Iniziamo bene la giornata con un’ottima colazione sulla terrazza del nostro hotel. Alle 9 ci passa a prendere l’uomo con cui ieri abbiamo concordato l’escursione a Prison Island. Ci porta sulla spiaggia e paghiamo 60.000 tzs in 2 per trasporto in barca e attrezzatura per lo snorkeling. La barca sulla quale veniamo condotti sull’isola, Andrea ed io siamo gli unici 2 passeggeri, è un dhow, tipica imbarcazione utilizzata in quest’isola.
Il viaggio è un po’ movimentato poiché il mare è molto agitato, però in poco più di mezz’ora raggiungiamo l’isola dove vive una colonia di circa un centinaio di tartarughe giganti delle Seychelles. Sono degli esemplari stupendi, molti ultracentenari. Ci divertiamo dando loro cibo e accarezzandole sotto il collo, gesto che ci spiegano essere molto gradito dalle vecchiette corazzate .
Dopo una mezz’ora circa, purtroppo, il posto si affolla di turisti per cui facciamo ancora un giretto per l’isola e poi raggiungiamo la barca al punto d’attracco. Con lo snorkeling non siamo però fortunati perché, forse a causa del mare molto mosso, non riusciamo a vedere nessun pesce. Non saprei dire se lo snorkeling qui non valga la pena farlo o se si sia trattato solo di un caso sfortunato.
Alle 12 siamo di ritorno a Stone Town, giusto in tempo per fare qualche commissione per poi trovarci alle 13 per il passaggio del pulmino che ci porterà a Nungwi. Al nostro hotel ci informano però che il bagaglio di Andrea purtroppo ancora non è stato riconsegnato e che sembra sia stato recapitato all’aeroporto di Zanzibar dove però non è più stato smistato.
Il suggerimento che ci viene dato da Giorgio è di andare direttamente all’aeroporto a vedere se riusciamo a ritrovarlo. A questo punto rivediamo un po’ i nostri piani e, invece del viaggio condiviso, concordiamo un trasporto in auto privata per 45.000 tzs con prima tappa all’aeroporto per poi proseguire per Nungwi. Per fortuna veniamo premiati per la tenacia e riusciamo finalmente a recuperare il bagaglio smarrito. Ora possiamo proseguire serenamente verso nord.
In un’ora e mezza di viaggio raggiungiamo Nungwi. Per raggiungere la struttura che abbiamo prenotato dall’Italia, il Baraka Aquarium Bungalow (55$ a camera a notte) attraversiamo tutto il villaggio di Nungwi che ci lascia estremamente affascinati e che ci riproponiamo di venire a visitarlo a piedi. Il Baraka Aquarium Bungalow è una piccola struttura, composta da soli 4 bungalow, immersa nel verde, che vanta un acquario naturale popolato da una famiglia di 4 tartarughe e da pesci coloratissimi.
I bungalow sono ampi e puliti, anche se molto essenziali. Depositati i bagagli nella stanza ci dirigiamo verso la spiaggia che dista pochi minuti a piedi. Veniamo immediatamente colpiti dagli incantevoli colori del mare. Sulla spiaggia si trova un ristorante/bar un po’ improvvisato e alcuni ragazzi che organizzano le escursioni. Si respira una pace immensa.
Ci spiegano che noi siamo situati nella parte più a nord di Nungwi, quella vicino al faro, lontano dal centro più turistico del villaggio. Per raggiungere la parte più turistica è necessario camminare per circa 20 minuti sulla spiaggia in direzione sud, attraversando la lunga e suggestiva spiaggia utilizzata dai locali per la costruzione dei dhow.
A noi, il fatto di essere un po’ isolati e lontani dalla parte più commerciale non spiace per niente, anzi, ci riteniamo molto fortunati. Vero è che questo isolamento risulta un po’ più problematico per la cena. Il gestore dei bungalow ci dice che possiamo cenare nel ristorante sulla spiaggia che però, quando arriviamo, è già chiuso. Un ragazzo ci spiega che se non arriva nessuno entro le 19, solitamente, chiudono. Ci dice che per cenare possiamo raggiungere i ristoranti nella parte più centrale del paese percorrendo la spiaggia. Il che non sarebbe un problema se non fosse che il sole, in questa stagione, cala alle 18.30 e che quindi è già tutto completamente buio. Armati di torce e accompagnati dal ragazzo, ma non senza un po’ di timore, ci avventuriamo per questa passeggiata al buio sulla spiaggia e in 20 minuti raggiungiamo la zona dei ristoranti. Il ritorno, completamente soli è stata una vera e propria avventura, un misto tra paura e adrenalina!
Il mio suggerimento per chi dovesse scegliere questa struttura per soggiornare è assolutamente di armarsi di torcia, strumento comunque utile in tutta l’isola visto che, come scopriremo più avanti, qui la luce va via molto spesso di sera e può anche non tornare per ore.
Continua con la terza parte di questo viaggio.
<- Prima parte del viaggio a Zanzibar
Vivo a Torino, città che amo profondamente, ma nonostante questo mio amore, spesso, sento l’esigenza di scappare lontano da lei per scoprire altri nuovi splendidi luoghi. Credo profondamente che anche viaggiare sia una forma d’arte e che più il viaggiatore sviluppa curiosità, fantasia e originalità, più saprà creare itinerari di viaggio meravigliosi.