C’è un’ultima cosa che voglio raccontarvi del mio viaggio in Sudan, una cosa che ho lasciato al fondo di questa narrazione non perché meno importante delle altre esperienze che ho fatto, ma che, semplicemente, ho avuto necessità di interiorizzare più delle altre. Quest’esperienza mi ha colpita principalmente per un aspetto: ignoravo totalmente questa realtà e ho provato in parte anche rabbia per questa cosa perché mi sono chiesta quante realtà simili esistano senza che nessuno, o perlomeno ben poche persone, ne sappiano qualcosa. Sto parlando della mia visita al Centro Pediatrico di Mayo, un campo profughi che si trova a circa 20 chilometri da Khartoum.
Non so quanto sia corretto chiamarlo campo profughi visto che questo insediamento conta ormai tantissime persone stanziali che hanno iniziato ad arrivare qui circa vent’anni fa scappando dal Sud Sudan, dal Darfur, dal Ciad e dalla Nigeria. Fatto sta che nessuno sa esattamente quanti abitanti conti questo campo ma si stima possano arrivare a un milione. Ve lo immaginate voi quale possa essere la situazione in un luogo come questo dove mancano i principali servizi e dove le tende, le baracche e le costruzioni improvvisate si perdono a vista d’occhio? Considerate inoltre un importante dato: il 50% della popolazione di questo campo è composta da bambini.
Già nello spostamento da Khartoum a Mayo, guardando fuori dal finestrino della jeep che mi accompagnava alla clinica, ho percepito il degrado crescente ed entrando poi all’interno del campo ho iniziato a farmi un’idea della sua vastità.
E’ proprio in questo luogo, dove le condizioni di vita delle persone che ci vivono restano fortemente precarie, che Emergency ha aperto, nel 2005, questo centro pediatrico che offre cure gratuite ai bambini dagli 0 ai 14 anni e alle donne in gravidanza. Credo sia utile sottolineare che si tratta dell’unica struttura sanitaria presente in questo campo. Sono state Corinne e Stefania, due donne straordinarie che fanno parte dello staff internazionale, ad introdurmi in questa realtà tanto complicata quanto eccezionale per tutte le cose che vengono fatte e che andrò a raccontarvi.
Alle 8 del mattino sono già tantissime le madri con i bambini in attesa fuori dal cancello le quali, quando le porte si aprono, vanno ad occupare l’area del triage. Il triage, come già detto parlando dell’ospedale di Port Sudan, è una fase molto delicata alla quale viene dedicata massima attenzione dallo staff al fine di dare immediata assistenza ai casi più urgenti.
Ogni giorno, in questo centro, vengono visitati fino a 70 bambini, 5 circa sono le visite di controllo e 30 le donne in gravidanza assistite dalle ostetriche.
Per quanto riguarda i bambini, le patologie più comuni che si presentano sono la malnutrizione, la malaria, la gastroenterite, le infezioni delle vie aeree, e tanti altri tipi di infezioni che vanno dalla pelle, agli occhi, alle orecchie, fin alle vie urinarie. Le neo mamme vengono seguite anche dopo il parto con visite a domicilio del pediatra che si occupa anche delle vaccinazioni.
La cosa che mi ha lasciata esterefatta è che, le attività di questo centro, vanno ben oltre le prestazioni sanitarie di cui ho appena parlato. Innanzi tutto c’è l’attività di follow-up, ovvero le visite di controllo dei bambini che hanno ricevute cure all’interno della clinica e dei quali si vuole accertare il corretto percorso clinico. Oltre infatti alle visite di controllo che vengono fatte all’interno della struttura, vanno sommate le visite che infermieri e educatori sanitari fanno negli ospedali in cui sono stati fatti ricoverare i casi più gravi, nel centro di malnutrizione presente all’interno del campo e quelle domiciliari.
Vorrei spendere due parole in più sul ruolo degli educatori sanitari così fondamentale e prezioso per un contesto come questo. L’attività di health promotion che questi operatori di Emergency sviluppano sia all’interno della clinica che all’esterno, come per esempio nelle scuole presenti all’interno del campo, va a toccare moltissime tematiche di fondamentale importanza.
Ai bambini vengono insegnate piccole regole comportamentali che però nel loro caso, possono valere una vita, come per esempio quella di non bere l’acqua delle pozzanghere. Per le madri la lista dei temi affrontati dagli educatori sanitari si allunga molto: contraccezione, igiene generale, allattamento, vaccinazioni, nutrizione dei figli, conservazione dei cibi e consigli su come proteggersi dalle zanzare portatrici di malaria.
Io ho avuto la fortuna di partecipare ad una delle attività svolte da questi educatori sanitari, ovvero la cooking class che si svolge all’interno del centro pediatrico 3 volte alla settimana.
A questa cooking class partecipano fino a 20 madri con bambini affetti da problemi di malnutrizione. Attraverso una prova pratica di preparazione di un pasto, gli educatori sanitari si propongono di istruire le madri alla corretta alimentazione dei propri figli fatta, appositamente, con quelli che sono gli alimenti ai quali si è certi che i genitori abbiano accesso all’interno del campo.
Alla fine di ogni lezione ogni bambino viene pesato e misurato al fine di tenere traccia dei progressi fatti nel corso delle settimane. Israa, l’operatrice responsabile di questo progetto, mi mostra con grande soddisfazione le schede dei bambini presenti a questa lezione e mi dice “Vedi, tutti i valori dei bambini sono in crescita, indice che abbiamo intrapreso la strada giusta!”.
E sapete perché le sue parole hanno un peso così importante? Perché lei nel campo profughi di Mayo ci vive, come gran parte dello staff nazionale, e per lei, riuscire a far parte di un progetto di questo tipo va molto oltre lo svolgere bene un lavoro.
Le attività che vi ho elencato fino ad ora, sebbene sembrino già tantissime, non esauriscono tutto ciò che questo centro porta avanti. Vengono infatti organizzate, in collaborazione con una ong sudanese, anche delle lezioni sulla gestione delle finanze al fine di istruire gli adulti sul modo più appropriato di spendere quel poco che hanno. C’è poi un’attività di fondamentale importanza che coinvolge sia staff medico che educatori sanitari: l’outreach, ovvero visite di screening per problemi di malnutrizione ( per bambini dagli 0 ai 5 anni) e per sospetti problemi cardiaci ( per bambini da o a 14 anni) organizzate in luoghi pubblici, quali scuole o aree esterne alle moschee, all’interno del campo profughi di Mayo.
Dopo le visite di screening gli educatori sanitari tengono delle lezioni aperte a tutti sui temi di cui abbiamo già parlato. Perché l’outreach è così importante in questo contesto? Se considerate la vastità di questo campo profughi che, non per niente, è stato suddiviso anche in distretti, alcuni dei quali molto lontani dalla clinica, capirete che per molte persone non è facile recarsi al centro pediatrico di Emergency. Attraverso questa attività Emergency permette di offrire servizi sanitari e di health promotion ad un numero molto più alto di persone. Pensate infatti che, in ogni sessione di outreach, vengon visitati fino a 150 bambini.
Mi capita spesso di pensare alla distesa di baracche che mi si è posta di fronte una volta salita sula torretta dell’acqua all’interno del Centro Pediatrico. Mi capita anche spesso di pensare a quando, sempre dall’alto di quella torretta, ho abbassato lo sguardo verso la clinica in fermento. Quello che ho pensato in quel momento, altro non fa che fortificarsi nella mia testa: se non ci fosse questa clinica, cosa farebbero queste persone?
E’ quindi anche per sostenere questo progetto che vi chiedo di indicare il codice fiscale di Emergency (97147110155) nella sezione dedicata al 5×1000 della vostra dichiarazione dei redditi.
Vivo a Torino, città che amo profondamente, ma nonostante questo mio amore, spesso, sento l’esigenza di scappare lontano da lei per scoprire altri nuovi splendidi luoghi. Credo profondamente che anche viaggiare sia una forma d’arte e che più il viaggiatore sviluppa curiosità, fantasia e originalità, più saprà creare itinerari di viaggio meravigliosi.