Agosto 1983, stazione ferroviaria di Amburgo. Ho vent’anni, e arrivo da Copenhagen con l’autostima al culmine. Ho viaggiato in Scandinavia, solcando il Mar Baltico, attraversando la regione finlandese dei 60.000 laghi, toccando la zona militarizzata al confine con la Karelia sovietica, doppiando il Circolo Polare Artico nella Lapponia finlandese e proseguendo nella Lapponia svedese, per sbucare sull’Oceano Atlantico all’altezza delle miniere di Narvik e delle tempestose isole Lofoten, a 5000 chilometri da casa, dove ho visto la fine della strada ferrata e del mondo civilizzato settentrionale.
Non sono arrivato a Capo Nord, non avevo soldi per il costoso viaggio in autobus, ma in compenso mi sono spinto all’imboccatura del gelido fiordo di Bodo, e ho passeggiato sotto le piogge incessanti e macilente di Trondheim. Ho raggiunto mete che nessun mio coetaneo oserebbe immaginare, e se questo oggi non vi sembra granché… beh, pensate a com’era trenta anni fa, senza internet, senza cellulari, senza fuoristrada, senza euro, senza soldi, senza poter comunicare in inglese, senza turismo e senza turisti. Ora, non è che siano state sempre rose e fiori, anzi. Sulla nave da Stoccolma a Helsinki ho dato spettacolo tentando di trangugiare dalla bottiglia un per me incomprensibile succo di mirtillo concentrato, e ad un té in famiglia nella pausa di un autostop a Savonlinna mi hanno cordialmente apostrofato “Italia – mafia”. Ma sono episodi irrilevanti, nel mio curriculum di globetrotter. Ragazzi, ho assaggiato davvero i confini del mondo, credetemi. Ed è ora di tornare a casa, via dalle silenziose foreste del Nord, di nuovo nella affollata Europa.
Il treno per Milano parte fra tre ore, giusto il tempo di una passeggiatina zaino in spalla. Fuori dalla stazione c’è una vasta e vuota area pedonale. Pochi passi, e una vecchina linda e sorridente mi consegna un volantino. Lo prendo senza fermarmi, poi mi fermo eccome. C’è scritto in quattro lingue: Buon viaggio!
“Te lo auguro. Viaggiare può essere pericoloso. Molti concludono un viaggio in luoghi piuttosto diversi da quelli previsti – in ospedale, per esempio! Le statistiche mostrano che più di un milione e mezzo di persone si infortunano ogni anno sulle strade dell’Europa occidentale, ed almeno 60.000 vengono uccise. Così dico ancora: buon viaggio! E intendo: possa tu giungere sano e salvo a destinazione! Tutta la nostra vita non è che un viaggio. Milioni di persone lo hanno già terminato, arrivandone al ‘capolinea’, ed anche tu ed io, quando Dio vorrà, saremo alla fine del viaggio della nostra vita terrena. E poi? Vale la pena considerare la questione…”
E giù con Gesù e Bibbia, salvezze nel periglioso cammino della vita. Le pensano proprio tutte! Esclamo toccandomi la patta, e mi giro a cercare la vecchina per dirgliene quattro, ma è sparita nel nulla. È tutto, ma tutto spazio aperto – giuro! – e non c’è posto dove nascondersi… mah. D’altronde, ho superato incolume le tenebrose taighe scandinave… cosa potrebbe mai succedermi di brutto, ora?
Pochi passi ancora, e una ragazza mi si accosta, vuole una sigaretta, gliela dò e facciamo due chiacchiere in inglese. È una punkabbestia, magra come uno scheletro, le orecchie trafitte da lunghe file di buchi e pendenti, e una gran cresta di capelli fucsia. Metto a fuoco le sue braccia, che spuntano ossute dalla canottiera lercia. Interamente ricoperte da ordinate cicatrici di tagli di lametta. “Perché?”, chiedo. “Ultimamente ho avuto qualche problema…” è la stringata risposta. Seguita da una domanda. “Lì ci sono i miei amici… vuoi venire da noi?” E lì vedo sì, i tuoi amici, bimba… le brutte facce che hanno. No, grazie, continuo la passeggiata, vedi mai che… non è vero ma ci credo…
Avanti il prossimo. E’ un barbone ubriaco, seduto sull’orlo di una grande fontana. Camicia bianca – bianca si fa per dire – calzoni neri e una busta di cellophane di cui mi mostra orgoglioso il contenuto: un pettine ed un tozzo di pane duro. Il necessaire per la giornata. A gesti mi invita a sedermi e parla parla parla in tedesco ed io non lo capisco e sorride e sorrido e sorridiamo. L’educazione è la prima cosa, no? Ha capito che sono italiano, perché si indica una macchia rossastra inequivocabile sulla camicia e dice: vino. Proprio così: vino, in italiano. Sorride. Sorrido. Ripeto: vino. Sorrido. Sorridiamo. Mi piace quest’uomo, ora sì che sono più rilassato e tranquillo. Lui intanto continua a parlare, a un certo punto sfodera il migliore dei sorrisi e fa: Mussolini. Mah… ripeto: Mussolini! E sorrido anch’io. Ma lui ora non sorride più, urla e si dispera e impreca e si alza e fa verso di aggredirmi, tant’è che devo battere precipitosamente in ritirata. Ok, lo so che ho sbagliato, ma… voi al posto mio che avreste fatto?
Mi riavvio perplesso ai treni, dove mi attende la più impossibile e piacevole sorpresa di questa stranissima giornata. Alzi la mano chi non crede ai colpi di fulmine. Io ne avevo buscato uno bello forte a Rovaniemi due settimane prima: la vedi, ti piace, parlate, capisci che le piaci e poi… lei ciao ciao ciao tu ciao ciao ciao e per fare il grandioso italiano snobbaitaliani non le hai dato né chiesto l’indirizzo. Salvo poi chiedere in giro a tutti tra ostelli ed inter-railers chi l’ha vista o la conosce… e qualcosa ti dicono anche. Sì, sì, è proprio lei, ma l’indirizzo te l’ha lasciato? No? E vaffa. E invece… indovinate chi c’è ora al binario del treno? Ma questa è un’altra storia…
La redazione di NST ama definirmi un “viaggiatore d’altri tempi”, e non si può dire che abbia tutti i torti: a cinquant’anni suonati, ho fatto in tempo a vedere un bel po’ di mondo com’era, appena prima che si trasformasse in quello di oggi. Questo mio prezioso bagaglio di viaggi “vintage” mi ha aiutato a costruirmi una personale filosofia di viaggio con la quale mi ostino ad interpretare i cambiamenti che sperimento in giro per il pianeta.
Bell’ articolo. Mi ha fatto ricordare i tanto viaggi in Scandinaviain quegli anni. Io giunsi in quell’anno in autostop a Capo Nord, attraverso la Finlandia… Un modo di viaggiare forse finito.
Ciao grazie per l articolo.
Giovanni Bartolone
Le mete che descrivi sono sempre tra le più belle, ma la tua capacità di creare il contorno di persone e sensazioni è impareggiabile. Sto già aspettando il prossimo viaggio!
Sono assolutamente d’accordo, ogni volta che leggo gli articoli de L’Antiviaggiatore mi pento di non essere stato con lui mentre era in viaggio!
Vero. Ho scoperto quanto sia bello farsi un viaggio da soli piuttosto che con dei rompiscatole, ma con lui partirei anche domani.
Aspettate di scoprire ancora un po’ delle innumerevoli figuracce che ho rimediato in giro negli anni… sono sicuro che allora vi sarà passata definitivamente la voglia, di partire con me!
Siamo qui seduti ad aspettare 🙂
anche io sto ad aspettare la prossima, spero presto.
nella foto d’epoca sembri proprio Lorenzo!