Anche un Paese conosciuto e turistico come il Perù, che vanta meraviglie di fama mondiale come Machu Picchu, è capace di offrire angoli inesplorati e selvaggi. Con i suoi 6.800 m.s.l.m., il maestoso ghiacciaio dell’Ausangate è uno di questi. Ci sono bastati 3 giorni per aggirarlo e giungere da Tinke a Pitumarca, dove sorge la famosissima Rainbow Mountain. Senza guide e senza agenzia, questa è la storia di come abbiamo affrontato la traversata.
Rainbow Mountain
Per cominciare a camminare verso le 8-9 del mattino, è necessario partire da Cusco verso le 3:30, oppure pernottare nelle vicinanze della comunità di Tinke, il nostro punto di partenza.
Vista la difficoltà del percorso e l’altitudine elevata che sapevamo ci avrebbe dato del filo da torcere, decidiamo di ingaggiare un arriero, ovvero un portatore che, con la sua mula, ci avrebbe dato una mano con le tende e con i viveri.
È così che facciamo la conoscenza di Benedicto, un comunero, che si impegna ad accompagnarci fino al Vinicunca – la Rainbow Mountain– con i suoi due figli di circa 8 e 13 anni.
Negli ultimi anni, i sentieri dell’Ausangate hanno cominciato ad attirare l’attenzione di agenzie di viaggi e guide. Sfortunatamente, però, le agenzie non ingaggiano gli arrieros di Tinke per le spedizioni turistiche e questo spiega l’allegria e la disponibilità di Benedicto a cui sono bastati 5 minuti per decidere di passare 3 giorni con noi sulle montagne, senza alcun preavviso.
Il primo giorno della traversata è breve e poco esigente. Mentre il sentiero si addentra nel cuore della Cordillera Vilcanota, l’Ausangate domina la scena da sud con le sue candide pareti.
Tinke è l’ultima comunità che incontriamo prima perderci in un paesaggio sempre più selvaggio. Il primo accampamento del nostro viaggio è Upis, con una bellissima vista sul ghiacciaio e la possibilità di bagnarsi in acque termali caldissime.
Secondo e terzo giorno
La vera sfida, però, sono il secondo ed il terzo giorno. La fatica poco a poco si accumula per le notti di poco riposo dormite a diversi gradi sotto zero. Al mattino, per uscire dalla tenda, dobbiamo rompere un sottile, ma ostinato strato di ghiaccio che si forma durante le ore notturne.
I momenti più difficili, ovviamente, sono quelli di ascensione in cui lo zaino sembra pesare come piombo e l’aria rarefatta non è mai abbastanza per i nostri polmoni. Le altezze dei passi sul percorso dell’Ausangate, infatti, sono tutt’altro che risibili: si va dal Abra Arapa a 4.800 m.s.l.m. ai passi Apacheta e Warmisaya a quasi 5.000 m.s.l.m.
Durante il percorso ci distraggono le chiacchiere dei figli di Benedicto, intenti ad avvistare vicuñas (simili all’alpaca, ma selvatiche) e viscachas (piccoli roditori simili a conigli). Ci colpisce la forza di questa bella famiglia, capace di resistere al freddo indossando le ojotas (sandali andini) e giacche a vento poco imbottite, e di camminare ad una velocità per noi inimmaginabile a quelle altezze.
Casualmente, la nostra traversata si è tenuta proprio a cavallo tra luglio e agosto, il mese della Pachamama, la Madre Terra della cosmovisione andina. Abbiamo quindi avuto la fortuna di essere invitati da Benedicto alla sua semplice cerimonia di ringraziamento in onore della Pachamama e dell’Apu Ausangate (lo spirito della montagna), celebrata con poche foglie di coca e qualche parola profonda e sincera. Gentilmente, Benedicto ha condotto la cerimonia in spagnolo, per permetterci di comprendere le sue parole, invece di usare la sua lingua madre, il quechua.
Apu Vinicunca
Superato l’ultimo passo ed attraversato un altipiano che sembra infinito, giungiamo ormai stremati all’Apu Vinicunca, la Montagna dei Sette Colori. La bellezza quasi da fiaba di queste pendici striate è difficilmente percepibile attraverso la moltitudine di turisti. O forse così sembra dopo aver passato 3 giorni in compagnia degli Apus, delle stelle e della bellezza solenne delle Ande.
Arriva così il momento di salutare Benedicto ed i suoi figli, che presto sarebbero dovuti tornare a scuola vista l’imminente fine delle vacanze invernali. Mentre noi crolliamo stremati su di un pulmino in partenza per Cusco, i tre si allontanano a piedi per tornare a casa.
Chiara Ciao! Bellissimo il racconto del vostro trekking sull’Ausangate! Pensavamo di farlo anche noi questa estate e ci piacerebbe proprio come come avete fatto voi..tre giorni accompagnati da un arriero! Vorrei farti due domande se possibile..voi come e dove avete trovato Benedicto? La tenda ed eventuale altra attrezzatura utile era di vostra proprietà o l’avete noleggiata? Grazie di aver condiviso la vostra esperienza! 🙂