. In questo ho il valido supporto di diversi amici del posto che mi hanno aiutato ad amarla pur conoscendone i limiti e le problematiche, perdendosi con me nelle periferie de L’Avana o di Trinidad, raccontandomi cosa succede nell’isola aldilà delle notizie edulcorate che arrivano dalla stampa ufficiale… Uno di loro ha anche scritto, appositamente per “Il viaggio”, la poesia che introduce il romanzo».
“Il viaggio”, infatti, titolo per antonomasia di un percorso di formazione e di riscoperta, è, non a caso, la sua ultima narrazione, appena sbarcata in libreria per Bonfirraro, con una prosa calda e coinvolgente, abbagliante, quasi com’è, nell’immaginario collettivo, l’isola caraibica, che qui viene raccontata tra le righe e citata, con il suo trionfo di tonalità accese, facendo pensare alle donne che danzano la salsa e i vecchi col sigaro che profumano l’aria.
Un ricordo in particolare, infatti, non fa mai i bagagli dalla sua mente: «Un giorno mi sono ritrovata in una piccola piantagione di tabacco vicino a un paladar a gestione familiare, sperduto nella bellissima zona di Pinar del Rio.
Il capo famiglia, un contadino apparentemente rude e di poche parole, ci ha accompagnato in casa sua, tre stanze davvero povere ma molto dignitose, e ci ha raccontato di come la sua famiglia, da sempre, coltivasse il tabacco con una ricetta speciale. Poi, dopo molte insistere, le ha prese davvero, alcune di quelle foglie messe a seccare, e ha arrotolato dei sigari davanti a nostri occhi, sul suo tavolo da cucina, con le sue mani da lavoratore piene di calli: il primo sigaro che ho fumato in vita mia, sicuramente il migliore! Nel frattempo i miei figli giocavano fuori con i suoi figli, a coger… a chiapparella! Mi commuove la loro amistad senza compromessi».
Per molto tempo, Cuba è stata anche sinonimo di embargo, che potrà finalmente essere rimosso dopo 53 anni. Ma il popolo con pochi simboli, “Il Che” e il mito dell’Uomo Nuovo, ha resistito e ha atteso un presidente afroamericano, con la collaborazione di un papa argentino, per costruire il ponte tra Washington e L’Avana. Che posizione ha assunto in merito la scrittrice? Lo scrive innanzitutto nel romanzo, che a tratti vive di ritorni all’attualità non indifferenti. “Non so perché mi torni in mente tutto questo, proprio adesso, e perché senta il bisogno di mettere sullo stesso piano papa Francesco e Che Guevara, questi due argentini così apparentemente agli antipodi”. Ed è la stessa Bartolomei ad affermare che «nonostante si stia parlando di superare l’embargo, alcune cose che ho letto e che mi sono state raccontate da chi le ha vissute sulla propria pelle non le dimentico: gli anni peggiori della storia cubana, quelli della fame vera, subito dopo la caduta del muro di Berlino e la fine degli aiuti sovietici.
Mi ha sempre colpito sapere che alcuni beni di chiara importazione americana si trovassero negli alberghi di lusso dell’Avana o comunque alla portata dei pochi ricchi che potevano permetterseli anche in quei giorni, facendomi pensare che forse, in alcuni casi, l’embargo sia stato anche un alibi… Ma guardiamo avanti: credo che questa nuova apporterà molti cambiamenti, alcuni già in atto e visibili. È aumentato il turismo, così come i prezzi, e sicuramente presto gli investimenti statunitensi interesseranno una bella fetta di isola… Ma sono abbastanza fiduciosa, o forse è l’amore per questo posto che me lo fa credere, e penso che questo popolo fantastico (migliore del suo governo), che ha saputo sopravvivere con forza e dignità, non si lascerà comprare oltre certi limiti, che non spunteranno i Mc Donald’s ovunque e che saprà sfruttare la situazione a suo vantaggio senza per questo tradire i suoi principi e la sua identità».
Ma non c’è soltanto Cuba ad arricchire lo spaccato letterario della giovane autrice: l’America Latina in generale viene vissuta come uno sviscerato amore lontano, nato da ragazzina con la lettura dei capolavori di Gabriel Garcia Marquez, Isabel Allende, Marcela Serrano e altri. «“Cent’anni di solitudine” (che ho poi trovato in una prima edizione nel mercato di libri usati a Plaza de Armas, all’Avana, con gioia immensa!) è sicuramente il libro che più mi ha cambiato la vita, insuperabile nel mio cuore. Forse anche per questo, per rendere omaggio a Gabo (dopo la sua morte ho avuto seriamente un periodo di smarrimento al pensiero che non avrebbe più scritto niente…), il mio ultimo libro ha deciso quasi autonomamente di ambientarsi anche in Colombia! Il fratello di mia nonna, tra l’altro, emigrò in Argentina molti anni fa e ho ancora dei cugini lì, oltre a degli amici.
Tutto ciò e molto altro che non so descrivere mi rende così legata a questo mondo magico e pieno di vita, una vita che con sempre maggiore fatica riesco a trovare in un’Europa apparentemente evoluta ma spesso tremendamente fragile e disumana… Una vita che, ogni volta che potrò, tornerò a cercare lì, in America Latina, fisicamente o, male che vada, solo nei miei sogni».
Elena Bartolomei è nata nel 1982 in provincia di Livorno, dove tutt’ora vive. Laurea con lode al DAMS di Roma arricchita dalla specialistica in “Studi storici, critici e teorici sul cinema e gli audiovisivi”.
All’amore per il cinema si è affiancato quello per la letteratura e la scrittura: La ricerca della luna (2012) è il suo primo libro cui è seguito Il valore di ogni alba (2014). Il viaggio è il terzo romanzo, quello della maturità artistica.