In architettura non contano solo i pieni, cioè gli edifici. Anche i vuoti hanno una profonda importanza, e spesso la loro progettazione è altrettanto difficile, se non di più. Nonostante sia nata per demolizioni successive e non programmate, Piazza della Signoria con la sua forma asimmetrica è considerata uno tra gli spazi più suggestivi in Italia. Piazza Tienanmen, di contro, è celebrata solo per le immense dimensioni, ma non per l’armonia.
“Riempire gli spazi” è un problema che in Europa si è riproposto spesso: dopo particolari calamità naturali (l’incendio di Londra, il terremoto di Lisbona), dopo i “risanamenti ottocenteschi” ed infine dopo i danni della Seconda Guerra Mondiale. A Berlino, per la situazione politica ed urbana bloccata dal Muro, questo problema è stato affrontato dopo il 1990. Tutta la zona tra Est ed Ovest, una lunga terra di nessuno minata e sgombra, è risorta a nuova vita: il caso più celebre è la nuova Alexander Platz progettata da Renzo Piano, ma molti altri vuoti, minori e meno noti, sono stati oggetto di recupero.
Nell’isolato delineato da Ebertstraße, Behrenstraße, Berlinerstraße e Hannah Arendt Straße, su una superficie di circa 19.000 metri quadrati, si estendevano le proprietà di Joseph Goebbels, il ministro per la propaganda del Terzo Reich: un grande vuoto dopo le distruzioni della guerra, e simbolicamente perfetto per ricordare di cosa fu capace lo stato tedesco tra il 1933 ed il 1945.
Dopo un dibattito iniziato nel 1988 e un primo concorso andato a vuoto, in una delle ultime sedute del Parlamento tedesco nella capitale Bonn fu approvato il progetto per il Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa dell’architetto Peter Eisenman, realizzato tra il 2003 ed il 2004 ed inaugurato nel 2005. L’intero lotto, percorribile al suo interno dai visitatori in ogni direzione ed aperto giorno e notte, è occupato da 2711 steli in calcestruzzo grigio scuro, organizzate secondo una griglia ortogonale: per la forma scabra ed essenziale possono ricordare dei grandi e massicci sarcofagi, separati, gli uni dagli altri, da un varco di 95 centimetri.
ll terreno è leggermente in pendenza con varie inclinazioni. Sui bordi esterni sono disposte le stele più basse, e mano a mano che ci si addentra nel memoriale l’altezza cresce, seppur non con regolarità, lasciando penetrare pochissima luce e creando un forte senso di oppressione. Il visitatore si sente come fagocitato da quei muri lisci, privi di scabrosità e come sperduto in quella fitta trama di percorsi perfettamente regolari e simmetrici. Ci si trova così all’interno di una sorta di labirinto, dove la monotonia del grigio e la mancanza di luce all’interno del monumento trasmettono una sensazione inquietante .
Questo era esattamente il fine con cui Eisenman ha progettato questop particolarissimo ambiente: voleva che le steli riuscissero a disorientare chi si addentra tra loro affinchè l’intero complesso rappresentasse un sistema teoricamente ordinato, che fa perdere presto il contatto con la ragione e l’umanità.
Nell’angolo sud-est dell’area si accede al Centro di documentazione degli ebrei morti nella Shoah, che è uno spazio sotterraneo, regolare, privo di particolari rifiniture nelle pareti: la nudità del calcestruzzo domina anche questi ambienti. Nella prima sala viene riassunta la storia della politica nazionalsocialista dello sterminio dal 1933 al 1945 attraverso testi e sei fotografie, una per ogni milione di ebrei uccisi. Si passa alla Sala delle dimensioni, nella quale sono presenti sia quindici testimonianze di ebrei perseguitati (lettere, diari, messaggi lanciati dai treni) che il numero delle vittime divise per stato, secondo i confini del 1937.
Si accede poi alla Sala delle famiglie, dove è raccontata la storia di quindici diverse famiglie, a testimonianza della diversità culturale delle comunità ebraiche europee. La Sala dei nomi è invece una sala vuota, nella quale vengono proiettati sulle quattro pareti e letti ad alta voce in più lingue i nomi e una breve biografia di ciascuna delle vittime ebree conosciute dello sterminio in Europa: la lista è largamente incompleta, ma per ora la lettura completa richiede sei anni, sette mesi e 27 giorni. Infine nella Sala dei luoghi vengono illustrati 220 luoghi esemplari della persecuzione e dello sterminio nazista.
Il Memoriale è aperto giorno e notte, perchè più che un luogo è uno spazio pubblico, quasi un parco di cemento: alcuni pregano e portano fiori o sassolini (come la tradizione ebraica vuole per i luoghi di sepoltura), ma non è insolito trovare bambini che giocano a nascondino o giovani che prendono il sole sulle steli più basse. L’uso finale di questo ampio spazio riflette anche le diversità con cui i giovani tedeschi di oggi, nati cinquant’anni dopo il nazismo, si rapportano all’Olocausto.
Un po’ toscano, un po’ lombardo, viaggio molto ma i letti sono sempre troppo corti per me. Da piccolo giocavo con le costruzioni e da grande mi sono innamorato delle linee armoniche dell’architettura classica. La dimensione del viaggio per me è un’esperienza prima che fisica conoscitiva perché seguendo la strada battuta da Polo, Chatwin, e Rumiz credo che la consapevolezza di ciò che si guarda è il primo passo per comprenderne la bellezza.