Feel Slovenia. Perché la Slovenia è questo che fa, ti entra dentro e ti accompagna, sussurrandoti di tornare.
Mi ero già ripromessa di visitarla specie dopo aver visto alcune foto ed il suo padiglione ad Expo 2015, ma un conto è sognarlo, un conto è farlo e così, quando ci è stato proposto un history tour da Goga e Milan di MGM Media Optima, ho preso subito la palla al balzo.
Quattro giorni tra storia contemporanea, natura, trekking ed enogastronomia, conditi dalla voglia di conoscere e dalla grande ospitalità e simpatia degli sloveni.

Prima tappa: Stanjel e GorJansko
Stanjel è un piccolo paesino medievale tra il mare e la valle del Vipacco. Tipicamente carsico, si distingue per la sua particolare urbanistica che si articola attraverso i secoli. Tra le strette stradine si notano: le tipiche case carsiche, una in particolare rimasta invariata nel tempo ed adibita a museo etnologico, con il tetto in pietra, disposto in modo tale che la Bora non lo sradicasse; grossi canali di scolo all’esterno ed un ambiente interno piccolo, ma accogliente.
La chiesa parrocchiale di San Daniele con il suo particolare campanile a cui sono legate diverse storie. La prima riguardante il periodo dell’avanzata turca, si dice infatti che la punta abbia una forma simile a quella di un minareto, perché quando gli ottomani tentarono di raggiungere Vienna e Venezia passando per i Balcani, Stanjel fu loro avamposto e vollero dare monito del loro passaggio. La seconda storia, invece, si lega alla cristianità e vuole che la cupola del campanile di Stanjel sia simile alla mitria vescovile, rendendo così omaggio alla figura episcopale.
Un’altra particolarità di questo piccolo borgo è il Giardino Ferrari, un’opera in stile liberty realizzata dall’architetto Max Fabiani, che si legò a Stanjel in qualità di sindaco ed insieme al cognato Enrico Ferrari, cercò di rivoluzionare un po’ l’apparato urbanistico. I due, infatti, acquistarono alcune proprietà impegnandosi nella ristrutturazione ed ampliandone gli ambienti: la trasformazione di alcune case contadine in ville fu una grande novità in materia architettonica.
In ultimo il castello, oggi in fase di ristrutturazione in vista di un progetto che lo vedrà centro culturale e gastronomico, e le mura medievali dai cui torrioni, nei giorni limpidi, si può scorgere Trieste ed il mare Adriatico.

A Gorjansko è situato, invece, uno tra i più grandi e meglio conservati cimiteri di guerra austroungarici su territorio sloveno.
La maggior parte dei 6015 soldati sepolti qui è deceduta negli ospedali da campo e in quello del paese, proprio perché questa era una zona di passaggio, adibita ad infermeria e non tanto a luogo di battaglia. Sepolti qui ufficiali e soldati semplici di diverse nazionalità e religioni; si riconoscono, infatti, alcune sepolture ebraiche dalla stella di David e dai sassi posti sopra la lapide, tipici simboli della loro tradizione.
Infine, notte a Villa Fabiani, un polo multiculturale adibito a museo, centro conferenze ed eventi, come ricevimenti, mostre e matrimoni, ma anche a luogo di riposo. Ottimi i formaggi ed i salumi qui offerti, ma il fiore all’occhiello è il tipico vino rosso di queste zone: il Teran.

Seconda tappa: da Cerje al Parco naturale di Tolmin
Dopo una breve degustazione presso il B&B Sele Na Krasu, situato in una zona che ha subito ingenti bombardamenti durante le guerre e che vede oggi notevoli lavori di ristrutturazione, si parte alla volta di Cerje e del suo monumento ai difensori della terra slovena. Trattasi di una fortezza alta sette piani dalla cui sommità si arrivano a vedere: la pianura carsica, il mare Adriatico, la valle del Vipacco e le Alpi Giulie. Nel monumento passato e presente guardano al futuro con una speranza di pace, perché la storia sia insegnante e l’orrore della guerra non si ripeta più.
Una zona ricca di piste da trekking, che si diramano per circa 20 km, legate al ricordo di quanto è stato. Proprio una di queste ci ha portato a Jama Pecinka, un bunker lungo 150m e alto 22m. Si è a quota 308m e la maggior parte della grotta è di formazione naturale. Per un primo periodo fu di competenza italiana, poi divenne austroungarica durante la X battaglia dell’Isonzo; al suo interno vi erano sia i letti per i soldati, costruiti in legno con un pagliericcio, sia le cabine per gli ufficiali, visibili oggi tramite delle ricostruzioni.
Fuori dal bunker si diramano alcuni percorsi, strette trincee, che conducono fino al trono di Borojevic, monumento costruito in onore del comandante della V Armata austroungarica, Svetozar Borojevic Von Bojna.

Dopo il leggero trekking si sono degustati prodotti tipici della zona presso la Trattoria Bric, della quale, se passate di qui, non potete perdere i deliziosi gnocchi all’ortica!
E dopo un buon pranzo e un altrettanto ottimo digestivo, si è partiti alla volta di Miren, a pochi passi dal confine con l’Italia. Un luogo di frontiera il cui cimitero era uno dei luoghi in cui si sono verificati il maggior numero di passaggi clandestini tra gli anni cinquanta e la fine degli anni ottanta e, proprio al suo interno, è stato allestito un piccolo museo a ricordo di tutti coloro che hanno attraversato il confine alla ricerca di una prospettiva di vita migliore.
A Miren vi è inoltre un’importante galleria d’arte, dove abbiamo avuto l’onore di incontrare il designer Oskar Kogoj, conosciuto in tutto il mondo per il suo nature design e le cui opere sembra riescano a sciogliersi dai vincoli abitudinari della società. Uno spazio, il suo, che non è soltanto esposizione, ma natura e spirito che diventano arte.

Da Miren a Tolmin il viaggio è stato abbastanza lungo, ma per quanto ci aspettava nella valle di uno dei parchi naturali più belli della Slovenia, il tempo è valso l’attesa.
Il nostro trekking ci ha portato alla chiesetta di Javorca. Una chiesetta dispersa tra i monti, nel versante opposto a Caporetto, costruita nel 1916 dalle truppe austroungariche alternandosi nel lavoro durante il loro giorno di riposo, continuando nel loro intento anche sotto il fuoco incrociato degli alpini e delle altre truppe italiane che sparavano dai monti attorno. All’interno, incisi nel legno, i nomi di chi ha perso la vita combattendo e lavorando, 2564 soldati sepolti, poi, nelle località vicine. Una chiesetta voluta come monito di ricordo e pace, dedicata allo spirito santo. La struttura è stata concepita da Remigius Geyling, luogotenente e pittore della secessione viennese, ed i suoi esterni sono adornati con gli stemmi delle venti regioni che costituivano l’impero austroungarico.
In chiusura di giornata, proprio vicino alle gole di Tolmin, si sono degustati ulteriori piatti tipici, salati e dolci, come la Frika e gli Struckli, accompagnati entrambi da dell’ottimo vino e dalla tipica brezza fresca montana di inizio estate per poi riposarci presso l’hotel Dvorec.

Terza tappa: da Tolmin a Nova Gorica
Lasciato Tolmin, durante la terza tappa, ci si dedica completamente al trekking ed alla storia contemporanea, percorrendo parte del sentiero della pace di Kolovrat. Su questi monti sono state combattute l’XI e la XII battaglia dell’Isonzo, un luogo in cui italiani e austroungarici si sono fronteggiati tra le trincee con dirimpetto, da una parte il Montenero, dall’altra il confine italiano.
La maggior parte delle imprese austroungariche sono state raccolte in maniera dettagliata nei diari di guerra di Erwin Rommel, che prima di venir soprannominato la volpe del deserto per le sue imprese durante la II Guerra Mondiale, appena ventiseienne sottrasse Kolovrat agli italiani prima di muovere con le sue truppe verso Kobarid.
Kobarid, Caporetto, non è poi molto distante da qui e se prima la voglia di recarvisi era solo un condizionale ipotetico, il consiglio che posso dare oggi è quello di non perdere l’occasione e andarci almeno una volta nella vita: è un viaggio che cambia, un viaggio che tocca nel profondo, una riflessione intensa.
Quella che doveva essere una guerra lampo si era trasformata in una guerra logorante al freddo, con poca acqua ed in pessime condizioni, per non parlare dell’ingente numero di morti. Un’aria acre si respira ancora oggi a Caporetto. Il peso e il dolore dei combattenti lo si avverte tutto tra le sale del museo e le parole della poesia “Soldati” di Ungaretti trovano ancora più senso di quello spiegato tra i banchi di scuola. Vuoto, brividi, silenzi, ombre mute e croci a ricordo.

L’Isonzo scorre poi lungo la valle, un fiume silenzioso sfruttato ampiamente, specie per numerosi sport come la canoa e il rafting. Proprio sulle sue rive ci si è rifocillati con gli affettati e i formaggi del Kamp Koren, un campeggio ecosostenibile ed in notevole crescita completamente immerso nel verde.
Sulla via per Nova Gorica riprendiamo poi a camminare sul monte dirimpetto al Sabotino, arrampicandoci sulla nuda roccia all’interno di uno dei bunker austroungarici più articolati e più stretti, il Tunel Prevala, di cui è consigliata la visita, ma con guide esperte ed equipaggiamento adatto.
Oltre la buia grotta, la luce, il verde ed un vecchio presidio militare dove, ancora oggi, è possibile trovare e vedere cimeli di guerra. Luogo in cui gli austroungarici si riparavano dalle bombarde nemiche e preparavano il loro attacco, nascosti nella vegetazione, al riparo della parete rocciosa. Andando oltre questo museo a cielo aperto, lungo la via si incontrano grossi massi con scritte incise che inneggiano all’eroismo militare e che accompagnano la camminata fino al monte santo con in vetta un santuario mariano.

La giornata si conclude a Salcano, un paesino nei pressi di Nova Gorica, noto per il ponte ferroviario con l’arco in pietra più grande del mondo e costruito in loco, proclamato per questo motivo monumento della tecnica nel 1985. Qui, dopo una visita a questo ponte sull’Isonzo ed aver preso parte ad una piccola rievocazione storica presso l’osteria Zogica, si sono gustati piatti a base di polenta, uova, carne e patate, ma il fiore all’occhiello della cena è stata la loro caprese dolce, che ben tiene testa al nostro tipico piatto fresco.
La giornata si è conclusa presso l’hotel Sabotin, poco distante dall’omonimo monte.
Quarta Tappa: da nova Gorica a Pedrovo
Nova Gorica è nota per i suoi casino e per la sua posizione dirimpetto a Gorizia, essendo nata in seguito alla suddivisione dei confini.
Dalle pendici del Monte Sabotino, dove abbiamo dormito, il viaggio è proseguito verso la sua ultima tappa, Pedrovo, un paesino a metà tra collina e montagna, un tempo occupato da partigiani italiani e sloveni che facevano fronte comune contro i nazifascisti ed è ancora possibile scorgere scritte e simboli politici su quelli che erano i rifugi di queste due brigate. Oggi pochi abitanti, una chiesetta ed un agriturismo, il Toncevi, che è solito ricevere le visite dei friulani durante i weekend e le occasioni speciali ed offre al viaggiatore un riparo al sapore di antiquariato e natura.
Un viaggio cosmopolita a contatto con compagni di viaggio di diversa nazionalità, dove tramite i trekking e le visite sui luoghi del ricordo si è mostrato come ancora le guerre siano una ferita aperta, che non si vuole dimenticare. Un viaggio dove si è conosciuto il punto di vista degli sloveni, quanto hanno passato, la loro gentilezza e la loro semplicità. Un viaggio che non è consigliato, è di più, perché come detto, la Slovenia ti entra dentro, ti ritempra corpo e spirito e non ti lascia più.

Laureata in Storia Contemporanea con una grande curiosità per il passato, il presente e tutto ciò che ci circonda. Amo l’Italia e l’Irlanda, ma sogno di visitare quanti più paesi possibili. Adoro toccare con mano la realtà delle cose e scambiare anche solo un sorriso con chi abita in un luogo diverso dal mio. Divoratrice compulsiva di film, libri e fumetti. Viaggio sempre con la mia fedele triade: taccuino, zaino e macchina fotografica.